26 Gennaio 2024

Intervista a Gadi Luzzatto Voghera, direttore della Fondazione CDEC, sul Giorno della memoria

Giornata della Memoria «Troppa retorica non aiuta»

Gadi Luzzatto Voghera, storico dell’ebraismo, direttore del Cdec dal 2016 «La legge utile fa riflettere su una responsabilità storica del nostro Paese»

MILANO «II Giorno della Memoria e la Shoah? Aiuta a riflettere su una responsabilità storica del nostro Paese e di coloro che l’abitavano all’epoca, un comportamento grave di discriminazione che ha portato tante persone alla morte, e a una sorta di automutilazione della civiltà italiana, un evento che l’Italia contemporanea non può far finta che non ci sia stato». Gadi Luzzatto Voghera è dal 2016 direttore della Fondazione CDEC (Centro documentazione ebraica contemporanea con sede al Memoriale della Shoah), ed è uno storico dell’ebraismo e dell’età contemporanea. Autore di diversi libri, uno degli ultimi “Antisemitismo a sinistra”. Domani è il “Giorno della Memoria” istituito con la legge 211 del 20 luglio 2000, per ricordare la data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz (27 gennaio 1945) e commemorare la Shoah, vale a dire la persecuzione, la deportazione, la prigionia e lo sterminio dei cittadini ebrei.

Professore, sono passati 24 anni, a che punto siamo? E come spiegare l’unicità della Shoah evitando paragoni impropri con quanto sta accadendo a Gaza?

«Una legge utile, che ha inaugurato un nuovo calendario civile, che va controcorrente rispetto all’opinione che si aveva di “italiani brava gente”, italiani che non hanno fatto male a nessuno e che avrebbero operato con una moralità superiore rispetto ad altri popoli. Non è successo. Questo è il senso di quella legge che si richiama anche a chi è riuscito ad opporsi a quel tipo di dinamica. E agli indifferenti. Liliana Segre ricorda spesso tutto questo. Non sono passati invano questi anni. Si è avviato un percorso di conoscenza storica, importante, grazie alle testimonianze dei sopravvissuti ma anche alla ricerca. Adesso, paradossalmente, il linguaggio antisemita utilizza dei simboli della Shoah per attaccare gli ebrei e gli israeliani di oggi ma li utilizza perchè quella conoscenza è diventata patrimonio comune. Venticinque anni fa i ragazzi non sapevano che cos’era il tatuaggio sul braccio sinistro o non avevano in mente la scritta sul cancello di Auschwitz. Infatti, il negazionismo rispetto al passato è in recessione, cresce di più il fenomeno della distorsione dei simboli della Shoah, primo fra tutti l’uso, scorretto, intenzionalmente antisemita, del termine genocidio».

Si riferisce al paragone con i civili uccisi a Gaza.

«Sì. Ci vuole cautela. La Shoah nella sua dinamica, ed è la ragione per la quale è così studiata e ricordata, è unica non perchè fosse contro gli ebrei nè per i numeri dei morti ma perchè in quella modalità si può studiare in vitro una dinamica militare, economica, sociale, della nostra modernità. Una logistica dello sterminio, con numeri enormi di persone trasferite, che ha fatto da “modello” nella gestione della mobilità di masse di persone. Questo studio sulla Shoah ha generalo la parola “genocidio” e da allora viene usata impropriamente. È sbagliato, interpretiamo con un concetto storico, giuridico, in questo caso legato al passato, dinamiche recenti, e non le capiamo. Non deve essere il simbolo di tutti i mali che sono successi dopo, che ancora accadono. Non posso dire di non essere devastato per quanto accade a Gaza, siamo in una guerra e i civili soffrono, come a Mariupol…ma parte le retorica contro Israele. ln Italia c’è un pregiudizio antisemita che riemerge ogni volta che ci sono momenti di grande tensione».

Ebrei da perseguitati a persecutori…

«Accusa incredibile».

Serve un nuovo linguaggio?

«Bisogna inventare dei nuovi concetti, e dobbiamo coinvolgere i giovani. Vorrei lanciare un contest in cui dire quali parole non si possono più utilizzare in rapporto alle vicende che sconvolgono il Medio Oriente (dove dal punto di vista geopolitico si gioca una partita enorme, globale). Esempio: la parola pogrom che è una rivolta di popolo – organizzata o meno dal potere – contro un altro gruppo umano, quale che sia. L’Unione delle comunità ebraiche italiane sta mettendo a punto un piccolo vocabolario. I giovani sono quelli che useranno le parole nel futuro, il problema da risolvere è descrivere il presente utilizzando strumenti concettuali adeguati, la storia non si ripete uguale ma si manifesta sempre in forma nuova, che può richiamare forme del passato. Bisogna riconoscerne i segnali. Infatti le richiamiamo con le date, l’11 settembre, ora il 7 ottobre».

L’Osservatorio del Cdec documenta una nuova ondata di rancore contro gli ebrei. Perchè è ancora così forte questo sentimento?

«L’antisemitismo è un linguaggio politico facilmente praticabile, riesce a raccogliere semplici simpatie. In concomitanza della Giornata della memoria registriamo picchi di retorica antisemita. Ciò accade perchè c’è una sovrabbondanza di eventi, ci sono alcune cerimonie di cui si potrebbe fare a meno».