29 Maggio 2018

I lavori dell’IHRA a Roma

Fonte:

Moked.it

Ihra, la vicenda italiana

paradigma di Memoria

Un convegno internazionale in svolgimento al MAXXI ha aperto stamane a Roma i lavori della prima riunione plenaria organizzata dalla presidenza italiana della International Holocaust Remembrance Alliance, con il coinvolgimento di rappresentanti di trentuno paesi e delle istituzioni internazionali che fanno parte della istituzione intergovernativa. Diverse giornate di confronto, riflessione, impegno che dal passato guarda al futuro.

“The Racist Laws. Before and after the Shoah: models, practices and heritage” il titolo del convegno, focalizzato sull’entrata in vigore delle Leggi Razziste a 80 anni dall’infamia. Un anniversario su cui riflettere da molti punti di vista, che già hanno segnato i qualificati interventi della mattinata.

“L’Ihra – ha affermato il presidente Sandro De Bernardin nel suo intervento di saluto – ha tra i suoi scopi quello di far emergere le ombre non svelate della Shoah. Conseguenze di quanto avvenne allora sono evidenti anche al giorno d’oggi ed è nostra responsabilità capire l’origine di certi fenomeni”.

Attraverso lo studio di premesse, modelli e pratiche di legislazione razzista, il convegno odierno e la plenaria delle prossime giornate possono – per De Bernardin – “offrire un contributo alla miglior comprensione del tema, che rimane di fondamentale importanza”. Se non vogliamo che la storia si ripeta, il suo monito, “quanto sta accadendo, la crescente tendenza ad adottare legislazioni contro cittadini stranieri che si verifica in molti paesi, andrebbe osservata attraverso le lenti di ciò che accadeva prima della Seconda Guerra Mondiale”.

“Dopo decenni in cui l’ebraismo italiano è stato parte integrante della società, ufficialmente riconosciuto dopo l’emancipazione, leggi approvate dall’intero Parlamento hanno sancito l’esclusione di persone che si sentivano profondamente italiane e che in diversi casi neanche erano consapevoli della propria identità ebraica o che essere ebrei potesse fare una differenza” ha poi sottolineato la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

“L’analisi morale e legale delle responsabilità, soltanto in parte compiuta, è oggi la sfida più grande che dobbiamo affrontare. E che devono affrontare gli organi di governo, a livello nazionale, europeo e internazionale. A maggior ragione oggi – ha detto Di Segni – in una Europa in cui partiti populisti e radicali sembrano godere di un sempre maggiore consenso”. L’appello rivolto a governi e guardiani costituzionali è a uno sforzo di consapevolezza della posta in gioco, in particolare dell’identità democratica da difendere. Identità intesa anche come protezione dei cittadini italiani ed europei “dall’impatto devastante di ogni odio e legalizzazione dell’esclusione”.

Stimolanti le riflessioni dei due oratori invitati per una lecture, dopo i saluti di altri due studiosi: il direttore del Cdec Gadi Luzzatto Voghera e il segretario dello Fscire Alberto Melloni (entrambi gli enti hanno contribuito alla giornata, assieme al Miur – in sala anche il presidente del Cdec Giorgio Sacerdoti). Il professor Steven T-Katz, che ha parlato di “antisemitismo in tempo di crisi”. E l’ex Presidente del Consiglio Giuliano Amato, che ha svolto una riflessione sul rispetto del principio di uguaglianza. “Un principio che non si è ancora affermato e che ha fatto fatica a consolidarsi. Porto l’esempio del voto italiano del 1948 – ha sottolineato Amato – il primo cui hanno avuto accesso le donne”.

Per quanto riguarda le Leggi del ’38, il professore ha messo in evidenza il nesso con le successive deportazioni nei campi di sterminio focalizzandosi sulla vicenda del 16 ottobre 1943. “Una vergogna indimenticabile” ha detto a proposito degli episodi di delazione che si verificarono.

La parola è poi passata, con un focus specifico sul 1938, agli studiosi Lucia Ceci, Francesco Cassata e Michele Sarfatti.

Ad essere analizzato, nella prima relazione, il razzismo fascista nelle colonie. Tema della seconda l’eugenetica fascista in una prospettiva comparata. A concludere la mattinata un approfondimento sulla legislazione del regime contro gli ebrei.

(27 maggio)

 

Ihra a Roma, l’intervento di Bauer

“Le società che fabbricano odio,

da quell’odio restano travolte”

È stato Yehuda Bauer, a sorpresa, a chiudere il convegno “The Racist Laws. Before and after the Shoah: models, practices and heritage” che ha ieri anticipato la riunione plenaria della International Holocaust Remembrance Alliance in corso in queste ore a Roma.

Primo appuntamento organizzato dalla presidenza italiana, ha visto un pubblico attento e partecipe, oltre che ultra qualificato, seguire nell’auditorium del Maxxi un convegno che ha avuto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, e tra i suoi relatori l’Ambasciatore Sandro De Bernardin, presidente IHRA e la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. Le sessioni, coordinate da Alberto Melloni e Gadi luzzatto Voghera, si sono aperte con le lectio di Steven Katz e Giuliano Amato, rispettivamente su “Antisemitism in Times of Crisis”, e “Summa iniuria”, per continuare con le relazioni di Lucia Ceci, Francesco Cassata, Michele Sarfatti, Michel Rosenfeld, Melloni stesso e Roberto Finzi.

In chiusura, dopo le lectio di Jean-Frédéric Schaub e Wichert ten Have, è stato il professor Bauer, insigne storico dell’Università di Gerusalemme e uno dei massimi esperti al mondo di Shoah, a prendere la parola. Dopo essersi congratulato con gli organizzatori per il convegno su un tema che, ha sottolineato: “Ha grandissima importanza, le Leggi del ’38 hanno aperto le porte di Auschwitz. Hanno reso legittimo uno sviluppo naturale il passaggio alle aggressioni razziste e agli assassinî”. Ma è arrivata una piccola stoccata: “Non sarebbe corretto per me fare commenti su un argomento che questo convegno non ha toccato, ma bisogna dirlo forte e chiaro: le razze non esistono. E non sono così convinto che il razzismo abbia una storia così lunga, intanto perché la razza umana, in sè, non ha una storia antica, in fondo, e poi nell’antichità le origini e la pigmentazione della pelle erano del tutto irrilevanti. E in Europa non c’era razzismo nei confronti delle persone di colore. Per di più sappiamo bene che Amos, il profeta, ha scritto che agli occhi di Dio il popolo di Israele e quello dell’attuale Sudan hanno uguale valore”. Con un’energia invidiabile nonostante i più di novant’anni Bauer ha continuato spiegando che in fin dei conti tutte le nostre idee sono forzatamente lontane dalla realtà, che è in continua evoluzione, e comunque la realtà è molto più complessa delle nostre definizioni astratte. “L’acqua scorre, quindi non è possibile fare il bagno nello stesso fiume due volte”.

Dopo una disamina del termine antisemitismo – “È un termine idiota, che non ha nessun senso! Era stato creato per significare una cosa del tutto diversa, e il suo senso è stato stravolto completamente” – ha aggiunto che “Se vogliamo proprio guardare in faccia la realtà dobbiamo ricordarci che dal punto genetico la nostra purezza è pari a quella di un qualsiasi cane di strada”.

L’antisemitismo non è stato sempre presente, ha ricordato, ci sono stati lunghissimi anni in cui del fenomeno non c’era traccia: non nei Paesi Bassi prima della migrazione dal Portogallo, per esempio, tuttora non è parte delle religioni politeistiche, che comprendono una enorme parte della popolazione mondiale.

“Soprattutto non dobbiamo dimenticare che la storia dell’antisemitismo non è la storia degli ebrei. E gli ebrei non sono la storia dell’antisemitismo. E ricordiamoci anche che le società che producono l’antisemitismo ne vengono a loro volta colpite, danneggiate, ferite. Collassano dall’interno, non possono sopravvivere”.

Ada Treves twitter @ada3ves

(28 maggio 2018)

 

“Memoria, lavoro di squadra”

Apertasi questa mattina, la prima riunione plenaria della International Holocaust Remembrance Alliance organizzata dalla delegazione italiana, che ne ha la presidenza per il 2018, entra ora nel vivo dei lavori. Dopo la consueta riunione introduttiva dedicata ai nuovi delegati e una prima sessione di lavoro dei quattro gruppi di lavoro istituzionali in cui da sempre si dividono le delegazioni – “Academic”, “Education”, “Memorials and Museums” e “Communication” – sono in corso ora i lavori di quello che è il primo segno delle novità su cui ha lavorato il team guidato dall’ambasciatore Sandro De Bernardin. Otto “Cross-Cutting Workshops”, laboratori interdisciplinari, rimescolano le competenze obbligando tutti a uscire dagli schemi. L’ambasciatore De Bernardin, che ha lasciato per il 2018 il ruolo di capo delegazione per diventare presidente Ihra cedendo il posto a Giuseppe Pierro, dirigente Miur, è in attesa dei primi riscontri: “Sono innanzitutto estremamente soddisfatto della conferenza tenutasi ieri, che mi pare sia stata un’ottima introduzione ai lavori, e spero sia di buon auspicio per i giorni intensi che abbiamo davanti a noi”.

“Tenutasi all’auditorium del Maxxi, ha avuto un pubblico partecipe e molto qualificato, con molti delegati Ihra che ne hanno seguito tutte le sessioni, concluse da un discorso di Yehuda Bauer.

“Ora si entra nel vivo, abbiamo fatto partire la macchina, e sto aspettando di vedere come verrà accolta questa nostra nuova proposta: i delegati sono molto abituati a lavorare per settori, con per esempio gli accademici che si ritrovano fra loro, e le interazioni fra esperti di settori diversi sono una delle cose che vogliamo stimolare. L’idea delle otto sessioni interdisciplinari è stata accolta molto bene, e nonostante si tratti di un’iniziativa complessa mi pare ci sia un atteggiamento molto positivo e costruttivo da parte di tutti”.

(28 maggio 2018)

 

I lavori dell’Ihra a Roma

“Memoria, impegno condiviso”

Si è conclusa con una visita alla sede della Fondazione Museo della Shoah, alla vicina sinagoga e al museo ebraico la prima giornata di lavori della plenaria dell’Ihra, la International Holocaust Remembrance Alliance presieduta per il 2018 dall’Italia.

Novità di questa prima occasione annuale di incontro dei circa trecento delegati riunitisi a Roma sono gli otto “Cross cutting workshops”, laboratori interdisciplinare pensati per rimescolare le carte e portare a una collaborazione più stretta tra delegati che vengono da ambiti diversi. Il successo di questa nuova iniziativa è stato subito evidente: “Interessantissimo e pieno di spunti” quello cui ha partecipato il direttore del Cdec Gadi Luzzatto Voghera e “molto importante e sicuramente utile” quello seguito dall’assessore UCEI alla Cultura David Meghnagi che ha aggiunto: “C’era ovviamente una prevalenza di accademici, ma l’interazione con esperti di altri settori è importante, soprattutto, per esempio, con i responsabili della didattica museale. I musei possono essere un tassello importante per il rafforzamento di un senso, di una sensibilità comune su queste tematiche, che portano poi a una cittadinanza condivisa”. Nel gruppo di lavoro accademico, in parallelo, ha aggiunto, si sta sulle prospettive interdisciplinari, con attenzione particolare ai curricula e alle buone pratiche. “C’è molta attenzione anche al rischio che i musei, specialmente in alcuni Paesi dell’Est, si inseriscano in una dinamica di manipolazione della narrativa storica in conflitto evidente con la verità. Su questo il ruolo dell’Ihra può essere particolarmente importante, va costruito un rapporto costante e continuativo con queste realtà, un’azione di medio lungo periodo in cui gli scambi e il confronto portino a risultati concreti. Altro punto importantissimo è quello della formazione, e anche su questo stiamo ipotizzando più di una iniziativa”.

Dopo le novità della prima giornata i delegati hanno ripreso oggi a confrontarsi all’interno dei quattro Working Group – Academic, Communication, Education e Memorials and Museums – che hanno visto in particolare la prima presentazione all’IHRA del Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah. Simonetta Della Seta, direttore del museo di Ferrara oltre che membro della delegazione italiana, ha raccontato la nascita del progetto, dalla storia dell’antico carcere cittadino alla realtà attuale a quello che il Meis sarà nel 2020/2021 quando saranno terminati tutti e sette gli edifici. “Quello che già si configura come una realtà importante nel panorama museale e culturale italiano diventerà uno spazio capace di attirare un pubblico sia locale che internazionale grazie alle sue molteplici attività e ai grandi spazi, che accoglieranno, fra le altre cose, anche biblioteca e museo dei bambini”. Grande l’interesse per la mostra “Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni”, e per il trattamento della Memoria fatto con la mostra “Touch”, racconto delle vite di dieci ebrei ferraresi. “Molto forte sia il legame del Meis col territorio – ha continuato – con cui abbiamo un rapporto costante anche grazie agli eventi settimanali che animano il bookshop, come anche importante è il rapporto con la rete museale dedicata alla Shoah. Immagini di Carpi, Fossoli, della risiera di San Sabba e del Memoriale di Milano, oltre che della Fondazione Museo della Shoah visitata ieri dai delegati hanno concluso la presentazione.

(29 maggio 2018)