10 Febbraio 2024

Cronache e riflessioni sulla presentazione della nuova “Relazione annuale sull’antisemitismo in Italia”

Fonte:

La Repubblica , Libero, Shalom

Autore:

Zita Dazzi, Andrea Morigi

“Ondata di odio antisemita. Casi raddoppiati nel 2023”

MILANO — In rete circolano orrendi fotomontaggi creati con l’intelligenza artificiale che riesce a ingannare anche i filtri messi dalle piattaforme social per provare a bloccare i post degli odiatori. Immagini di Anna Frank in motoscafo con Adolf Hitler, oppure in biancheria intima davanti a un gruppo di uomini in mutande. O ancora l’immagine di un maiale con la bocca insanguinata e la divisa dell’esercito israeliano. Una galleria mostruosa che è riprodotta nell’ultimo rapporto sull’antisemitismo in Italia nel 2023, curato dal Cdec (e disponibile online sul sito del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano), presentato ieri mattina al Memoriale della Shoah. Un evento che non ha potuto che ripartire dal 7 ottobre, data spartiacque dopo cui «c’è stata un’ondata di antisemitismo spaventosa, paragonabile solo nei numeri a quella che ci fu nel 1982, durante la guerra in Libano. Da quel giorno l’odio è sdoganato, tutto si può dire contro gli ebrei, in un garbuglio di tesi antisemite, antigiudaiche, antisioniste, negazioniste, neonaziste, in cui si esercita l’estrema destra come l’estrema sinistra, fascisti e frange delle seconde generazioni e del radicalismo islamico, come si è visto anche di recente nei cortei per Gaza», spiega Betty Guetta, anima dell’Osservatorio del Cdec. I dati parlano chiaro e svelano quel che si poteva facilmente prevedere con lo scoppio della guerra. I dati raccolti rilevano un raddoppio netto degli atti di antisemitismo, in Rete e nel mondo reale. A seguito di 923 segnalazioni, sono 454 gli episodi del 2023 individuati e studiati dal Cdec, dato in forte crescita rispetto ai 241 episodi rilevati nel 2022. Ovviamente si tratta della punta dell’iceberg, perché la maggior parte degli eventi resta sommersa, non segnalata, non classificata. Basti solo pensare che il monitoraggio quotidiano del web rileva migliaia di post, video, meme e reel che prendono di mira gli ebrei, di questi ne sono stati analizzati in profondità oltre 3500. Al cospirazionismo, principale matrice ideologica che alimenta l’odio contro gli ebrei, si aggiungono ora le reazioni legate alle tensioni in Medio Oriente. Infatti, a seguito del conflitto in corso tra Israele e Hamas, gli atti contro gli ebrei sono aumentati nella quantità e mutati nella forma. Solo fra ottobre e dicembre, mentre le bombe spianavano la Striscia, ne sono stati rubricati 216, circa la metà dei quali consumati offline, cioè dal vivo. Di questi 454 episodi analizzati in modo approfondito, 259 riguardano l’antisemitismo in rete e 195 invece si compongono di atti accaduti materialmente, tra cui una aggressione e 40 casi di minaccia fisica. «Fatti che avvengono soprattutto nelle università e nelle scuole, dove c’è stata anche una ragazzina invitata a buttarsi dalla finestra perché ebrea. Qui è evidente il fallimento educativo e la necessità di arrivare a una nuova narrazione sull’ebraismo — spiega ancora Guetta con gli altri ricercatori, Stefano Gatti e Murillo Camuzzi — Le minacce e gli attacchi avvengono in strada, nei luoghi di studio o di ritrovo, fin nelle abitazioni, tanto che i giovani ebrei si stanno togliendo ogni segno di riconoscimento a partire dalla kippah e le comunità ebraiche diffondono a tutti gli iscritti consigli per evitare rischi di aggressioni». Zita Dazzi – La Repubblica 

Dal 7 ottobre raddoppiati i casi di antisemitismo: così la propaganda tramuta le vittime in carnefici

La relazione annuale sull’Italia

Un’ ondata di odio come non si vedeva da oltre quarant’anni sta investendo gli ebrei italiani. E ne conosciamo soltanto la parte che affiora grazie all’Osservatorio antisemitismo della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, che dal 1975 raccoglie e analizza le segnalazioni di episodi di intolleranza. L’anno scorso, scrivono nella loro Relazione annuale, sono stati registrati 454 casi, quasi il doppio rispetto ai 241 del 2022, con un’accelerazione impressionante a partire dal 7 ottobre scorso, misurabile in 216 atti. Sarebbe da ingenui sorprendersi, considerando che quella data coincide con il massacro compiuto dai terroristi islamici di Hamas, dal quale in teoria sarebbe dovuto semmai scaturire un moto di solidarietà e vicinanza nei confronti del popolo israeliano. Ma il jihad globale non pretende soltanto il sangue e la vita dei nemici: l’obiettivo è assoggettare il mondo intero all’islam. Proprio in quella prospettiva bellica si è scatenata la macchina della propaganda. In Italia, il brodo di coltura era già pronto, grazie a un secolare antigiudaismo, sul quale si sono innestati via via la dottrina della razza nazionalsocialista, le teorie del complotto, ma anche tematiche più care alla sinistra, come l’anticapitalismo diffuso dai movimenti “antagonisti” e la narrativa storica woke, che individua in Israele “l’ultima colonia bianca” responsabile della presunta “occupazione” dei territori “palestinesi”. Ed è da fi che nasce l’equiparazione fra sionismo e nazismo, che comunque va paradossalmente a sfociare in un rimpianto per l’interruzione dello sterminio da parte del III Reich.

RADICI CULTURALI

E’ da quelle idee che nascono poi i fatti, vale a dire le minacce di morte scritte sui muri interni di locali frequentati da ebrei, le lettere minatorie, le aggressioni fisiche, le intimidazioni che alcuni e alcune non osano nemmeno denunciare per timore di alzare il livello dello scontro. E la guerra psicologica si alimenta proprio attraverso le «radici culturali che animano questo tipo di episodi», spiega Stefano Gatti, dell’Osservatorio antisemitismo, durante la presentazione dello studio nel quale si ipotizza che «gli smottamenti economici, la precarizzazione del lavoro e la percezione di un’immigrazione incontrollata» spingano a «cercare ancoraggi identitari fondati sulla primazia degli italiani e sulle subculture xenofobe e razziste». Poi però, da quattro mesi a questa parte, «si è verificata una netta rottura con il passato», con un «forte incremento dell’attività dei gruppi BDS in alcune università». L’elemento di continuità è la caccia al capro espiatorio, da sacrificare per liberarsi dalle colpe (sempre altrui). Si potrebbe spiegare così la mezuzah (un passo della Bibbia) strappata e al posto della quale, sulla porta di casa di un professionista milanese, il 13 novembre scorso è stato conficcato un pugnale. Ormai, spiegano i curatori, «circa metà degli atti contro gli ebrei che si consumano offline», cioè nella vita reale. Significa che c’è un pericolo fisico per la sicurezza degli italiani di fede israelita.

FUORI DAL GHETTO

Ecco perché non si vedono quasi più kippah per le strade e perché alcuni nascondono la stella di David che portano al collo. Come se lo spavento per i segnali di una persecuzione in arrivo sconsigliasse a una minoranza, che conta appena 25mila appartenenti, di esporsi troppo. Del resto, una rilevazione di tre anni fa indicava il 19% degli italiani oscillante fra moderatamente e fortemente antisemita. Il che equivarrebbe a oltre 11 milioni di persone (contando anche i minorenni) su cui hanno fatto presa luoghi comuni di vario genere sugli ebrei, mentre oggi addirittura il 45% (cioè 27 milioni) si dichiarerebbe ostile a Israele. In realtà, una strategia non limitata alla sopravvivenza c’è. Da parte del governo non solo sono state rinforzate le misure di protezione delle istituzioni ebraiche, ma è stato nominato un coordinatore per la lotta all’antisemitismo nella persona del generale Pasquale Angelosanto. Tutti sforzi che apparirebbero vani di fronte al negazionismo della Shoah, riemerso dai ristretti circoli di ammiratori di Adolf Hitler, quest’ultimo pure sdoganato sul web sociale. E non basta nemmeno celebrare il Giorno della Memoria. A qualcosa è servito anche il Digital Service Act, che impone la rimozione di contenuti offensivi dalle piattaforme telematiche, ma la censura rimane pur sempre un’arma difensiva, utile a patto che si attui anche una controffensiva. Perché, dopo la diagnosi, occorrono anche gli anticorpi, ancora presenti in quel 27% degli italiani che, nonostante la propaganda contraria, giudicano comprensibile la reazione di Israele contro il terrorismo perché pensano che Roma e Gerusalemme non siano territori di conquista. Andrea Morigi – Libero

Osservatorio Antisemitismo: 454 atti antisemiti nel 2023, quasi il doppio rispetto al 2022
Nell’ultimo anno si è registrato un netto aumento degli atti di antisemitismo rispetto al passato. A seguito di 923 segnalazioni, sono 454 gli episodi individuati nell’ultimo anno: 259 in rete, 195 offline, tra cui un’aggressione e 40 casi di minacce. Quasi il doppio rispetto ai 241 del 2022. Questo è quanto emerge dalla Relazione annuale su atti e discorsi antisemiti in Italia pubblicata dall’Osservatorio Antisemitismo, dipartimento della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea – CDEC, che monitora quotidianamente l’antisemitismo nelle sue molteplici manifestazioni.
Come viene specificato nel rapporto, “negli ultimi anni l’antisemitismo è cresciuto a livello mondiale anche a causa della crisi economica, dal complottismo, dell’incertezza, della globalizzazione come minaccia identitaria, della frustrazione sociale. Ma oggi soprattutto è amplificato dalla guerra Israele/Hamas”. Infatti, più della metà degli episodi registrati dall’Osservatorio, 216 sono avvenuti tra ottobre e dicembre. Secondo il CDEC, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre si è ritornati ad “un’atmosfera simile a quella del 1982 durante la prima guerra del Libano”, quando in Italia si verificò la più grave ondata di antisemitismo dalla fine della Seconda guerra mondiale. Quel periodo culminò nella bomba collocata e fatta esplodere negli uffici della Fondazione CDEC e nell’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre. “Si registra una comune degenerazione dei linguaggi” sottolinea inoltre l’Osservatorio.
La relazione analizza anche quali sono gli eventi scatenanti di atti e discorsi antisemiti. Ciò avviene soprattutto quando ebrei e/o enti ebraici sono al centro dell’attenzione mediatica, indipendentemente da ciò che fanno. L’Osservatorio divide gli eventi in due gruppi: macro eventi (come la guerra in Ucraina o il conflitto tra Hamas ed Israele) o eventi limitati (spesso legati al web). “Anche le feste ebraiche offrono l’occasione per interventi aggressivi nel cyberspazio” sottolinea l’ente ebraico. La principale matrice ideologica dell’antisemitismo in Italia continua ad essere quella afferente all’estrema destra – si legge nella Relazione – anche se gli ultimi tre mesi hanno visto un fortissimo aumento dell’antisemitismo legato ad Israele e di tematiche antigiudaiche tradizionali.
La ricerca fatta dall’Osservatorio Antisemitismo si è focalizzata sugli episodi di antisemitismo dopo il 7 ottobre, che sono stati analizzati attentamente, arrivando alla conclusione che “gli eventi che coinvolgono Israele originano sempre da un antisemitismo sanguinario che recupera (anche da parte di laici) stilemi antigiudaici rimodellati sulla realtà ‘sionista’, ma era dal 1982 che non si raggiungevano tali vertici di compiaciuta efferatezza”.
Ciò che emerge sono “due inquietanti indicazioni”, come spiega l’Osservatorio: da un lato il forte radicamento dell’immaginario antisemitico coi suoi tetri miti di accusa (dal deicidio al cannibalismo rituale), pronti ad attivarsi – con rinnovata violenza – quando Israele è coinvolto, e d’altro canto la debolezza delle strutture che, negli ultimi decenni, sono state ideate con l’intento di contrastare l’antisemitismo. “Ventitré anni di Giorno della Memoria e di iniziative UE e di enti internazionali stanno mostrando tutta la loro fragilità: basta poco perché queste difese crollino, permettendo ai pregiudizi antiebraici di riemergere” viene sottolineato nel report.
Rispetto agli anni passati, nell’ultima Relazione è stata dedicata una sezione interamente ai giovani. Infatti, come viene spiegato nella ricerca, dal 7 ottobre, “l’Osservatorio ha ricevuto diverse segnalazioni di incidenti antisemiti in cui le vittime sono giovani ebrei, oltre al generale ambiente ostile che i giovani ebrei e israeliani devono affrontare nelle scuole e nelle università”. Questi incidenti vanno da offese/ostilità contro gli ebrei a minacce, sia online che offline. In particolare è stato sottolineato il ruolo dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) nella segnalazione degli episodi di antisemitismo e che si è messa in contatto con gli studenti italiani e stranieri bisognosi di assistenza. Tra ottobre e novembre sono stati condotti in Italia due sondaggi tra i giovani ebrei, uno incentrato sugli studenti israeliani, realizzato da una studentessa, e uno sugli studenti ebrei in generale, realizzato da UGEI. A quest’ultimo hanno partecipato 234 giovani ebrei in meno di 24 ore. Tra i risultati più significativi, citati dall’Osservatorio sul cambiamento delle abitudini. “L’86% degli intervistati ha cambiato alcune o molte abitudini per sentirsi più sicuro” si legge nella ricerca. Shalom.it