10 Marzo 2024

Commento di Goffredo Buccini all’ondata di antisemitismo post 7 ottobre

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Goffredo Buccini

 “Aggressioni, odio, silenzio. Gli ebrei tornano nel mirino  (e Israele è solo una scusa)”

Lo scorso maggio Roger Waters ha suonato alla Mercedes Benz Arena di Berlino vestito da nazista. Quando i giudici lo hanno indagato per istigazione all’odio, ha sostenuto che «si vogliono mettere a tacere» le sue idee scomode. Quali siano di preciso queste idee è apparso più chiaro poche settimane fa, quando l’ex Pink Floyd se l’è presa con Bono, colpevole di avere ricordato in uno show le vittime israeliane del 7 ottobre al rave nel Negev: «Chiunque lo conosca, dovrebbe andare a prenderlo per le caviglie e scuoterlo finché non smette di essere una m…». Applausi su Al Jazeera.

L’antisemitismo sta diventando cool. Ma non è solo roba da attempate rockstar. Le agenzie di sicurezza ebraiche che monitorano il fenomeno hanno rilevato come fra il giorno del pogrom e la fine di dicembre gli episodi in tutto il mondo siano aumentati «di sei volte rispetto ai nove mesi precedenti del 2023». La Germania, con 29 atti di antisemitismo al giorno, l’Inghilterra, col 60% di ebrei britannici bersaglio di insulti o attacchi, e la Francia, con un aumento del 430% tra gli ebrei francesi inclini a espatriare per paura, sono le nazioni europee più problematiche. Ma nei campus americani dove le rettrici suggerivano di «contestualizzare» l’antisemitismo, gli episodi di intolleranza sono aumentati addirittura del 700%.

La Fondazione Cdec

Effetto della dura risposta di Israele all’aggressione di Hamas? Non è del tutto esatto. All’Osservatorio sull’antisemitismo della Fondazione Cdec di Milano, si fa notare che la prima impennata nei dati è compresa tra l’8 e il 28 ottobre, giorno d’inizio dell’invasione di terra a Gaza e dunque della vera escalation nell’operazione Iron Sword. E anche il rapporto del gruppo israeliano Sdema colloca il picco europeo a fine ottobre. In tutto il 2023 in Italia le aggressioni verbali o fisiche e le discriminazioni contro gli ebrei sono state 454 nel 2023, contro le 241 dell’anno precedente: di queste, 216 dopo il pogrom del 7 ottobre con un incremento netto degli attacchi fisici, delle minacce di morte, dei danneggiamenti ai luoghi della comunità (il 64% degli italiani pensa che nel nostro Paese vivano due milioni di ebrei, quando la cifra reale è trentamila). A infiammare le piazze islamiste e quelle occidentali che appoggiano il fondamentalismo parrebbe essere stato, per paradosso, prima il massacro dei 1.200 cittadini del Sud di Israele (con l’aggiunta di seimila feriti, la cattura di 250 ostaggi e lo stupro di decine di donne) ad opera dei miliziani di Yahya Sinwar: una sorta di rivendicazione della ferocia. Le settimane successive, con i pesanti bombardamenti sulla Striscia e lo strazio della popolazione palestinese in mondovisione, hanno infine fatto sgorgare un fiume carsico che scorreva da sempre, poi smuovendo l’area di mezzo degli indecisi.

I risultati li abbiamo sotto gli occhi. Prendere la parola in pubblico, per un ebreo o un israeliano, o solo ricordare le ragioni di Israele, è diventato difficile, quando non pericoloso, nelle nostre città. L’altro giorno alla Sapienza un gruppo di ragazzi ha impedito di parlare a David Parenzo (conduttore dell’Aria che Tira, da sempre critico con Netanyahu) al grido di «fascista» e «sionista di m…». Scena non troppo diversa due giorni prima a Firenze, dove i contestatori hanno preso di mira la presentazione del libro su Golda Meir di Elisabetta Fiorito: «Hanno costretto i presenti a uscire dal retro come topi, ormai siamo alla Notte dei Cristalli», ha detto Marco Carrai, console onorario di Israele e bersaglio di gruppuscoli estremisti. Ancora a Firenze, la giovane Sara è stata buttata fuori dal corteo femminista dell’8 marzo quando ha esibito il cartello «Non una parola sugli stupri di Hamas, le donne israeliane se la sono cercata?». «Vai via, provocatrice, non sei gradita», le hanno risposto, mimose alla mano.

Il presidente dell’Organizzazione sionista mondiale, Yaakov Hagoel, sottolinea che dopo il 7 ottobre, a causa dell’enorme aumento di antisemitismo, «ottomila ebrei sono immigrati in Israele da tutte le parti del mondo»: un dato che impressiona ancor di più se si pensa quanto poco al sicuro sia Israele oggi. E il rapporto di intelligence dello Sdema Group descrive il mese di febbraio appena trascorso nel segno di gravi criticità in tutta Europa, effetto del miscuglio tra l’antico odio antiebraico dell’estrema destra e il nuovo rancore delle seconde e terze generazioni di immigrati d’ascendenza musulmana, soprattutto nelle grandi città (al mix è il caso di aggiungere le pulsioni della sinistra radicale, ancora in scena ieri pomeriggio al corteo di Roma).

Le svastiche

La Germania patria dei neonazisti è un problema nel problema. Il rapporto contiene dodici cartelle fitte di danneggiamenti a memorial ebraici, svastiche su monumenti, manifestazioni violente, aggressioni dirette, da Berlino ai piccoli centri di provincia: come in un tempo lontano, Hitler e l’Islam integralista si prendono a braccetto. Ma dall’Olanda alla Svezia, dal Portogallo alla Svizzera, dalla Lituania alla Spagna, non c’è luogo in Europa non toccato dalla grande ondata antisemita, nel mondo reale come in quello web. Ed è una faccenda tutta prepolitica, a essere onesti. Stia col governo estremista di Netanyahu e Ben Gvir o con la sinistra pacifista (cui appartenevano quasi tutte le vittime del 7 ottobre), non c’è ebreo che non senta sulla pelle oggi il peso delle tre D con cui Nathan Sharansky definiva già vent’anni fa la formula del nuovo e antico odio antisemita: demonizzazione, delegittimazione, doppio standard.

Photo Credits: Gli Stati Generali