17 Settembre 2013

Antisemitismo e intolleranza sono stati al centro dell’ incontro “I soliti ebrei”, conferenza dedicata alla presentazione della nuova ricerca di Betti Guetta

Fonte:

Mosaico-cem - www.mosaico-cem.it

Autore:

Roberto Zadik

Perché si parla ancora dei “Soliti ebrei”

Qual è la situazione attuale in Italia in materia di razzismo, antisemitismo e intolleranza e come sono cambiati nel corso del tempo questi fenomeni? Queste e altre domande sono state al centro dell’interessante incontro “I soliti ebrei”. La serata  tenutasi  il 16 settembre, presso la Fondazione Corriere della Sera e organizzata in collaborazione con la Fondazione CDEC, è stata coordinata dal giornalista Stefano Jesurum. Con la presentazione di Roberto Stringa, vicedirettore della Fondazione Corriere, che ha portato i saluti del presidente Piergaetano Marchetti, “assente perché trattenuto all’estero da impegni, ma che ha fortemente voluto questa serata”,   l’incontro ha visto la partecipazione di ospiti di spicco come Gad Lerner,  il sociologo Luigi Manconi, la docente universitaria e parlamentare, Milena Santerini e la ricercatrice Betti Guetta. Proprio partendo da quest’ultima,  l’autorevole studiosa del Cdec, Centro di Documentazione Ebraica,  ha presentato la sua ricerca che ha dato il titolo all’incontro, definito da Jesurum “azzeccatissimo visto che  il pregiudizio antisemita resta immobile”, rivela dettagli inquietanti sull’antisemitismo italiano che però “non è ai livelli della Francia o di altre nazioni” come ha specificato la Guetta. Prendendo in esame tre importanti città come Milano, Roma e Verona,  la percezione dell’ebreo oggi  cambia notevolmente a seconda del luogo e della comunità ebraica  in un’indagine del tutto particolare. Infatti essa è qualitativa, ovvero fondata  sui sentimenti, i pensieri e le emozioni degli intervistati e sui loro discorsi più che su aride percentuali e, partendo da un generico sondaggio sull’immigrazione in Italia è arrivata gradualmente a trattare l’argomento ebraico. Ebbene, che cosa ne emerge? Prima di tutto ci sono profonde differenze fra le due grandi città, Roma, dove gli ebrei ci sono da secoli e quindi vengono vissuti anche dai non ebrei come più italiani e integrati, mentre Milano è una città con una comunità più recente, eterogenea, multietnica e quindi i suoi abitanti di religione ebraica vengono visti come qualcosa di non completamente appartenente al tessuto nazionale. Più difficile da inquadrare è Verona, che storicamente rappresenta un luogo dal glorioso passato  ma con una comunità ormai ristrettissima costituita da poche centinaia di ebrei. Un quadro complesso e a tratti drammatico, dove tanta gente “ha preferito non esporsi e non rispondere direttamente alle domande come a Verona dove c’era grande riservatezza” mentre a Milano e a Roma, specialmente fra i più giovani, dai 25 ai 40 anni le risposte sono state molto drastiche e anche in certi casi piuttosto pesanti. Nel capoluogo lombardo gli ebrei, ha fatto sapere la Guetta,  “vengono  descritti con più aggettivi negativi che positivi”, stigmatizzati dalla maggioranza degli intervistati, anche se l’indagine è qualitativa e non si può certo generalizzare, come un popolo “separato e diverso, una comunità molto coesa e poco integrata col resto della popolazione anche se molto brillanti e a volte geniali”. I giovani milanesi interpellati mettono gli ebrei  al centro del potere e delle lobby finanziarie e economiche e li definiscono  ”intelligenti, brillanti, ricchi e potenti”. Insomma nonostante siamo ormai nel 2013, dopo anni di studi e seminari, i soliti vecchi  stereotipi, ripetitivi e pericolosi  riaffiorano a Milano, ma la situazione non è certo migliore nella Capitale. A Roma, sebbene ci sia grande confusione fra ebrei e Israele, gli ebrei romani vengono descritti come aperti e integrati, intraprendenti e grandi lavoratori anche se però “si piangono addosso, sono molto tirchi, permalosi e vittimisti”. Il vittimismo ebraico, altro fastidioso pregiudizio, è stato rappresentato anche in una specie di gioco fatto da collage dove gli intervistati hanno scelto alcune foto per descrivere i loro pensieri sugli ebrei. Fra le immagini selezionate, quella di un fazzoletto, associata al pietismo, oltre ai soldi, ai gioielli. Insomma ancora oggi c’è scarsa conoscenza degli ebrei italiani e “un sapere condiviso fatto di luoghi comuni, sentiti dire e convinzioni radicate” come ha riassunto Betti Guetta. A parte le differenze geografiche e di classe sociale e ai tanti che non hanno voluto prendere posizione, le giovani generazioni hanno destato grande preoccupazione. A questo proposito, l’Onorevole Milena Santerini, docente universitaria, è stata molto precisa sull’argomento spiegando che “mentre si è formata una buona coscienza negli adulti sulla Shoah e sul razzismo, invece nei giovani o nei non più tanto giovani, dai 25 ai 40 anni c’è molta ignoranza e categorizzazione”. “Come se tanti ragazzi volessero sfogare il loro disagio cercando sempre un colpevole, qualcuno che gestisse il potere, rivelando un grande senso di impotenza e di frustrazione per la crisi attuale e la mancanza di lavoro”. In conclusione dell’incontro che ha sollevato vari temi importanti, dallo scontro generazionale, alle diverse percezioni di antisemitismo, più economico-finanziario a Milano e più irrazionale ed emotiva a Roma, il parlamentare e sociologo sardo Luigi Manconi ha analizzato le differenze fra antisemitismo, razzismo, omofobia che “giacciono tutti nell’occhio dell’intollerante”. Descrivendo con ironia e lucidità una serie di aneddoti, Manconi  compie un’analisi molto approfondita  delle comunanze di mentalità fra i vari tipi di intolleranze suddividendo in una serie di passaggi i meccanismi mentali di chi è razzista. Fra questi ci sono: l’individuazione dei soggetti da discriminare, la generalizzazione e conseguente banalizzazione, attraverso leggende, dicerie, perfino fiabe e detti popolari per costruirsi schemi e idee fisse. La presa di distanza ovvero il considerare qualcosa di “illegale”, di estraneo musulmani, neri, ebrei dediti , secondo gli intolleranti, alle lobby, a occupazioni clandestine e segrete. Gad Lerner, conduttore televisivo e giornalista, si è complimentato con la ricerca di Betti Guetta, che ha sondato, come ha ben specificato “i non detti, i silenzi e i pensieri delle persone interpellate”. Nel suo intervento, Lerner ha ricordato come anche recentemente sul suo blog siano apparsi commenti e scritte antisemite, apprezzamenti piuttosto pesanti che l’hanno colpito a vari livelli. Dal suo essere libanese, ebreo, di sinistra, privilegiato, ricco ai difetti fisici, Lerner con la consueta ironia, ma comunque con grande turbamento ha pubblicamente elencato queste osservazioni che spesso hanno oltrepassato i limiti, protette da nickname e camuffate da pseudonimi. Il conduttore ha poi rievocato anche la polemica con Beppe Grillo, specificando che avrebbe potuto procedere contro di lui, ma che ha preferito invece “non fare niente” ritenendo che fosse un atteggiamento “più furbo e saggio”. “Forse” ha detto scherzando “mi sono rammollito col passare degli anni perché non ero certo il tipo da disdegnare la polemica, lo scontro, anzi”. Nel suo intervento egli  ha detto che “cerco sempre di essere prudente prima di dare a qualcuno dell’antisemita” ricordando che la via migliore è quella della prudenza e della moderazione e smorzando la preoccupazione per i sondaggi dicendo che “abbiamo visto molto di peggio”.  “Attualmente viviamo la beffa” ha proseguito Lerner “dei soliti pregiudizi, della confusione fra Israele e la Shoah che però non si possono separare e mi chiedo se nella memoria abbiamo agito giustamente e ricordato nella dovuta maniera” specialmente alla luce dei dati emersi dalla ricerca.