22 Marzo 2018

Seminario di Georges Bensoussan al CDEC

Fonte:

Osservatorio antisemitismo

Autore:

Georges Bensoussan

Milano, Fondazione CDEC, 22 marzo 2018

GLI EBREI NEL MONDO ARABO E L’ANTISEMITISMO

Seminario di Georges Bensoussan

Allora per un’oretta proverete a capire le ragioni della partenza degli ebrei dal mondo arabo.

Bisogna partire da una considerazione; nel 1945, alla fine della guerra, nei paesi arabi c’erano all’incirca un milione di ebrei. Oggi ne restano 4.000: 3.000 in Marocco, 1.000 in Tunisia…e praticamente non c’è più nessuno altrove, zero in Algeria, zero in Libia, zero in Siria, zero in Iraq.

Adesso non si tratta di genocidio, non c’è distruzione di massa… Il che fa sì che nella storiografia europea o occidentale ci sia un gran silenzio sull’argomento, c’è molto poco per valutarlo…peraltro c’è qualcosa soprattutto in inglese… qualcosa di americano di storia e, naturalmente, di israeliano. Ma nella maggior parte dell’occidente, di tutto l’occidente, a parte gli americani, non ci sono molti studi sull’argomento. Nella storia scolastica, per lo meno in Francia: niente, assolutamente niente sulla storia degli ebrei nel mondo arabo. Dunque sono scomparsi in vent’anni ed è stata una civiltà vecchia di duemila anni. In Marocco e in Iraq gli ebrei  si stabilirono prima della nascita di Cristo, una civiltà antichissima. Quindi c’è un doppio enigma. Perché questa partenza? Come spiegare questa partenza? E il secondo enigma: perché questo silenzio?

E’ ovvio che con tali domande, specialmente la seconda, il silenzio, ci vorrebbe più di un’ora…ci vorrebbe molto più tempo per provare a capire il silenzio perché è una vera questione sul metodo storico e storiografico.

Dunque per comprendere i motivi della partenza degli ebrei dal mondo arabo ci sono due tipi di cause, come spesso accade; il conflitto arabo-israeliano, come tutti sanno, in definitiva l’opinione pubblica pensa che gli ebrei hanno lasciato il mondo arabo a causa del conflitto con Israele. E poi una seconda serie di cause; la condizione degli ebrei in terra araba. E infatti la prima causa, il conflitto arabo-israeliano, ha finito per far dimenticare che c’era un’altra causa, molto più profonda. Questi ebrei del mondo arabo, dal Marocco all’Iraq – dunque notate bene che sto parlando di mondo arabo e non di musulmani, escludo l’Iran, la Persia, escludo la Turchia…che sono i grandi centri del giudaismo, anche la Russia, dalla quale l’esodo è stato massiccio, lì non restano tante persone. – Ebbene la condizione degli ebrei nel mondo arabo è probabilmente la ragione di fondo dell’esodo. Il conflitto arabo-israeliano naturalmente ha accelerato l’esodo e man mano che precipitava, abbiamo finito per prendere questa ragione come la ragione principale della partenza. In effetti no, è la ragione secondaria dell’accelerazione, ma non è la ragione principale. La causa principale, dunque lasciatemi spiegare, è effettivamente la condizione degli ebrei in terra araba.

Secondo punto: come spiegare che tutto questo avviene negli ultimi settant’anni, dato che è da allora che gli ebrei sono usciti dal mondo arabo …… come spiegare che questi ebrei hanno lasciato il mondo arabo tra il 1945 e il 1970, circa in 25 anni. Certo, comincia a spiegarsi il silenzio, come questione sull’occultamento. L’occultamento di queste domande. E anche, a fianco dell’occultamento, la moltiplicazione dei miti. Generalmente sono miti sul buon vivere, dei miti rassicuranti, come per esempio il mito dell’andaluso, arabo-andaluso; il mito secondo il quale nell’Andalusia del XII secolo, solitamente un mito cristiano, gli ebrei sono emersi per la grande intelligenza e che nel complesso la condizione ebraica in terra araba,  prima del sionismo e prima del conflitto tra ebrei e arabi in Israele-Palestina, era una condizione piuttosto felice, armoniosa, contraddistinta dalla serenità e anche dalla fraternità. Insomma, che cosa ha distrutto questa armonia? Ebbene le risposte sono implicite. A partire dal momento che si presentano questi elementi, la risposta è la nascita d’Israele. Sono la nascita d’Israele e del sionismo che avrebbero rotto quest’armonia. Infatti ciò che si constata quando si studiano gli archivi del periodo, almeno a partire dal 1850 (i registri degli ebrei nel mondo arabo, dal 1850), dunque a partire da un’epoca in cui non c’era né sionismo, né Theodor Herzl, né congressi sionisti – il congresso sionista del 1897, 47 anni dopo.  Perciò le ragioni profonde dell’esodo sono già qui nel 1850, e la creazione d’Israele ha accelerato l’esodo, ha accelerato, non si potrebbe dire il contrario, non sarebbe vero…

In definitiva ne consegue che gli ebrei sono visti come stranieri nel loro proprio paese, ma peggio di stranieri, sono visti come nemici nel loro proprio paese. Ma l’esodo, se si studiano bene gli archivi,  si constata che il genere di partenza, le ragioni profonde dell’esodo esistono dalla prima guerra mondiale e che un gran numero di ebrei pensò a partire molto presto….molto, molto presto…e alcuni partirono prima della prima guerra mondiale, per esempio con mio grande stupore  ho constatato che ci sono state partenze di ebrei dal Marocco prima della prima guerra mondiale. Del resto, per esempio, sono loro che hanno creato la comunità ebraica del Venezuela, la parte ebraica di Caracas è stata fondata dagli ebrei del Marocco. E un gran numero di ebrei dell’Irak hanno lasciato l’Irak prima del 1914 per l’India e hanno fondato, hanno rinforzato, le comunità di Bombay, di Calcutta, ecc.

Allora, ecco ormai la domanda: perché la condizione degli ebrei in terra araba è stata la ragione di fondo dell’esodo? Per una ragione semplice. Inizia dal momento in cui la condizione degli ebrei in terra araba si è progressivamente emancipata dalla dominazione arabo-musulmana, dalla soggezione arabo-musulmana, da quella che chiamiamo la “condizione di mezzo”. Bene, vi spiego un attimo di cosa si tratta. Per delle ragioni dovute ampiamente all’occidentalizzazione, alla penetrazione del colonialismo e soprattutto alla scolarizzazione. La  creazione di un sistema scolastico considerevole, che ha cambiato radicalmente la condizione degli ebrei. Questo sistema scolastico ha assunto essenzialmente un volto, il volto dell’Alliance Israélite Universelle, fondata a Parigi nel 1860 ma non soltanto…E’ anche la rete delle scuole consolari inglesi, tedesche, austriache, francesi, naturalmente, italiane, le troviamo in Libia, anche spagnole. Ciò ha avuto molto significato. Parecchi bambini della borghesia ebraica venivano mandati nelle scuole consolari, a volte anche nelle scuole religiose cristiane; invece i bambini del popolo, delle classi popolari, venivano mandati nelle scuole dell’Alliance, che erano, vorrei ricordare, praticamente gratuite. Per i genitori che non avevano mezzi economici, erano gratuite. La rivoluzione scolastica che ha scosso il mondo ebraico d’oriente dal Marocco all’Irak, a partire dal 1860 con la creazione del sistema scolastico dell’Alliance. Un’enormità: la prima scuola dell’Alliance data 1862 in  Marocco (Tetouan), la seconda è Bagdad in Irak nel 1864. Vi faccio, vi passo  lo storico di questo sistema scolastico enorme ma l’importanza sta nel risultato; nel 1914 l’Alliance possiede scuole in 14 paesi differenti, 145 scuole, 145 scuole. Al primo giorno di scuola di questo anno 1914, si stima che 45.000 bambini ebrei siano stati scolarizzati in questo giorno. Dunque quando calcolate ciò per anni, anni, anni….si stima che all’incirca tra il 1860 e il 1960, in un secolo di storia – oggi l’Alliance esiste ancora ma è quasi finita, è sparita da quasi tutti i paesi arabi …. anche se da qualche parte esiste ancora, in Marocco ha un altro nome ed è stata nazionalizzata – bene, in un secolo di storia in cui l’Alliance è rimasta più o meno indipendente avrebbe scolarizzato 600.000 bambini, 600.000 bambini. E’ un enormità.

Questa rivoluzione scolastica, più la rivoluzione coloniale, l’occidentalizzazione, l’apertura commerciale, un gran numero di fattori, fanno sì che il soggetto ebreo, l’ebreo, se preferite, ha vissuto di meno la sua condizione di dominato. Vale a dire che tutte le economie del mondo arabo-musulmano strette nella dominazione della minoranza cristiana, quando esisteva, della minoranza ebraica che là era presente ovunque, o di altre minoranze, come la minoranza zoroastriana ad esempio in Iran, in Persia, come si chiamava. Bene, quando gli ebrei tollerano di meno, per ragioni molto complesse, la loro condizione di dominati, che hanno sempre sopportato fino a quel momento e cominciano a ribellarsi contro questa condizione, ebbene dall’altra parte il dominante, ovvero l’arabo, l’arabo-musulmano non può accettarlo. Perché? Perché tutti i suoi edifici psicofisici, sono costruzioni mentali se preferite, si basano sulla dominazione del dominato. La dominazione del dominato è qui il cristiano, l’ebreo ovunque, la donna…il dominio sull’ebreo e sulla donna hanno un rapporto molto stretto. Bisogna riflettere costantemente sul fatto che queste società che sono violentemente antisemite, dove le donne vivono in condizione di sottomissione sono anche delle società violentemente misogine. Vanno insieme. Non ho il tempo di svilupparlo ma lo trovate nell’antisemitismo europeo, in occidente sappiamo che le correnti più antisemite sono anche animate dall’odio verso la donna.

Ebbene in un’economia psicofisica arabo-musulmana, fondata profondamente sulla tradizione del Corano, cioè non soltanto sul Corano ma sull’Hadīth, su “come i primi padri”, sulla Sunna, sulla tradizione, sulla Sirrah, sulla “vita del profeta”. Abbiamo termini da tutta la teologia arabo-musulmana, a partire dal Corano, un libro creato, in cui non c’è la parola di Dio, dunque non si può mettere in discussione. Non è la Torah, un tempo nell’ebraismo si poteva discutere sul testo del Talmud, commentare quella legge scritta, al contempo nell’Islam non si può discutere il testo.

Dunque è a partire dal momento in cui nella tradizione arabo-musulmana, la dominazione degli ebrei viene scritta nel testo stesso, che si crea anche la parola stessa di Dio…ebbene quando i dominati, che siano donne, che siano ebrei, cominciano a scuotersi da questa dominazione, a non sopportarla più, il dominante diventa pazzo nel vero senso della parola. Pazzo di violenza. Crollano tutte le sue costruzioni mentali e non riesce ad accettarlo, se volete si può comprendere molto bene. A partire da questo momento, quando il dominante non può accettare la rivolta del dominato, e dico che il dominante diventa pazzo nel vero senso della parola, tanto più si è nelle società arabo-musulmane che non danno alcuno spazio alla diversità, l’altro non esiste. Ecco l’economia psicofisica arabo-musulmana: non c’è spazio per l’altro. Non esiste alcuna identità che non sia coranica e domani il mondo intero sarà chiamato a diventare musulmano. Inoltre noi siamo nati tutti musulmani, se oggi non lo siamo è perché i nostri genitori ci hanno lasciato il diritto di vedere il modo giusto in cui Dio ci ha fatti nascere. Bisognerebbe sviluppare ogni diversa apologia arabo-musulmana per capire bene cosa succede con le donne, con gli ebrei e con le altre minoranze e che cosa succede con l’Europa, ma non è l’argomento di questa mattina.

Bene, questo è il primo punto. Dunque in un’economia psico-fisica arabo-musulmana, basata sulla sottomissione del soggetto ebreo, l’emancipazione degli ebrei è impossibile. E’ impossibile. Quindi dal momento che l’emancipazione è impossibile perché il rischio è di sconvolgere profondamente i parametri del dominatore, quindi nel momento in cui il termine di riferimento è sconvolto da questa violenta dominazione,  effettivamente a questo punto le cose si mettono male per gli ebrei. Agli ebrei che cosa resta da fare? Andare via. Non resta alcuna uscita di sicurezza, solo la partenza. E questo spiega perché negli archivi del mondo arabo-musulmano, nelle relazioni che avete dagli ebrei, trovate molto spesso l’osservazione fatta da dirigenti arabi: “con gli ebrei è andato tutto bene ma da 10, 15, 20 anni riteniamo che siano diventati arroganti, sono cambiati, non li si riconosce più.” Perché arroganti? Vuol dire questo. Quando gli ebrei pretendono di essere uguali agli amici musulmani, diventano arroganti. E se diventano arroganti, escono da quel percorso che è normalmente di un amico, cioè da un percorso inferiore, dominato, e quindi è permesso usare violenza contro di loro. Dunque per un ebreo che capisce progressivamente che cosa sta succedendo, non c’è altra soluzione che la partenza verso un luogo o un altro. Ecco le ragioni di fondo che spiegheranno le partenze a partire dagli anni ‘20, ’30 e ovviamente la situazione  peggiorerà con il conflitto in Palestina-Israele, naturalmente. E si aggraverà ulteriormente quando la Palestina si accorgerà che sta accadendo esattamente il contrario.

Gli ebrei in quella che consideravano la loro patria si comportano da padroni e per un soggetto arabo-musulmano è qualcosa d’insopportabile, totalmente insopportabile… dato che già si comportano da padroni, semplicemente per un’autostima del proprio in quanto cittadini, e affermano che questa terra è ebraica e anche loro faranno la loro patria, mentre sapete che nella teologia musulmana, qualsiasi terra che è stata in passato musulmana, rimane musulmana per l’eternità. Di conseguenza è proibita anche ad Israele.

Quindi è questa la ragione di fondo, nel mondo  arabo l’ebreo è un dhimmi. Che cos’è un dhimmi? Un dhimmi è un protetto, la dhimma è uno statuto di protezione. Vale è a dire che secondo la teologia musulmana, se ti è proibito praticare le religioni del Libro, cristianesimo e ebraismo, l’Islam ti protegge, ti lascia praticare il tuo culto alla condizione di rispettare un certo numero di regole, di leggi e di pagare due tasse supplementari: un’imposta sulla terra e un’imposta sulla persona. Se queste condizioni sono soddisfatte, puoi praticare la tua religione. Non si cercherà di convertirti per forza. Per contro, per i pagani, che non appartengono alle religioni del Libro, è conversione o morte.

Per gli ebrei e i cristiani succede questo, un dhimmi è un protetto. Ma a partire dal momento che è un protetto, è inferiore. Se sono protetto dal mio vicino, sono inferiore. Se ho bisogno di proteggere stiamo escludendo soprattutto, quando si parla di protezione bisognerebbe sempre aggiungere questo. Se devo essere protetto, ma da chi? Beh la risposta è semplice. Essere protetti dalla violenza arabo-musulmana. Se penso che pagherò, se penso che rispetterò le regole vincolanti che mi pongono, allora sarò protetto, da lui, dalla sua violenza. Questa è la protezione. Protezione di cosa?

E’ esattamente dal momento in cui gli ebrei cominciano ad emanciparsi con la scuola; a partire dal 1960-70 che si emancipano, che si occidentalizzano, che progressivamente hanno famigliarità con il grande pensiero europeo del XVII secolo, del XVIII secolo, del secolo dell’Illuminismo, che a scuola hanno imparato che c’è stata la Rivoluzione Francese – Liberté, Egalité, Fraternité – le idee degli emancipatori, la dichiarazione dell’uomo e del cittadino, non diritti francesi, questi sono i diritti dell’uomo e del cittadino. La Rivoluzione Inglese. E’ universale questa Rivoluzione Francese che vuole parlare a tutti gli uomini, non solo ai francesi. Ebbene a partire dal momento che i bambini del Marocco, Algeria, Tunisia,  Libia, Egitto, Siria, Irak,  Libano, eccetera, dappertutto entrano in contatto con queste idee, saranno difficilmente in grado nell’età adulta di ritornare alla vecchia dominazione e a essere considerati meno che niente, soggetti completamente dominati. E quindi che cos’è esattamente la condizione degli ebrei in terra araba fino alla metà degli anni ’20? E’ una condizione dominata. E’ una condizione dominata in cui c’è una parola che ritorna in tutti gli archivi, è la parola “paura”, la paura. La paura è onnipresente.

Sono rimasto colpito leggendo alcune pagine del libro di Colette Shammah. Ho letto una ventina di pagine in francese, e sono rimasto colpito alla 12a pagina leggendo “tutta la mia vita è stata scolpita dal timore e dalla paura”. Esattamente la stessa cosa che dicono gli archivi. Dunque un clima costante di paura. Per esempio Albert Memmi, proprio tunisino, uno dei migliori sociologi, uno dei migliori pensatori della condizione degli ebrei in generale e, tra di loro, della condizione degli ebrei in terra araba. Racconta della sua infanzia da ebreo in Tunisia nel 1920. Racconta la sua infanzia nel quartiere povero di Tunisi, la Hara. E che cosa dice nel suo La statue de sel, ma lo dice più tardi, e lo dice ancora fino ad oggi: “vivevamo in uno stato costante d’insicurezza, avevamo sempre paura”. E’ vero, in quel momento gli ebrei non sono gli unici ad essere dominati in questo mondo arabo-musulmano ma lo sono più degli altri. Perché? Perché non hanno nessuna protezione supplementare. Per esempio nel mondo arabo-musulmano i cristiani sono dominati – in Siria sono stati dominati, in Iraq, in Egitto con i copti e tutto – ma c’è la protezione occidentale che viene ad essere uno sbarramento, se volete, a fare da giudice. E’ da Francesco I, dal XVI secolo, che ci sono state capitolazioni, per contro nessuno proteggeva gli ebrei, sono soli di fronte all’arbitrio musulmano, soli di fronte all’arbitrio musulmano sulle leggi del Corano.

E quindi la progressiva liberazione su 40, 50, 60, 70 anni di storia, tutto ciò è molto lungo, le condizioni si trasformano lentamente. Questa liberazione molto graduale del soggetto ebreo rifiuta il solito coinvolgimento. Il fatto che la società araba, il contesto, descriverà gli ebrei come arroganti, semplicemente perché affermano il loro orgoglio, tutto qui, né più né meno, che hanno dovuto dare il consenso alla loro partenza, perché non sarebbero stati fedeli ad ogni costo. E quando gli ebrei saranno partiti, nel mondo arabo-musulmano si dirà degli ebrei: “ci hanno tradito, ci hanno creato problemi, li abbiamo accolti quando sono stati espulsi dall’Europa cristiana, non sono stati riconoscenti verso di noi e abbiamo dovuto dare il consenso alla loro partenza. Perché in quel momento, il mondo arabo-musulmano affronterà la questione di sapere che cosa ha potuto esserci nel proprio atteggiamento che ha spinto gli ebrei alla partenza. E questo è logico, dato che fino a quel momento non c’è stato posto per l’altro non c’è neanche spazio per le domande. Se non c’è spazio per le domande, se non c’è spazio per l’altro vuol dire che tutto ciò che ci succede non sarà mai per colpa nostra ma sarà sempre per colpa degli altri, quindi siamo vittime per definizione. Siamo vittime dalla nascita e per definizione. E dal momento che ci si pone come eterne vittime, non ci sono domande da farsi, tutto il mondo ha torto, tutto il mondo è responsabile, noi non lo siamo, loro lo sono per definizione. A partire da questo momento non si capisce assolutamente più come mettere la storia.

Concretamente a partire dagli anni ’20 questi ebrei del mondo arabo sanno che un giorno o l’altro i paesi arabi colonizzati – e lo sono tutti, tranne l’Arabia Saudita e lo Yemen, sono tutti colonizzati – arriveranno all’indipendenza. Sanno molto bene che un giorno o l’altro arriveranno all’indipendenza. Non in Algeria, perché l’Algeria era forte di quell’illusione della colonia francese, ma altrove è chiaramente stabilito. Come reagiscono le comunità ebraiche? Reagiscono con la paura. Questo è ciò che è sorprendente. Queste comunità sono indigene, sono nate nel paese, sono anche anteriori all’arrivo dell’Islam, anteriori all’arrivo degli arabi, il più delle volte, sono lì da tutta l’eternità nel Maghreb con i Berberi, per esempio. Sebbene siano autoctoni, questo è ciò che colpisce, appartengono a un’altra razza, a un’altra etnia, se preferite, gli ebrei non sono arabi, sono ebrei, di cultura araba e ebraica. E cosa spiega che questi ebrei che sono stati a lungo ebrei-arabi non possono più essere degli ebrei-arabi perché gli arabi non li vogliono più? D’ora in poi voi non siete arabi. Sì saranno ancora arabi, non di colpo…a partire dagli anni’30-’40 non si potrà più dire “siete degli ebrei-arabi” si dovrà dire ”siete degli ebrei di cultura araba” che è diverso.

Dunque questa è la prima ragione, c’era molto nazionalismo arabo e riforme etniche molto europee a quel tempo, molto influenze dall’Europa, e tra loro molte dal centro-Europa, dalla Germania, il che non era positivo. C’era una vera attrazione per la Germania nel nazionalismo arabo, dal Marocco all’Irak, non per il nazismo ma per la Germania all’inizio, per poi forzare a e arrivare alla deriva del nazismo. Ci sono delle eccezioni in Tunisia; Bourguiba che rifiutò qualsiasi collaborazione con il nazismo, o in Algeria con Messali Hajj, il vero padre del nazionalismo algerino, a parte ciò c’era molta simpatia, un sacco di connivenze. Primo punto.

E secondo punto. Per capire il nazionalismo arabo che spingerà gli ebrei a partire, all’esodo: gli arabi non li considerano esattamente arabi…nel nazionalismo arabo c’è un substrato sociale molto importante. Il mondo arabo-musulmano si era progressivamente destrutturato, cosa banale in tutte le società: le acque reflue urbane, il mercato urbanistico, le bidonvilles…ciò  creerà un’intera massa di popolazione piena di rabbia. Vi è anche tutta la modernità occidentale penetrata attraverso la colonizzazione. E questa modernità occidentale che trasferirà il mondo tradizionale, che è un mondo verticale, in cui il padre di famiglia è il re in tutti i sensi. E’ un mondo segnato dalla dominazione maschile. Ebbene, più questo mondo arabo-musulmano sarà influenzato dalle idee dell’Europa, in linea di massima dall’occidentalizzazione, più la dominazione maschile comincerà a perdersi, a indebolirsi se preferite. E questo è un automatismo naturale per alcuni. Quindi contemporaneamente, ci sono donne che stanno iniziando a emanciparsi, che non indossano più il velo, nella borghesia irachena, nella borghesia siriana, nella classe media dell’Egitto del 1920… Ma ci sono anche gli ebrei che stanno iniziando a emanciparsi, a dire di non essere cani, una parola che spesso ritorna nel vocabolario del mondo arabo, costantemente … alle dimostrazioni a Giaffa, a Gerusalemme nel 1920-21 lo slogan non sarà “morte ai sionisti”, ma “Alyahuda Kalabna” (gli ebrei sono i nostri cani). Ritorna costantemente, questa idea del cane. Gli ebrei che dicono che non lo sono… non siamo cani, non siamo i vostri cani, le donne che dicono di essere alla pari, c’è un mondo maschile che sta iniziando ad indebolirsi. E c’è anche un terzo fattore sociale che gioca. È che la scuola avvantaggia gli ebrei, che sono quasi due generazioni in anticipo rispetto ai giovani arabi. Questo enorme divario di due generazioni comincia ad essere colmato da un’élite araba che anch’essa va a scuola: che inizia a frequentare la scuola, il college, il liceo. Inizia a formarsi negli anni Trenta una piccola élite araba che prenderà la maturità, che studierà medicina, ingegneria, giurisprudenza e che quindi si troverà in diretta concorrenza con la minoranza ebraica. La minoranza ebraica è due generazioni avanti in Marocco, Libia, Egitto.

In tutto il mondo arabo la causa palestinese cominciò ad essere conosciuta dal 1929 e per il mondo arabo è una costante mobilitazione. Perché? Probabilmente per diversi motivi. In primo luogo, perché la Palestina rappresenta una sorta di simbolo del colonialismo puro – per sapere: gli ebrei arrivano in Palestina dove traggono beneficio dalla dichiarazione di Balfour, che è una dichiarazione colonialista, si impossessano della terra di un popolo arabo-musulmano qualunque, due strade a metà, e inoltre sono ebrei, cioè le peggiori creature, i cani. Quindi qualcosa di insopportabile.

Secondo: ciò mostra l’automatismo coloniale, è il colonialismo che continua attraverso gli inglesi. Nessuno degli inglesi rappresentava il sionismo. Terzo: la Palestina è anche ad un passo dalla libertà di espressione. Perché? Perché nel mondo arabo, assolutamente rigido, non c’è libertà di espressione, perché sono semplici colonie, in definitiva sono società tradizionali tribali, società molto autoritarie. E nelle società arabe indipendenti, come l’Arabia Saudita o lo Yemen, non c’è assolutamente libertà, nessuna. In queste società dove non c’è libertà di parola, nessun dissenso possibile; l’unica contestazione possibile, l’unico ambito che ti permette di aprire bocca e affermare la tua rabbia è la Palestina. Come dire… la Palestina diventerà il mezzo di espressione di ogni malcontento. Si rivendica la libertà della Palestina, le masse arabe rivendicavano il libero mondo arabo. La Palestina diventerà il simbolo della loro richiesta di libertà. Il che spiega il ritorno di un’ incredibile cristallizzazione delle frustrazioni arabe. In effetti si chiede la libertà per i palestinesi, ma è anche per loro che la rivendicano, la libertà per se stessi.

Ma c’è anche qualcos’altro, se la Palestina consolida così tanto gli animi è perché con il sionismo ciò che il mondo arabo vede è che si ha a che fare con ebrei che sono cambiati, che sono diventati arroganti, che si sono emancipati.

E questo è insopportabile, come ho detto prima in molti paesi l’emancipazione delle donne è qualcosa di inammissibile. Penso allo spirito del padre del nazionalismo algerino, non è molto conosciuto, è l’intellettuale che ha influenzato maggiormente il nazionalismo algerino, si chiama Malek Bennabi. E Malek Bennabi nella storia della sua vita racconta – è nato nel millenovecento, millenovecento non so – racconta che molto presto vide ciò che il mondo moderno era e il mondo moderno secondo lui era instabile. Era essenzialmente 4 cose: l’occidentalizzazione, il dollaro, l’emancipazione delle donne e degli ebrei. È sorprendente perché Malek Bennabi, che è un intellettuale molto intelligente, dice chiaramente che è una vera frustrazione: e l’uomo moderno, e l’emancipazione delle donne e il capitalismo – che è in realtà un universo di oppressione ma anche di libertà perché li si scambia – e l’emancipazione degli ebrei.

Quindi la Palestina sarà la cristallizzazione di tutti questi risentimenti e di colpo emergerà. Il nazionalismo arabo diventa sempre più etnico, è l’amore più antico per la Palestina, la Palestina è senza ebrei. E la Palestina senza ebrei è uno stato etnico impuro. Cos’è la Palestina senza ebrei? E’ uno stato non puramente etnico. E’ come condannare l’Europa al razzismo. Siamo davvero alla presenza di un movimento in cui si manifesta il razzismo.

Quindi era ovvio che in Palestina, il risentimento contro gli ebrei è aggravato, perché tutt’intorno alla Palestina il colonialismo sta cedendo. L’Iraq è indipendente dal 1932. L’Egitto ha strappato concessioni dai colonizzatori britannici dal 1922 e, in teoria, diventa indipendente. La Siria sotto il colonialismo francese ha strappato le concessioni francesi, anche il Libano, dagli anni ’30. Solo la Palestina non si sblocca, a causa del mandato britannico. Quindi la Palestina, se volete, è il ricettacolo di tutte le tensioni del mondo arabo. E questo spiega perché là esploderà un vero e proprio altoforno rovente. Ma ancora una volta questo non sarà il richiamo di sfondo alla partenza, sarà l’acceleratore della partenza. Le cause profonde del proprio bene interiore.

E poi, indubbiamente, durante un periodo di calma relativa, perché c’è la guerra, e i colonizzatori francesi nel Maghreb o inglesi in Egitto stanno per imporre una direzione in Palestina, stanno per imporre una direzione di ferro, non c’è il minimo di contestazione… E se tutte le guerre finiscono nel ’45, e la Palestina diventa quasi un problema per gli inglesi – e se ne libereranno, perché è un conflitto nazionale tra due popoli e non sanno più come gestire la fine di questo conflitto – e quindi poi sarà l’ONU che prenderà in carico la questione della Palestina e poi un bel giorno la questione si sposta, non sarà la questione dei sionisti ebrei in Palestina e degli arabi palestinesi che stanno combattendo per la stessa terra, si arriverà alla domanda quotidiana del mondo arabo, perché l’intero mondo arabo attraverso la Lega Araba, che è stata appena creata nel 1945, l’intero mondo arabo considera che gli ebrei del mondo arabo tutti insieme siano tutti una quinta colonia sionista. Vale a dire, stranieri nel loro stesso paese, dunque traditori che saranno in debito sulla loro testa del dolore che passeranno in Palestina. E lo dicono chiaramente, non è affatto sulla stampa, è alla tribuna delle Nazioni Unite in cui c’è la postazione della Lega Araba, i leader lo dicono nel ’45, ’46, ’47: “In Palestina, semmai, ciò che sta accadendo sulla strada per la creazione dello stato ebraico, sono gli ebrei di qui che lo hanno voluto un pò. In effetti, succederà.

Poiché i pogrom iniziano già dal ’45 in Libia e poi si propagano in Siria nel ’46, nel ’47 anche in Egitto. Nel ’47 ricominciano con estrema violenza in Yemen e in particolare in Libia, nel ’48 toccano persino il Marocco, che è arabo, è arabo-francese, a Jerada, a Oujda, nell’est del Marocco. E il risultato è l’inizio dell’esodo degli ebrei dal mondo arabo.

Questo è tutto, posso fermarmi.

 

DOMANDE E INTERVENTI:

D: Lei ha usato due termini; antigiudaismo  e antisemitismo. Vorrei sapere quale definizione da a questi due termini. Si può parlare di antigiudaismo arabo? Perché secondo noi l’anti-giudaismo  è cristiano, è collegato alla visione cristiana e cattolica del mondo ebraico.

GB: Ho usato questi due termini per comodità. Non credo che la parola antisemitismo debba avere paura dell’antisemitismo … la ragione è che nel mondo attuale conosciamo solo questa parola, anche antigiudaismo suona male. L’antisemitismo, si sa, è una recente parola tedesca, basata sull’idea che gli ebrei sono una razza a parte. Non è così assurdo, signore. Gli ebrei sono un popolo, una cultura, una religione, non sono un ramo, sono un gruppo biologico. Ed è ancora più vero per chiunque voglia diventare ebreo. Quindi il termine anti-giudaismo è più corretto. Antigiudaismo, a priori, significherebbe: odio per l’ebraismo. Non è del tutto giusto, l’antigiudaismo è prima di tutto l’odio per gli ebrei. E, dell’ebraismo. Quindi possiamo parlare di antigiudaismo arabo, arabo musulmano. Una seconda ragione per cui dobbiamo evitare la parola “antisemitismo”, ancora di più quando parliamo del mondo arabo musulmano, perché sarebbe del tutto evidente che gli arabi sono semiti, non possono essere antisemiti. Ovviamente si tratta di una parabola, di un sofisma, di una parafrasi, anche se comunque dobbiamo prestare attenzione. Credo che l’anti-giudaismo o la giudeofobia siano vecchi termini rigirati … giudeofobia è un vecchio termine. Una parola riutilizzata in sottofondo prima di tornare in Francia. È una parola non certo utilizzata con le pinze alla partenza del sionismo, giudeofobia. E’ il motivo per cui penso che la giudeofobia sia il timore degli ebrei, ma è anche l’odio per gli ebrei, quindi l’anti-giudaismo. Credo che queste due parole siano le più appropriate. Quindi , insisto, che c’è un antigiudaismo arabo nella tradizione musulmana, arabo-musulmana. Non solo nel Corano, tutti lo sanno, ma nella legge coranica, nello Hadith, eccetera, eccetera.

D: Allora io ho una domanda, ho tante domande, ma una molto contemporanea. Nello scenario contemporaneo molto spesso si tenta di proporre una comparazione tra giudeofobia e islamofobia. Qual è la tua posizione su questo argomento, che è un argomento chiaramente politico e non storico.

GB: Quando diciamo giudeofobia, quando diciamo antigiudaismo, diciamo che solitamente giudeofobia significa paura degli ebrei e odio per gli ebrei. La parola islamofobia fu coniata in Francia da musulmani di un’organizzazione islamica, ovvero da un’organizzazione militante dell’islam salafita, dell’islam politico. E islamofobia, se prendiamo il termine esatto, se lo analizziamo in francese o italiano, significa paura dell’Islam. La paura dell’islam può essere del tutto legittima. Potremmo avere paura di una religione, potremmo avere paura di un’ideologia, potremmo avere paura dell’ebraismo, potremmo avere paura del cristianesimo. Non è razzismo perché non è paura dei musulmani. Quindi l’islamofobia non è un razzismo anti-arabo. Se diciamo che esiste il razzismo anti-arabo, è vero che esiste il razzismo anti-arabo, ma l’islamofobia è la paura di una religione che è di per sé totalmente legittima. Hai il diritto di avere paura di una religione, specialmente quando assume i volti di una religione conquistatrice, universale, violenta in certi casi, delirante e che avanza con la conquista e il massacro. Oggi, a meno di non essere completamente ciechi, lo possiamo affermare. A meno che tu non sia bloccato da un politicismo corretto. Quindi l’Islam può fare paura, può fare paura legittimamente, non è un crimine avere paura dell’Islam. L’islamofobia non è un reato. Ma ovviamente quelli che l’hanno coniato, per equiparare l’islamofobia all’antisemitismo, lo dicono: “è un razzismo”. No, tra musulmani avere paura dell’islam non è razzismo. Posso avere paura della religione musulmana senza odiare i miei vicini musulmani. Due cose diverse. Ovviamente stanno cercando di creare confusione.

D: Forse è giusto dire una parola sul silenzio di oggi, su questa storia, penso che l’Olocausto abbia completamente cancellato questa storia. Quindi non sappiamo spiegarci come mai anche nei seminari dei convegni non sia un soggetto che affascina, ma nonostante ciò riusciamo ad affrontare tematiche a cui le persone sono interessate….

GB: Sì, è vero. La vecchia ragione potrebbe essere quella già detta, quando si parlava solo di ebraismo ashkenazita … Come in Israele, lo stato di Israele, sostanzialmente è basato sul mondo ashkenazita, anche se il mondo orientale sefardita aggiunge un ruolo molto positivo, ma spesso inferiore, di chi non ha visto succedere, di chi non poteva capire. Quindi questa è la prima ragione per cui tutti gli ashkenaziti non hanno considerato ciò che stava accadendo nel mondo orientale con molto interesse. E da qui arriviamo all’aspetto della Shoah. L’aspetto della Shoah è così grande nella storia ebraica di oggi che sovrasta tutto. Questi sono passaggi. Quindi annienta tutte le storie ebraiche una ad una, ossia oggi per la maggior parte degli ebrei non c’è la storia ebraica. La storia ebraica è Auschwitz. Tutto ciò che precede: tutta la civiltà ebraica, le lingue, la cultura, la teologia, la filosofia, la letteratura … precede, o praticamente scompare. Questo spiega che il grande storico del giudaismo Yosef Hayim Yerushalmi si rifiutava di parlare della Shoah. Si domandava “ma perché?” Diceva: “perché mi rifiuto di insegnare il modo in cui gli ebrei sono morti a studenti che non sanno nulla di temi emotivi personali”. Quindi penso che la seconda ragione più corretta sia che la Shoah ha distrutto tutto, la storia ebraica è morta e inevitabilmente la storia ebraica del giudaismo orientale, Mizrahim, Sepharade, eccetera. Oltre a ciò, non possiamo dimenticare per un verso, un buon antigiudaismo ashkenasita, in dimensione di disprezzo, non solo di razzismo, verso l’ebraismo orientale, specialmente in Israele non appena arrivarono. Di veccia data, inizia nel 1848, gli ebrei yemeniti arrivarono nel 1882, furono ricevuti molto malamente, molto, molto male…dal mondo ashkenazita.

Da sapere, altre ragioni che non appartengono affatto al mondo ebraico, ci sono le ragioni che valgono per l’Occidente. In particolare, la sinistra culturale che domina ampiamente l’Europa occidentale. La sinistra culturale domina, questo partito dell’ideologia, questo partito dell’ideologia dominante, in particolare l’area contrassegnata dalla visione di sinistra. E alimenta una vecchia colpa coloniale, che considera che chi colonizza perché è stato dominato, perché ha sofferto, è per definizione una vittima, quindi una vittima è sempre innocente. E ha difficoltà a concepire che una vittima possa essere anche un colpevole e che non è perché si è vittima non si possa avere due ruoli allo stesso tempo. Quindi hanno difficoltà a concepire che il mondo arabo possa essere dominato, schiacciato e vittima del razzismo, e che possa essere allo stesso tempo razzista, prepotente e schiavista. Quindi il risultato è che nella storia occidentale abbiamo delle presentazioni contraddistinte da questa colpevolezza, questa prepotenza coloniale che riporta stupide storie. Ad esempio, sulla tratta da parte degli arabi musulmani che passò sotto silenzio, ma allora la tratta cristiano-atlantica che qui durò secoli? Nonostante il commercio arabo-musulmano sia durato per secoli, il commercio atlantico è il solo a essere messo in evidenza, anche se  la tratta arabo-musulmana è passata sotto silenzio e a volte vi viene detto che è per non gravare sui figli di immigrati che sono già vittime e che soffrono molto. È una narrazione completamente calcolata.

Ci sono ragioni che si legano in modo più specifico alla sinistra. È con l’immigrazione dai paesi musulmani in Europa che la sinistra europea diventa una faccenda francese – secondo me, perché vivo in Francia, non so come sia qui, non conosco la situazione italiana, ma in Francia è davvero quello che succede – la sinistra francese che da molto tempo è diversificata: la vecchia classe popolare, la classe operaia, gli impiegati, la classe più bassa della società francese. La sinistra francese, o parte della sinistra francese, ha visto negli immigrati il nuovo proletariato messianico. La nuova classe che ha fatto irruzione e che vuole fare la rivoluzione a partire da un mondo tutto nuovo. Quindi questo è l’immigrato per definizione, chi entra è una vittima perché è un immigrato e perché è figlio di colonizzati e quindi innocente per definizione perché è una vittima, ovviamente non siamo molto lontano nell’ attribuire una responsabilità a qualcuno nella tragedia degli ebrei in Oriente e almeno alla spinta di antisemitismo. Perché esso stesso afferma il razzismo. Questa dell’occidente è una curiosa rappresentazione mentale che ha ragioni di fondo che portano a dimenticare questa storia degli ebrei del mondo arabo.

I: se posso aggiungere una nota meno triste … un altro aspetto della vittimizzazione araba oggi in Israele è nell’alimentazione … quando ero in Israele c’erano solo ashkenasiti e si mangiava molto male! Oggi grazie ai Sepharades e ai Mizrahim,  si mangia molto meglio! E io sono tunisino e sono nato a Tunisi e la shakshuka è assolutamente un piatto orientale, e quindi i palestinesi accusano Israele di rubare il loro hummus e tutti i piatti ….. è la verità! Ma Israele nega, perché gli ebrei sono un po’ arroganti, lo sappiamo.

I: Il fratello di mia mamma, Haim Abravanel, ha avuto la Legione d’Onore per aver portato l’Alliance Francaise, a Tripoli, ha fatto la scuola, era il direttore della scuola dell’Alliance Francaise.

GB: In che anno?

R: Non so in che anno, è vissuto fino al ’75, così…fino a quando siamo arrivati qua. Però la ha avuta molto prima, negli anni ’50.

D: Quando iniziano a sparire le scuole da lì?

GB: Scompaiono con alcuni commerci arabi, in Iraq per esempio c’è stata una rete molto forte dell’Alleanza, quando il paese diventò indipendente il vento cambiò per chi aveva la nazionalità della scuola. A poco a poco, quindi, i programmi furono arabizzati, oppure furono reimposti gli insegnanti dei musulmani … e con la partenza, ovviamente, le scuole dell’Alliance divennero del tutto ingiustificate. Anche in Marocco le scuole si sono arabizzate ma ce ne sono ancora, una volta ce n’erano una trentina, ci sono circa due EITIA, la rete EITIA.

D: Ma sono frequentate da ebrei?

GB: Sono frequentate dai pochi ebrei rimasti ma soprattutto dai musulmani. Ma il direttore, ad esempio, è di Casablanca, ed è ebreo. Ma l’80% degli studenti è musulmano. Saranno figli dell’élite. L’élite della borghesia locale che manda lì i figli. Insomma, le scuole sono quasi tutte scomparse.

D: E non sono mai stati attaccate con attentati?

GB: Per quanto ne so, no. So solo che ci sono state minacce nelle scuole dell’Alliance, ma spesso servivano da rifugio prima dell’indipendenza. Spesso servivano da rifugio per gli ebrei o anche per gli europei, che potevano essere stati perseguitati su richiesta di qualcuno. È spesso nei locali dell’Alliance che le persone si rifugiavano. Nonostante un certo timore per loro, i rivoltosi non conoscono la differenza tra la scuola dell’Alliance e il vicino legame ebraico. Ad esempio a Fez nel 1912  si svolse un pogrom terribile. A titolo di esempio,  per chi non conosce affatto la storiografia, in ogni caso conosce il Farhoud di Baghdad nel ’41. È più noto, ma il pogrom di Fez fece circa 150 morti, 600 feriti, eccetera. Il pogrom di Fez, lasciò l’intera popolazione ebraica nella miseria totale. Gli ebrei furono salvati dall’esercito francese insorto in Marocco…

D: Nel 1912 non c’era nemmeno la prima guerra mondiale, quindi quale era la causa?

GB: La causa è la colonizzazione francese, la ripicca. Dinanzi all’arrivo dei colonizzatori francesi la folla araba combatte contro gli ebrei. Sono provati dall’arrivo dei colonizzatori francesi, solo che gli ebrei sono facili da attaccare, i francesi meno.  Dunque è l’incubo di questo quartiere ebraico, la furia,  tutti i locali dell’Alliance vengono saccheggiati. E il direttore dell’Alliance, che si chiama Malet, credo, ed è grazie a lui che sappiamo esattamente cosa è successo. Sulla base anche delle testimonianze degli ufficiali francesi che raccontano esattamente cosa è accaduto: i rivoltosi si aspettavano che lui sarebbe scappato – molti direttori di scuola furono uccisi – anche lui stesso si aspettava di essere ucciso, alla fine ci è andato molto vicino. Quindi anche i locali dell’Alliance sono stati devastati.

D: In ogni caso bisogna sempre guardare ad entrambi i livelli: il livello della Hara dove c’erano questi pericoli e il livello della borghesia, come dici tu, in cui la vita era abbastanza pacifica. Piacevole. E le notizie che ho, su ciò che ho sentito da mia madre, è che c’erano ragazze arabe nella sua classe a scuola, che indossavano il velo per strada e i francesi le costringevano a lasciarlo all’ingresso della scuola, perché nelle classi ovviamente tutte le ragazze dovevano essere uguali. Quindi c’erano davvero due livelli.

GB: Inoltre, spesso in queste famiglie della borghesia i bambini conoscevano poco l’arabo, mentre i bambini della Hara lo parlavano bene naturalmente.

D: No, no, nella mia famiglia: mio nonno parlava solo arabo, il resto della famiglia parlava francese.

GB: E quindi devi aver visto, l’occidentalizzazione dei nomi. Un nome come Mardochai che diventa Maurice.

D: Ma è successo anche in Italia, se vuoi. A Livorno i primi nomi divennero italiani. Nel nazionalismo italiano del 1800, era lo stesso. C’erano i sefarditi che parlavano spagnolo e portoghese. È un passato che nella mia famiglia è stato completamente dimenticato e sono solo io che sto cercando negli archivi. Parlavano spagnolo ed erano davvero una nobiltà sefardita che divenne italiana. Questa cultura è completamente scomparsa.

Grazie.