6 Marzo 2016

Sarcasmo innervato di antisemitismo

Fonte:

La Repubblica edizione di Firenze

Autore:

Giorgio Bonsanti

La confusione fra sarcasmo e razzismo

Questo giornale ha dato conto dei cori antisemiti rivolti al giornalista David Guetta; un antisemitismo cialtrone, “da stadio”. Ma esistono altre forme di antisemitismo, più subdole e insidiose perché provenienti da ambienti dai quali non te le aspetteresti, se non altro per ragioni culturali.

Nel corso di una conferenza tenuta alla Biblioteca Nazionale nel Giorno della Memoria, il musicista Mario Ruffini ha portato a conoscenza di alcune pagine indecenti contenute nel recente libro del critico musicale Paolo Isotta (già al Giornale e al Corriere della Sera, oggi al Fatto Quotidiano) intitolato La virtù dell’elefante. L’autore scrive, a un certo punto, di persone importanti nella cultura musicale fiorentina: il compositore Luigi Dallapiccola e il musicologo Sergio Sablich; istriano il primo ma vissuto a Firenze dal 1922, fino alla morte nel 1975; nato a Bolzano il secondo da genitori esuli fiumani, ma fiorentino da quando aveva un anno, nel 1952. Del primo, Isotta deride la bassa statura. Del secondo, che non nomina mai (et pour cause), ricorda la fama di iettatore “che portò sventura a se stesso” ( Sablich mori a cinquantatré anni, nel 2005, di un ictus, che “ci privò della gioia di frequentarlo”). Ma fra queste due raffinatezze, Isotta ne infila un’altra. Di Laura Coen Luzzatto, moglie di Dal-lapiccola, epurata dalla Biblioteca Nazionale di Firenze per le leggi razziali e reintegrata dopo la guerra, scrive: “La moglie era orrenda quanto il marito. Era anche un’ebrea col complesso dell’ebraicità”. Quell’ “anche” è per me, come si dice, un poema. Non solo era proprio brutta, ma per di più era anche ebrea. Non ho ben chiaro che cosa intendesse di preciso Isotta con quella frase, ma una cosa è certa, che si tratta indiscutibilmente di un’espressione di antisemitismo. Già lo sarebbe la semplice attribuzione di ebraicità a una persona, se non richiamata con rispetto e in quanto specificamente funzionale ad un inquadramento storico; perché mai ci si dovrebbe sentire autorizzati a menzionare un’appartenenza del genere? Ciò detto, va aggiunto che la questione è ancora più complessa, e oltre a Isotta qualcun altro ci ha messo del suo. Il libro è pubblicato dalla casa editrice Marsilio di Venezia ( nella prefazione, Isotta si vanta ch’esso in precedenza era stato rifiutato da sei editori). Ad una mia mail indignata, l’editor Andrea Romano, deputato già di Scelta Civica e oggi del PD, ha risposto di ritenere “un gesto inqualificabile il Suo confondere la polemica – anche sarcastica – di un noto critico per razzismo anti-ebraico e intimare all’editore una censura…con lettere come la Sua è certamente inutile polemizzare”. Questa confusione fra sarcasmo ( nemmeno particolarmente raffinato, come si è visto) e razzismo antisemita mi preoccupa: possibile che una persona di politica e di cultura non riesca ad operare una distinzione che a me pare addirittura ovvia? Il problema esiste, e non può chiudersi senza un ripensamento, una presa di distanza, un’azione riparatrice.