11 Marzo 2015

L’europarlamentare Cécile Kyenge commenta alcuni episodi di discriminazione e razzismo avvenuti nelle ultime settimane

Fonte:

la Repubblica edizione di Bologna

Autore:

Caterina Giusberti

La Kyenge: “Attenti, il razzismo è nei dettagli”

Il razzismo è una questione di dettagli, di associazioni ” mentali sbagliate che rischiano di passare inosservate, ma sono molto pericolose: come quella tra la sicurezza e il colore della pelle». L’europarlamentare Cécile Kyenge commenta gli episodi avvenuti nelle ultime settimane all’Arteria e documentati da Repubblica negli ultimi giorni.

Onorevole, che cosa ne pensa di quello che è successo a Bologna?

«La situazione mi pare abbastanza emblematica. Da una parte non c’è la consapevolezza di cosa significhi il razzismo, dall’altra non c’è la consapevolezza né da parte della società civile, né da parte delle istituzioni, della legge che punisce già di per sé alcuni atteggiamenti, alcune parole. E intanto la Lega lavora sul fomentare le paure».

I responsabili della sicurezza hanno spiegato che l’ordine di tenere fuori i neri era arrivato per garantire l’ordine nel locale dopo una rissa.

«Le responsabilità non devono essere attribuite in base al colore della pelle. Nero uguale probabile delinquente è un’associazione mentale sbagliata, punto e basta. Un delinquente non ha colore che sia nero o bianco, se sbaglia, la stessa legge vale per tutti. Il problema è proprio questo: noi non dobbiamo dare una connotazione etnica al crimine, le persone sono colpevoli, ogni individuo è responsabile singolarmente».

Qualcuno le risponderebbe che alcune comunità delinquono statisticamente più di altre.

«Andare su basi delle statistiche è sbagliato. E attenzione alle facili associazioni, perché rischiano di provocare più danni di quanto immaginiamo. Come dovrebbe sentirsi il singolo lasciato fuori dalla discoteca solo perché nero? Questo tipo di reazione porta a creare una classe di disagiati, che si rinchiudono in gruppi chiusi. Si crea un malessere e quindi si crea un problema. Diventa una guerra tra poveri che può creare problemi di identità nel singolo, e rabbia, che basta una miccia per fare esplodere».

Uno dei fattori segnalati dal titolare è stato l’arrivo dei profughi nordafricani, che andavano spesso a ballare perché uno dei pochi locali in centro che fa musica reggae e hip hop, senza chiedere una tessera all’ingresso.

«Le migrazioni sono un fenomeno naturale, che però va gestito politicamente, il punto delicato è quello della gestione dei profughi all’interno dell’Ue, per questo il parlamento europeo sta preparando delle nuove linee guida europee sull’immigrazione. Le faccio un esempio:i profughi siriani divisi per i 28 Paesi dell’Unione sarebbero un numero ridicolo. Il problema è che manca la volontà politica di farlo, e così il peso delle migrazioni, che ripeto sono un fenomeno naturale nella storia, finisce per ricadere tutto su quattro o cinque paesi. Poi le norme, come la convenzione di Dublino, devono essere riviste. Ma non basta una risposta burocratica, ci vuole anche una risposta politica».

Lei è mai stata lasciata fuori da un locale?

«Non frequento i locali, faccio prima. Ma vede il punto è che in ogni luogo dove si lavora si rischia di essere vittima di tutto questo. Le faccio un esempio: io sono un medico chirurgo. A volte, quando mi trovavo davanti ai pazienti, mi chiedevano se ero un’afroamericana. Sa perché? Perché avevano fatto un’associazione mentale sbagliata, pensavano che io, essendo medico, non potevo essere africana e basta».

Il titolare del locale in questione è sposato con una giamaicana. Si tratta di un locale che ha una lunga tradizione di musica “nera”.

«A volte quando si parla di associazioni sbagliate non si risparmia nessuno. Non c’entra niente che qualcuno sia sposato una giamaicana. L’associazione è spontanea, avviene immediatamente. Non basta essere sposati con neri, o conoscere centinaia di neri per non avere comportamenti razzisti. Dopo che Carlo Tavecchio ha detto quelle frasi razziste, si è difeso spiegando di avere tanti amici neri, e di avere anche fatto tanto per aiutarli. E allora? Il razzismo è una questione di dettagli, lo ripeto. E di momenti, di associazioni mentali sbagliate in determinati momenti. Ma basta un singolo episodio».