9 Febbraio 2017

Anders Rydell, Ladri di libri. Il saccheggio nazista delle biblioteche d’Europa, Centauria

Fonte:

Osservatorio antisemitismo

Autore:

Alberto De Antoni

Anders Rydell, Ladri di libri. Il saccheggio nazista delle biblioteche d’Europa, Centauria, Milano 2016

Tra tutti i crimini commessi dai nazisti la distruzione o il furto di libri dalle biblioteche pubbliche e private europee non è certamente il più grave. E’ però una pagina di storia che andava scritta per una maggior comprensione del fanatismo ideologico del nazismo. Ha provveduto a ciò il giornalista e editore d’arte svedese Anders Rydell col suo Ladri di libri, Milano 2016 (ed. or., Boktjuvarna. Jakten på de försvunna biblioteken, Stockholm 2015), un testo ben articolato che cerca di ricostruire l’impianto culturale della “caccia” ai libri nell’Europa occupata sia sotto l’aspetto documentale che quello testimoniale.

Questa caccia può essere letta a buon diritto come il contraltare letterario della persecuzione antisemita. I celebri roghi dei libri del 1933 – organizzati però da diverse organizzazioni culturali e studentesche nazionaliste cui i nazisti apposero il proprio sigillo – sono naturalmente considerati l’inizio di questa particolare guerra. In essi, peraltro, furono anche distrutti documenti, come le lettere goethiane esaltanti Napoleone, che si ponevano in chiave storica non sintonia con l’iper-nazionalismo germanico, e le opere di quegli autori critici o dissidenti della cultura tedesca. L’intervento più massiccio fu però riservato a tutto quanto potesse essere ricondotto al mondo ebraico, sia che si trattasse di letteratura religiosa o di scrittori di origine, anche parziale, ebrei. Le distruzioni delle biblioteche delle sinagoghe durante la “Notte dei cristalli” sono considerate il vero punto di svolta della guerra ai libri ebraici. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, parallelamente agli eventi bellici e all’espansione tedesca, la politica culturale di censura bibliotecaria toccò tutta l’Europa. Non vi fu biblioteca di rilievo europea che non fosse oggetto delle attenzioni naziste. In particolare, in piena applicazione della politica antisemita, furono depredate le plurisecolari biblioteche dei maggiori centri culturali dell’ebraismo della diaspora europea. Tra le molte e tra le più rinomate quelle di Vilnius, Salonicco, Roma, Varsavia e Parigi. Solo il coraggio e la premonizione di alcuni bibliotecari, tra cui quelli della comunità di Roma, riuscirono a salvare testi di particolare valore.

Ma a differenza di ciò che verrebbe naturale pensare i libri prelevati non vennero distrutti ma depositati dapprima nelle biblioteche tedesche, poi in sedi distaccate, infine in aree, come quelle dei castelli boemi e moravi, funzionali a ciò. Si tratta ovviamente di un numero di volumi il cui numero approssimativo assomma a circa dieci milioni. Le organizzazioni culturali naziste preposte alla ricerca dei libri pericolosi o “impuri” erano sostanzialmente riconducibili a due figure di prime piano del Terzo Reich: Heinrich Himmler e Alfred Rosenberg. Per il primo il saccheggio era da inquadrare nella logica della difesa della “razza” da tutti gli elementi nocivi, in questo caso culturali, cui aveva aggiunto una personalissima ricerca sulla stregoneria da lui letta come un’opposizione delle ultimi rappresentanti di una religione germanica popolare contro un clero dominato da un credo “semita”. Peraltro tutto il materiale accumulato si è rivelato di grande ausilio per gli studiosi della materia nel dopoguerra. Per il secondo, considerato “il filosofo” del Reich e responsabile in buona misura dell’equazione ebraismo-bolscevismo, l’immensa raccolta di testi avrebbe avuto come fine un altrettanto gigantesco studio della civiltà europea volto allo smascheramento dell’influenza nociva ebraica nella storia. Addirittura, per il 1944, era stato previsto a Cracovia un congresso internazionale di tutti gli antisemiti europei che avrebbe dovuto tracciare i lineamenti della nuova politica culturale del continente a guida nazista. Solo gli sviluppi della guerra impedirono che ciò si realizzasse.

Così, in un continente devastato da una guerra feroce e da atrocità d’ogni genere, gruppi di studiosi appartenenti all’Einsatzstab (Squadra speciale) Reichsleiter Rosenberg s’aggirarono tra biblioteche e archivi, sequestrando e classificando tonnellate di carta. Come degli studiosi, anche accademici, abbiano potuto prestarsi a questa ricerca rimane comunque un mistero, anche se – in effetti – comprendere ciò equivarrebbe a comprendere il nazismo stesso. Eppure anche ad essi, pur nel solo ambito delle lettere, possono essere attribuiti atti di sadismo, come la distruzione della biblioteca dell’Accademia Talmudica di Lublino compiuta sotto gli occhi del ghetto (molto probabilmente in omaggio al feroce antisemita Odilo Globocnik responsabile di Treblinka, Sobibór e Bełżec e capo della polizia nel Governatorato generale di Polonia che lì aveva sede). Non sfugge però il sospetto che per molti tedeschi in età di leva si sia rivelato più vantaggioso andare a caccia di fantasmi che combattere al fronte.

Al termine della guerra l’immenso patrimonio librario sopravvissuto ai bombardamenti fu oggetto di preda da parte dei vincitori che senza alcun criterio – e in verità senza alcuna volontà – lasciarono che si disperdesse un po’ ovunque. Migliaia di libri, ad esempio, finirono in sperdute guarnigioni militari sovietiche dell’Asia centrale. È stato quindi impossibile, a differenza di molte opere d’arte di valore, mettere in atto un’azione di recupero e di restituzione. Solo di recente giovani ricercatori di alcune biblioteche tedesche si sono accinti a classificare in base a verbali di sequestro o a nomi ex libris e a restituire ai legittimi proprietari i libri ancora conservati in fondi speciali. L’iniziativa è stata segnalata dalla stampa e in un articolo di Der Spiegel è comparsa la foto di un libro d’infanzia con la dedica che la maestra aveva scritto per il giovane scolaro. Nella lontana California Walter Lachman, un ebreo berlinese sopravvissuto ragazzino alla Shoàh, ha riconosciuto il testo a lui appartenuto e sequestrato al momento della deportazione. Da quel momento ha iniziato a raccontare nelle scuole la propria esperienza di deportazione e di sopravvivenza.