30 Luglio 2021

Gadi Luzzatto Voghera, direttore della Fondazione CDEC, riflette sull’uso improprio dei simboli della persecuzione antiebraica sotto il nazismo nella protesta dei no-vax

Fonte:

https://moked.it

Autore:

Gadi Luzzatto Voghera

Distorsione della Shoah e vaccini

Da più di un anno l’Osservatorio antisemitismo della Fondazione CDEC denuncia l’uso improprio dei simboli della persecuzione antiebraica sotto il nazismo nella protesta dei no-vax. In questi giorni la questione è improvvisamente diventata un’”emergenza” di cui tutti si accorgono, perché l’uso di questa simbologia è transitato dai social alle piazze. Benvenuti a tutti e ben svegliati! Certo, la dinamica a cui assistiamo è in parte paradossale. Nelle manifestazioni vengono inalberate stelle gialle e il governo è paragonato a Hitler e al nazismo, e d’altro canto quelle stesse manifestazioni sono apertamente sostenute e frequentate dai gruppi della destra e del neofascismo nostrano, che rivendicano da sempre simpatie nei confronti del nazismo e del fascismo, e spesso praticano la retorica razzista e antisemita che sostanzia quelle ideologie. Qualcosa non quadra. Si commetterebbe tuttavia un grave errore se si riducessero quelle manifestazioni a semplici episodi di propaganda antisemita, che in alcuni casi c’è ed è molto evidente. Penso che si debba allargare la riflessione tenendo conto di altri elementi. Chiediamoci innanzitutto perché vengono usati quei simboli. Io penso che dopo vent’anni e più di Giorno della Memoria si sia radicata nell’immaginario collettivo la rappresentazione (distorta e problematica) dell’ebreo-vittima. Si tratta di un prototipo che sul piano simbolico è immediatamente percepito e quindi viene utilizzato in una comune manifestazione di dissenso nelle piazze. Un episodio analogo non sarebbe stato possibile negli anni ’50 o ’60, anni nei quali la stella gialla o il cancello di Auschwitz non erano riconosciuti nella loro drammaticità. Se questo è vero, allora significa che le critiche al Giorno della Memoria e alla sua efficacia sono state in parte eccessive. Il lavoro che è stato fatto ha con ogni evidenza generato una nuova e inedita consapevolezza di quanto accadde agli ebrei in Europa durante il secondo conflitto mondiale. Oggi tutti sanno che ci fu la Shoah, e questo è un bene. In effetti il fenomeno del negazionismo è in netto declino. Quello che invece emerge in maniera allarmante è la “distorsione” della Shoah e dei suoi simboli. Non è infatti accettabile che una persona che si sente in qualche modo discriminata possa pensare di paragonarsi a un’enormità indicibile come la persecuzione degli ebrei durante lo sterminio. Diventa quindi necessario approfondire ed estendere a tutti i livelli della società e in primis nella scuola la conoscenza precisa di quel che accadde nel processo di persecuzione dei diritti, di concentrazione nei ghetti polacchi, di deportazione e di eliminazione di milioni di persone nei campi di sterminio. Nei mesi scorsi l’IHRA ha prodotto un importante documento contenente raccomandazioni in materia di distorsione della Shoah. La traduzione in italiano e il suo parziale adattamento è stata realizzata dalla delegazione italiana in IHRA e diventa in questo contesto uno strumento particolarmente utile, che si affianca alle linee guida sull’insegnamento della Shoah la cui versione italiana verrà pubblicata a breve. In definitiva, parlare di Shoah è importante se lo si fa con consapevolezza, distorcere il suo significato proiettandolo sugli scenari contemporanei di dialettica politica e sociale è pericoloso e fuorviante.