20 Marzo 2024

Torino, il Senato dell’Università boicotta la ricerca con gli atenei israeliani

Luogo:

Torino

Fonte:

La Repubblica edizione di Torino

Il Senato dell’Università boicotta la ricerca con gli atenei israeliani

Non parteciperà al bando per cooperare L’associazione 7ottobre: “Decisione inquietante”

«Il Senato Accademico dell’Università ritiene non opportuna la partecipazione al bando del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza». Con questa mozione, votata dalla maggioranza dell’organo di indirizzo, l’Università di Torino è il primo ateneo italiano a esprimersi e a votare per sospendere la collaborazione con le istituzioni accademiche israeliane per la ricerca. Il voto blocca la partecipazione al bando 2024 che scade il 10 aprile per progetti congiunti su tecnologie ottiche e agricole. Per il bando, va precisato, non erano ancora state presentate proposte firmate da docenti di Unito: solo in tre avevano espresso interesse ma poi ci avrebbero ripensato. A quasi un mese dalla scadenza il gesto del Senato accademico rappresenta una chiusura forte che farà discutere. La mozione è stata votata dalla maggioranza dei senatori e rappresentanti in Senato, con il solo voto contrario della direttrice del dipartimento di Matematica Susanna Terracini e due astensioni. «È l’università del dialogo», ha commentato il rettore Stefano Geuna al termine della seduta, prima di rientrare in studio. Il suo voto è tra la maggioranza dei voti a favore della mozione. Prima del dialogo è andata in scena la protesta degli studenti di Cambiare Rotta e Progetto Palestina che hanno interrotto la seduta di Senato Accademico per avere un confronto sul tema e hanno ottenuto la convocazione immediata di un’assemblea pubblica. La loro richiesta, in realtà, era che l’università aderisse al boicottaggio accademico di ogni collaborazione con le università israeliane. Parlano di nove accordi in atto al momento con Unito. Avevano chiesto al Senato di aderire ufficialmente a una lettera aperta firmata da oltre 1.700 tra docenti, ricercatori e personale tecnico amministrativo delle università di tutta Italia, tra cui 60 torinesi, (alcuni anche primi firmatari e promotori), con cui si chiede al ministro Antonio Tajani la sospensione del bando perché «il finanziamento potrebbe essere utilizzato per sviluppare tecnologia dual use, ovvero a impiego sia civile che militare». Richiesta che non è stata accolta. La lettera è stata consegnata ai senatori che «liberamente si posizioneranno», commenta Gianluca Cuniberti, direttore del dipartimento di Studi Storici. Così durante l’assemblea è stata avanzata la proposta di presentare invece la mozione che limitasse la decisione al bando imminente. Per Cuniberti la mozione è «una frasetta corta ma non banale, la comunità è attenta al tema. Pub darsi che non sia in tutto cib che gli studenti ci chiedevano, resta un gesto molto significativo nel dire quale è il nostro posizionamento». Il dipartimento di Studi Storici, annuncia, promuoverà alcuni momenti pubblici con specialisti sul tema. A fine semestre insegnerà come visiting professor Sara Mae Roy, considerata, dice Uniberti, «la più grande esperta di Gaza perché – spiega – l’apporto che noi storici possiamo dare alla questione è cercare di capire i nodi storici che si sono annodati sul tema». Ma il voto del Senato fa discutere. «La decisione è gravissima ed inquietante e ci riporta ad un passato lontano che non avremmo mai voluto rivivere – dichiara Stefano Parisi, presidente dell’Associazione Setteottobre, nata per contrastare l’odio antisemita -. Colpire il mondo dell’università e della ricerca di Israele che è all’avanguardia nel mondo ed impedire la collaborazione con un ateneo importante come quello di Torino, che potrebbe portare ricadute positive per il nostro Paese è l’ennesima dimostrazione del clima che dal 7 ottobre sta montando con furia in Italia. Chiediamo al ministro Bernini e alla società civile di impegnarsi e di intervenire per bloccare una deriva allarmante e intollerabile per una democrazia liberale».

di Cristina Palazzo