11 Aprile 2021

Zoombombing, inchiesta delle forze dell’ordine

Autore:

Giovanni Bianconi

I raid razzisti via Internet

L’allarme sui minorenni

per slogan e insulti antisemiti

Il dossier dell’Antiterrorismo. «Così interrompono celebrazioni e convegni»

ROMA Gli ultimi raid denunciati risalgono al mese scorso. Il 12 marzo a Vicenza, durante un webinar (seminario via Internet) dedicato alla memoria del deputato socialista Domenico Piccoli, ucciso in Calabria un secolo fa, agli albori del fascismo, un ignoto partecipante s’è intrufolato inneggiando a Mussolini, Hitler e all’Olocausto. Una settimana prima a Milano, nel corso di una videoconferenza organizzata dal Comune dedicata alle «Storie della buonanotte», qualcuno s’è inserito trasmettendo audio offensivi, foto del Duce e di donne nude. Sono intrusioni informatiche di ispirazione neofascista dove pero le connotazioni goliardiche sembrano superare quelle ideologiche, al punto che l’apposito Servizio per il contrasto dell’estremismo e del terrorismo interno della Polizia di prevenzione le cataloga tra quelle di «altra natura», rispetto alla categoria considerata più inquietante: le azioni di disturbo «a carattere antisemita». Gli investigatori della Rete e dell’antiterrorismo ne hanno censite 24 tra novembre e marzo scorso, con un picco registratosi intorno al Giorno della Memoria delle vittime della Shoah, celebrato il 27 gennaio: in quel periodo sulle varie piattaforme si sono concentrati almeno una dozzina di assalti informatici per disturbare convegni e celebrazioni. Quasi sempre con slogan in omaggio a Hitler e al Terzo Reich, sulle note di «Faccetta nera» o altri inni nazi-fascisti. Il primo della serie risale al 3 novembre, a Venezia, quando una «lezione di ebraismo» organizzata dalla comunità israelitica locale è stata interrotta da un partecipante con nickname «Rambo», che ha diffuso insulti antisemiti mentre proiettava una svastica; le verifiche informatiche l’hanno trovato in provincia di Bergamo. La regione che conta il maggior numero di episodi è proprio il Veneto, seguito da Lombardia e Piemonte; poi ci sono Toscana, Lazio, e qualche isolato episodio diviso tra Centro e Sud. Ma la sorpresa maggiore è arrivata dalle indagini, prima telematiche attraverso i Dipartimenti della polizia postale, e poi sulle persone, con il lavoro delle Digos: nella grande maggioranza dei casi responsabili dei raid sono minorenni, ragazzini nati anche nel 2006, quindicenni o poco più. Che quasi sempre agiscono da casa, all’insaputa dei genitori, e avendo poca o nessuna cognizione della gravità di ciò che fanno. A volte, dopo aver sperimentato le tecniche di intrusione per disturbare la didattica a distanza sono passati alle intromissioni negli incontri politici o di settore. Come quello organizzato dal Consiglio comunale di Corchiano, in provincia di Viterbo, il 9 gennaio; si parlava di depositi di rifiuti radioattivi e da postazioni Internet individuate a Torino e a Brescia sono partiti insulti e bestemmie, con il sottofondo della solita «Faccetta nera». I successivi accertamenti hanno portato gli investigatori nelle case di un rumeno quarantenne e di una italiana di origini kuwaitiane, 5o anni, ma poi s’è scoperto che a usare i computer erano stati i figli minorenni, iscritti ai gruppi ZoomBombing e Telegram, che hanno ammesso le intrusioni. La leggerezza con cui questi giovanissimi inneggjano al fascismo o al nazismo, senza organizzazioni alle spalle né supporto ideologico, è comunque preoccupante: considerare slogan razzisti e antisemiti al pari di insulti e provocazioni generiche o a sfondo sessuale significa essere pronti ad assorbire la propaganda che altri diffondono con ben altre convinzioni. Come i due signori che in Sardegna e in provincia di Viterbo sono stati identificati e denunciati per le offese e le minacce alla senatrice a vita Liliana Segre. Neppure loro, denunciati per «propaganda e istigazione di discriminazione razziale etnica e religiosa», avevano strutture o gruppi di riferimento; a differenza del quarantenne sassarese fondatore di una formazione battezzata Ordine Ario Romano, che diffondeva messaggi nazisti ed elenchi di cognomi di origine ebraica «in modo da poterli facilmente individuare», per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio insieme ad altri sette imputati. Il rischio di emulazione, esaltazione e potenziale aumento di pericolosità non viene sottovalutato dagli inquirenti. Lo dimostra la vicenda di Andrea Cavalleri, il ventiduenne di Savona arrestato nel gennaio scorso (ora agii arresti domiciliari) perché sempre via Internet incitava alla violenza contro «sionisti, liberali, marxisti e capitalisti». Esaltava le stragi di Oslo e Utoya commesse dal terrorista norvegese Anders Breivik, e vagheggiava di seguirne le orme. La «condotta criminosa» di Cavalieri, con la contestazione di «apologia della Shoah e dei crimini di genocidio», è stata considerata potenzialmente eversiva, e il 18 marzo la Digos di Bologna ha perquisito quattro persone in contatto con la sua chat di matrice suprematista. Ma all’origine di questa indagine ci sono le verifiche compiute sui proclami che esortavano alla «dissoluzione del giudeo» diffusi da un minorenne di Torino attraverso Telegram.