16 Maggio 2025

Tensioni e richieste di chiarimento: la comunità ebraica interviene. Benini: “Libertà di parola per tutti”

Il presidente della comunità ebraica di Torino, Dario Disegni, denuncia la mancata condanna istituzionale alle proteste pro Palestina al Salone del Libro. Chiede un confronto libero e condanna ogni forma di antisemitismo, auspicando una soluzione pacifica per la crisi in Medio Oriente.


Appello di Dario Disegni dopo la contestazione al Salone del Libro

Il giorno dopo la contestazione dei pro Palestina al Salone del Libro, il presidente della comunità ebraica di Torino Dario Disegni lancia un appello: «Il sindaco, il rettore dell’Università e la direzione del Salone dovrebbero prendere posizione su quello che è successo. Questo è luogo di confronto e tutti hanno diritto a esporre le proprie idee».

Ieri Disegni ha rinunciato a partecipare all’incontro con Nathan Greppi, autore del libro “La cultura dell’odio” e anche lo storico Claudio Vercelli, anche lui protagonista dell’evento, ha preso la sua stessa decisione. «Abbiamo capito che non c’erano le condizioni per un dibattito pacato quindi abbiamo deciso di non entrare in questa bagarre – spiega Disegni – Ci siamo scusati e abbiamo proposto un’altra occasione, in un altro luogo, come la sede della comunità ebraica, per presentare il libro in un clima sereno».


Disegni: “Non è un derby tra squadre”

D’altra parte, la condanna rispetto alle modalità adottate dai manifestanti: «Trovo vergognoso e insopportabile che una minoranza di facinorosi stia impedendo un libero confronto delle idee, perché è la negazione dei principi su cui si regge una democrazia» continua Disegni, ribadendo però la sua apertura: «Noi discutiamo con tutti. Non è un derby tra due squadre».


Benini: “Dispiaciuta, ma il Salone ha garantito parola a tutti”

Una decisione, quella presa da Disegni e Vercelli, di cui la direttrice del Salone Annalena Benini si è detta «molto dispiaciuta». La direttrice ha tenuto a sottolineare che «il Salone ha garantito la presentazione del libro e nello stesso momento si esercitava il diritto democratico di manifestare pubblicamente». Proteste che «sono sempre legittime, ma devono avvenire nel rispetto della libertà di parola e della sicurezza di tutti».


Rischio antisemitismo e richiamo alle autorità

Disegni ha però ribadito la condanna a ciò che è successo ieri a Torino. Una situazione «preoccupante» e «inaccettabile»: «Fenomeni che sfociano nell’antisemitismo non sono un problema solo degli ebrei ma di tutta la società. Quando si comincia con questa intolleranza e questo odio si minano le fondamenta della democrazia». Ecco perché invita le autorità ad esprimersi.


Serve una soluzione di pace

Il presidente della comunità ebraica non nasconde poi la complessità della situazione: «La comunità ebraica non rappresenta lo Stato di Israele. Al nostro interno sulle politiche del governo israeliano c’è molta varietà di opinioni e ne discutiamo». E rilancia la necessità di costruire «una soluzione di pace, perché questa guerra terribile non può andare avanti all’infinito. Bisogna avere l’intelligenza da tutte le parti per una prospettiva futura che garantisca diritti e sicurezza in tutta la regione». Aggiunge: «È un momento difficile, la situazione internazionale è gravissima e fonte di profonda angoscia per tutti noi. Però l’Italia è una democrazia nata dalla Resistenza, in cui anche gli ebrei hanno patito. Si diceva “Fuori gli ebrei”, ora si dice “Fuori i sionisti”. Stiamo rievocando epoche di questo genere?».


La risposta del sindaco Lo Russo

Il primo a rispondere all’appello è il sindaco Stefano Lo Russo: «Quanto accaduto ieri all’Università di Torino e al Salone del Libro è inaccettabile: nessuna contestazione deve impedire lo svolgimento di un convegno o di poter assistere alla presentazione di un libro».

Anche il sindaco sottolinea la complessità della situazione internazionale, sia per «gli attacchi criminali del 7 ottobre» che «hanno segnato una ferita profonda in Israele», sia per la situazione a Gaza dove «ogni giorno continuiamo ad assistere a sofferenze indicibili e intollerabili che ci interrogano nel profondo delle nostre coscienze».

Resta però un fermo rifiuto sulle modalità di protesta: «La condanna alle politiche dell’attuale governo dello Stato di Israele o la solidarietà al popolo palestinese non giustificano episodi di sopraffazione e violenza. Per questo esprimo vicinanza alla comunità ebraica di Torino».


De Luca: “Quando arrivano immagini di bombe si rischia di sbagliare”

Anche il mondo della politica si schiera contro l’episodio. Per il ministro alla Cultura Alessandro Giuli «il dialogo deve prevalere», mentre per il governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca «quanto più sono contrario alla politica criminale di Netanyahu tanto più difendo con i denti la libertà di ognuno di esprimere le proprie idee. Sono radicalmente contrario a quanto accaduto. Chiunque ha diritto di esprimere la propria opinione. Togliere la parola a chiunque è intollerabile e inaccettabile». Per De Luca, però, questo è «un altro modo per misurare l’effetto devastante che sta procurando il governo israeliano. Non ci sono giustificazioni a chi impedisce di parlare, ma dobbiamo capire che quando arrivano continuamente immagini di bombe poi si rischia di sbagliare».


Le parole del rettore dell’Università

Prima di arrivare al Salone del Libro, i manifestanti erano riusciti a impedire lo svolgimento di un incontro dell’Unione dei giovani ebrei sul «diritto allo studio in contrasto all’antisemitismo in università», al grido «fuori i sionisti». Il rettore Stefano Geuna oggi precisa: «L’Università di Torino ha fatto tutto quanto era nelle sue possibilità affinché l’incontro si svolgesse in un clima sereno. Purtroppo, le condizioni non lo hanno permesso. Non esiste alcuna giustificazione per chi, con la forza, ostacola la libera espressione negli spazi universitari». E aggiunge: «Dispiace constatare come un’idea distorta di libertà di espressione finisca per negare, nei fatti, quella stessa libertà e la possibilità di un autentico confronto democratico. Impedire a qualcuno di parlare è un atto grave, ben diverso dal diritto – legittimo – di contestare opinioni altrui».