5 Febbraio 2022

Svizzera: l’uso pubblico di simboli che si riferiscono al nazismo deve rimanere permesso, poiché rientra nella libertà di espressione

No al divieto assoluto dell’uso pubblico di simboli nazisti

SVIZZERA  Per il governo, il semplice fatto di manifestare pubblicamente simpatia per un’ideologia discriminatoria o di farvi riferimento, anche in maniera cinica, non costituisce ancora un atto di propaganda e quindi vietarli andrebbe contro la libertà di espressione

Benché possa disturbare, l’uso pubblico di simboli che si riferiscono al nazismo deve rimanere permesso, poiché rientra nella libertà di espressione. È quanto pensa il Consiglio federale che invita il plenum a respingere una mozione che propone di vietare tutta la simbologia nazista, anche nel mondo digitale.

Con la sua mozione, Marianne Binder (Centro/AG) chiede una base legale a sé stante che vieti e punisca l’utilizzo in pubblico, nel mondo reale e in quello digitale, di simboli noti del nazionalsocialismo, in particolare gesti, parole, forme di saluto, emblemi e bandiere, nonché oggetti che rappresentano o contengono tali simboli quali scritti, registrazioni sonore o video oppure raffigurazioni. Secondo la consigliera nazionale, una norma penale riferita unicamente all’Olocausto è giustificata poiché la storiografia ha estesamente descritto il nazionalsocialismo come crimine contro l’umanità unico nel suo genere. In tempi di crescenti manifestazioni di antisemitismo è inoltre chiara ed evidente la necessità di un intervento per vietare le relativizzazioni pubbliche di questo crimine.

Nella sua risposta il governo ricorda che non è la prima volta che viene confrontato con una simile richiesta, ma che finora sia il governo che il parlamento hanno preferito soprassedere. È vero che la norma penale antirazzismo punisce chiunque propaghi pubblicamente un’ideologia intesa a discreditare o calunniare sistematicamente persone per la loro razza, etnia, religione o per il loro orientamento sessuale, tuttavia sono le circostanze concrete a determinare se si tratta di un atto di propaganda.

Per il governo, il semplice fatto di manifestare pubblicamente simpatia per un’ideologia discriminatoria o di farvi riferimento, anche in maniera cinica, non costituisce ancora un atto di propaganda. L’autore deve inoltre voler influenzare terzi e farli aderire a questa ideologia. Se lo fa, si rende punibile secondo il diritto vigente.

Per il Consiglio federale, mettere in mostra e strumentalizzare simboli del nazionalsocialismo può essere scioccante e gravoso, soprattutto per le vittime e i loro famigliari e discendenti; ciononostante l’utilizzo pubblico di simboli razzisti senza scopi propagandistici viola soltanto indirettamente la dignità umana e la pace pubblica.

È vero che la libertà di espressione non vale in maniera assoluta, ma stando alla giurisprudenza del Tribunale federale occorre tuttavia accettare che possano essere espresse anche opinioni disturbanti, seppur intollerabili per la maggioranza, conclude il Consiglio federale.