6 Marzo 2024

Ruben Della Rocca commenta gli ultimi casi di antisemitismo nel calcio

CALCIO – Ruben Della Rocca: Razzismo ultrà, onta nazionale

Ci risiamo! Questa volta a coprire di vergogna la città di Roma sono entrambe le tifoserie, laziale e romanista, in trasferta la prima a Monaco di Baviera e la seconda a Monza. Due tifoserie ultras divise da una rivalità cittadina acerrima e da una storia societaria completamente diversa, ma che si uniscono idealmente nel nome del razzismo e dell’odio antiebraico. I cori e i video vergognosi e oltraggiosi della birreria di Monaco dove Hitler teneva i suoi comizi guerrafondai e anticipatori dello sterminio ebraico così come del treno dei giallorossi in trasferta in Brianza sono solo la punta dell’iceberg di una tematica che preoccupa da anni le forze di polizia e le società sportive, ma che resta senza soluzioni. Razzismo, xenofobia e antisemitismo sono profondamente radicati nelle curve di molti stadi d’Italia e sono fenomeni che fomentano odio e violenza, dentro e fuori gli impianti sportivi.
Troppo spesso nella marmaglia curvarola si distinguono elementi che non limitano il loro essere facinorosi allo scandire cori, manifestazioni squallide, seppure solo verbali. Purtroppo le cronache ci raccontano anche di raid razzisti contro gli immigrati, risse nelle discoteche e fuori nelle strade, e ancora atti di bullismo e aggressioni a singoli indifesi. Chi si macchia di questi crimini sono spesso ultras delle curve. L’elenco delle squadre con parti problematiche della propria tifoseria è lungo: alcune sono recidive e ormai tristemente famose in ogni angolo del pianeta. Lazio, Inter e Verona sono da anni “gemellate” in un asse neonazista e razzista che le accomuna. Dal raduno in parata neofascista a Piazzale Loreto a Milano prima di un Inter-Lazio a Milano di qualche stagione fa fino alla birreria di Monaco degli ultras biancocelesti, alla precettazione della curva interista in memoria di un suo capo neofascista con i tifosi “normali” costretti con minacce a non entrare in segno di lutto, fino alla “squadra fantastica a forma di svastica” cantata dagli ultras veronesi. E poi ancora alcuni gruppi ultras di Roma e Juventus e in serie B di Ascoli, Cesena e via via le serie minori dove le frange estreme del tifo si connotano sempre per una deriva becera e neonazista.
Da decenni si discute su quali siano gli strumenti da mettere in campo per arginare il fenomeno. Di sicuro le società di calcio, molto prodighe di parole e slogan politicamente corretti, non fanno abbastanza sul piano pratico. Per gli elementi che si macchiano di questi reati ci vuole il Daspo a vita. Le società conoscono benissimo questi soggetti (e quando non li conoscono sono le cronache a farli identificare loro) e dovrebbero essere loro a impedirgli di entrare allo stadio, emarginandoli. Controlli, biglietti nominativi, telecamere, informatizzazione dei sistemi di sorveglianza permettono di identificare con esattezza i colpevoli dei gesti e dei cori. Niente biglietti, niente abbonamento, niente trasferte, per sempre. Elementi indesiderati ed esclusi da tutto perché non sanno stare al mondo, non sanno vivere e correlarsi con il prossimo. Soggetti che oltretutto trascurano la storia delle loro società calcistiche. Tanto la Roma quanto la Lazio hanno un passato profondamente ebraico. Fra i tanti atleti ebrei nelle varie discipline sportive che hanno indossato la casacca della polisportiva biancoceleste il più famoso è Giovanni Di Veroli detto “Ciccio”, gagliardo terzino della Lazio anni ‘50 con la quale ha anche vinto una Coppa Italia. Sulla sponda giallorossa c’è una storia intrisa di padri fondatori e allenatori nonché di presidenti come Renato Sacerdoti, anch’egli ebreo.
I cori e le azioni antisemite da parte dei tifosi disadattati non feriscono solo il vicino ebreo di seggiolino allo stadio, ma insultano anche la storia delle due società, e sono un’onta per la città di Roma che dovrebbe costituirsi parte civile contro questi soggetti che ne infangano il nome in giro per l’Europa. Alla giustizia ordinaria poi si chiede di fare il suo corso: le leggi ci sono, gli strumenti per punire chi si macchia di questi reati penali anche. Basta applicarli.