20 Marzo 2024

Riflessione sul boicottaggio accademico di Israele da parte dell’università di Torino

Fonte:

La Stampa

Autore:

Lucetta Scaraffia

Quegli atteggiamenti antisemiti

Immagino che gli studenti torinesi che ieri mattina hanno fatto irruzione nel Senato accademico dell’Università di Torino per chiedere – in modi certo un po’ bruschi: forse bisognerebbe dire intimare – la sospensione, o meglio il boicottaggio di tutti i rapporti scientifici con le Università israeliane (nel pomeriggio il Senato ha poi deciso di non partecipare al bando del ministero degli Esteri per nuovi progetti di collaborazione tra le università dei due Paesi), non si rendano conto di essersi comportati da antisemiti. Antisemitismo vuol dire, infatti, trattare il popolo ebraico con un pregiudizio sfavorevole e una tendenza alla generalizzazione dei tratti negativi di un singolo quale non viene rivolto ad altri popoli, e quindi accusarlo di un tale numero di malefatte da suscitare nei suoi confronti avversione e aggressività. Per prima cosa, gli studenti sembrano ignorare di trovarsi di fronte ad uno Stato democratico – dove, nona caso, la gran parte dei docenti universitari è di idee opposte a quelle di Netanyahu – in cui esiste e si fa ascoltare una vivace opposizione interna che non condivide le scelte anti-palestinesi dell’attuale governo. La loro proposta di boicottaggio evoca con forza un giudizio anti-ebraico che invece comprende tutte le Istituzioni israeliane in quanto tali e insieme tutti coloro che ci lavorano. Con gli ebrei, sembrano pensare questi giovani, meglio non fare distinzioni ma passare ad una condanna collettiva. Il loro animus antisemita, a cui ieri a Torino i professori hanno ceduto, si rivela soprattutto quando essi riservano alle università israeliane un trattamento che non hanno mai rivolto – né mai pensato di rivolgere – contro le università di altri Paesi con cui le istituzioni italiane sono legate con progetti scientifici ma che nessuno può di certo considerare moralmente e politicamente al di sopra di ogni sospetto. Siamo sicuri, ad esempio, che i cinesi non utilizzino oggi o domani per reprimere gli Uiguri o i nemici del regime qualche progetto messo a punto in collaborazione con qualche nostro istituto universitario? E siamo sicuri che la stessa cosa si possa dire, chessò, della Turchia, dell’Iran… e naturalmente della Russia? Perché non abbiamo mai sentito nei loro confronti una richiesta di condanna da parte degli studenti? I Paesi sopra elencati, oltre a tutto, presentano anche un’aggravante rispetto a Israele: non sono certo dei regimi democratici, non conoscono la libertà di pensiero e di parola e quindi in essi ogni critica viene regolarmente repressa con violenza. Non sarebbe forse già solamente quest’ultima una caratteristica degna di attenzione per degli studenti che si ergono all’arduo ruolo di giudici morali? Non sarebbe forse meglio troncare i rapporti scientifici con questi Paesi, in attesa che al loro interno cambi qualcosa? La collaborazione di un’Università italiana con una Università cinese, ad esempio (e ce ne sono tante: s’informino gli studenti torinesi), non dovrebbe suggerire la richiesta di una sospensione immediata? Invece questo non accade. Nei confronti di legami scientifici con Paesi come la Cina non sembra esserci mai stata l’ombra di un’indagine, di una richiesta di ripensamento. Solo Israele, guarda caso, accende l’ansia di censura da parte dei nostri giovani moralisti. Ma trattare gli israeliani, cioè gli ebrei, in modo differente dagli altri, non è forse la matrice originaria di ogni forma di antisemitismo? E non è alquanto singolare che ben 1.700 docenti universitari che hanno anch’essi promosso il boicottaggio delle università israeliane, molti immagino anche di Torino, non se ne siano resi conto, o abbiano preferito ignorare il problema?