Fonte:
la Repubblica
Autore:
Sebastiano Messina
Le parole a sproposito
Viviamo tempi assai bizzarri, se ci tocca sentire nello stesso giorno un governatore di sinistra (Michele Emiliano) che equipara Melendugno ad Auschwitz e un leader di destra (Silvio Berlusconi) sostenere che Mussolini «proprio dittatore non era, nel suo piccolo». Ma alle gaffe di Berlusconi siamo abituati, e anche alle sue retromarce («Era solo una battuta…») mentre lascia di stucco lo scivolone di Emiliano, che pure ha fatto benissimo a chiedere subito scusa per aver «inopportunamente utilizzato» un «paragone oggettivamente sbagliato». Ma le parole sono pietre, come avvertiva Carlo Levi, e se un uomo politico cede alla tentazione di mettere sullo stesso piano un’opera pubblica e un campo di sterminio, dichiarando a Massimo Giannini, a Circo Massimo su Radio Capital, che «il cantiere Tap di Melendugno sembra Auschwitz, se vedete la fotografia è proprio identico», commette un errore grave, uno di quelli che a scuola i maestri sottolineano due volte, con la matita rossa e con quella blu. Perché non si tratta solo di un paragone balordo, fuori misura e di pessimo gusto. Lo sbaglio maggiore di Emiliano è stato quello di evocare non un luogo ma una ferita della Storia che è ancora aperta, un campo nel quale i nazisti sterminarono un milione e mezzo di persone. E proprio il fatto che ancora oggi, incredibilmente, spunti qua e là in Europa qualche imbecille capace di sostenere che l’Olocausto è stata tutta un’invenzione (e che ci siano dei fanatici disposti a credergli) dovrebbe spingere un uomo politico avveduto a non citare mai Auschwitz se non per ricordarne la tragica storia. Eppure, ogni tanto, qualcuno inciampa su questo nome. L’ultima volta è successo in Svizzera, appena due mesi fa, al deputato dei Verdi Jonas Fricker, che è arrivato a paragonare il trasporto dei maiali verso il macello alla deportazione degli ebrei ad Auschwitz, aggiungendo di buon peso: «Gli ebrei qualche speranza di sopravvivere ce l’avevano, i maiali no». Il suo partito si è dissociato e ha chiesto scusa, mentre lui è stato costretto a dimettersi dal Parlamento federale. Chiedere le dimissioni di Emiliano sarebbe oggi un’esagerazione pari a quella del suo infelicissimo paragone. Le sue scuse immediate chiudono il caso. Ma davvero riesce difficile comprendere perché il presidente di una Regione, già magistrato antimafia, popolarissimo sindaco di Bari e fresco candidato alla segreteria nazionale del Pd, insomma un politico navigato al quale non capiterebbe mai di confondere Auschwitz con Austerlitz — come è successo al grillino Di Battista, che a Montecitorio ha scambiato un campo di sterminio per un campo di battaglia, facendo anche lui tempestiva ammenda — si lasci prendere dalla vis polemica al punto da sconfinare sul campo minato dell’Olocausto. Dimenticando — lui come Berlusconi — che esistono nomi, argomenti e luoghi dei quali ogni uomo politico dovrebbe tenere l’elenco. Sotto il titolo “Maneggiare con cura”.