21 Ottobre 2018

Commento su complottismo e sovranismo

Fonte:

Corriere Fiorentino

Autore:

David Allegranti

L’età dei complottismi ( e Indro cosa direbbe? )

Da Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, a Marcello Foa, neo-presidente della Rai, che questo fine settimana è in Toscana al festival dell’editoria Libropolis in Versilia. L’impressione è che a Montanelli girerebbero di molto le scatole a vedere il circo di balle messo in piedi da Foa e da tutti i complottisti ben felici di avere finalmente un «sovranista» alla guida della tv di Stato. II problema non è il sovranismo, che è solo una delle tante truffe lessicali della neo-lingua felpastellata, che chiama «pace fiscale» i condoni e «flat tax» le tasse con due o tre aliquote. Si dicono sovranisti perché chiamarsi nazionalisti ricorderebbe altre epoche e altre storie, un esercizio di finzione utile nella società della percezione, nella quale non conta ciò che si è e ciò che si fa ma ciò che si sente e come lo si presenta al pubblico. L’elenco delle fake news prodotto da Foa — un tempo si sarebbe detto più comodamente cazzate — è lungo e non del tutto nuovo, visto che appartiene alla lunga tradizione degli amanti del complotto e ai loro riflessi pavloviani. Due giorni fa, parlando con il quotidiano Haaretz, Foa ha detto che «un numero enorme di eurodeputati, fra cui l’intera delegazione del Pd, ha ricevuto finanziamenti dal miliardario George Soros». «Soros» e «sorosiano» sono un classico di certi «sovranisti». Basta evocare queste due parole per scatenare i famelici appetiti antisemiti dei commentatori da tastiera. Prima appannaggio della nutrita comunità complottarda che s’aggira su Twitter, poi il riferimento è sbarcato al governo con i panni del ministro dell’Interno Matteo Salvini: «Bisognerebbe vedere da dove arrivano certi finanziamenti, perché quando leggo che dietro ad alcuni c’è la Open Society di Soros mi viene qualche dubbio su quanto sia spontanea questa generosità», ha affermato qualche mese fa in Senato. Quando dici «Soros» s’accende nel cervello del complottista medio — quello che pensa che il mondo intero sia un prodotto di qualche riunione al Bilderberg — l’allarme «Byoblu», dal nome d’arte di Claudio Messora, agit-prop pre-grillino, che imperversa sull’internet attirando i gonzi. Citare «Soros» è come dire «massone», altra parola chiave — per la verità vecchissima — di questa neolingua. Sono ossessioni. Il problema è se queste ossessioni escono dalle camere dell’eco di Twitter e arrivano in bocca al presidente della Rai, che ha dimostrato di credere a un mucchio di fregnacce. Su Twitter nel 2016 ha condiviso un articolo secondo il quale Hillary Clinton, allora candidata alla presidenza Usa, avrebbe partecipato a cene sataniche insieme a un’artista famosa per utilizzare per le proprie opere una «vernice composta da sangue di maiale, sperma, urina e latte di donna». Niente di tutto questo è mai avvenuto. Più di recente, nel 2017, Foa ha spiegato come «iniettare 12 vaccini in un arco di tempo molto stretto, nel corpo di un bambino, provochi uno shock molto forte» e che quando era bambino non c’era il vaccino contro la rosolia e neanche contro il morbillo e le cose tutto sommato non andavano male. Ma, come ha ricordato Lorenzo Borga, «II più grande granchio preso da Foa è stato probabilmente su un preoccupante documento segreto della polizia tedesca del 2017, alla quale sarebbe stato ordinato di evitare allarmismi e nascondere le prove di matrici terroristiche islamiche dei possibili attentanti nel Paese». La notizia riportata in prima pagina dal Corriere del Ticino, giornale di cui Foa è stato amministratore delegato, si è poi rilevata completamente falsa e questo è stato l’unico caso in cui il neo-presidente della Rai ha ritrattato. Si potrebbe andare avanti a lungo, ché l’elenco delle balle di Foa è sostanzioso ed è la dimostrazione, come ha spiegato una volta Vanni Santoni che «il complottismo è diventato mainstream». Di fronte a questo spettacolo, viene da chiedersi cosa potrebbe dire Montanelli ai suoi allievi, indipendenti, veri o presunti, ma la risposta forse l’ha già data: «La mia eredità? Sono io».

 

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