22 Agosto 2017

Riflessione del giurista Vladimiro Zagrebelsky sull’istigazione islamista all’odio

Fonte:

La Stampa

Autore:

Vladimiro Zagrebelsky

Le nostre libertà non tutelano chi istiga all’odio

Quando si tratta di limiti e controlli alla libertà di espressione e, in particolare, alla libertà di espressione religiosa si avverte imbarazzo, reticenza, come se in ogni caso si stesse facendo qualcosa d’illecito, di cui scusarsi o da tener celato. E così perfino nei tempi presenti ove troppo spesso in gruppi terroristici si trova un imam islamico influente in una moschea, impegnato a incitare all’odio verso gli infedeli, le loro società e il loro modo di vivere. Trattandosi dei discorsi di imam ai fedeli musulmani che lo seguono, da un lato si rifiuta giustamente l’argomento della reciprocità, che non vale quando i diritti umani fondamentali sono in gioco. Se nei paesi a prevalenza musulmana la libertà religiosa ai cristiani è negata, non per questo possiamo noi europei fare altrettanto nei confronti dei musulmani. Ma dall’altro lato il richiamo a una lettura violenta dei testi sacri dell’Islam, non pub porre la propaganda e l’istigazione contro l’Occidente al riparo della libertà religiosa. La libertà di espressione religiosa in Europa, a partire almeno del 600 è stata storicamente posta all’origine di tutte le altre. Ma né la libertà di espressione, né la libertà religiosa, né la libertà di riunione e associazione sono libertà assolute, sottratte a ogni limitazione da parte dello Stato. A partire dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, le libertà hanno limiti per assicurare agli altri la garanzia di quegli stessi diritti e libertà. Nella nostra epoca sia la Convenzione europea dei diritti umani, sia la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea espressamente escludono dalla protezione coloro che si impegnano in attività dirette alla distruzione dei diritti e delle libertà che esse prevedono. Uguale principio si trova nella Dichiarazione universale dei diritti umani e negli altri testi internazionali. Si tratta del divieto di abuso del diritto, di uso cioè distorto dei diritti e delle libertà propri delle democrazie, al fine di abbatterle negandone i fondamenti. Le democrazie devono (non solo possono) difendersi, combattendo le attività che pretendono di usare la libertà di espressione per negare i diritti e le libertà degli altri e distruggere i regimi democratici che li assicurano. Per questo la Corte europea ha negato protezione a chi fa discorsi incitanti al razzismo, all’antisemitismo e all’odio o alla violenza verso altri gruppi di persone. Simili leggi esistono negli Stati d’Europa, conformemente alle loro Costituzioni nazionali. Così ad esempio la Costituzione tedesca, che pone al suo primo articolo la dignità dell’uomo e il riconoscimento dei diritti inviolabili, espressamente stabilisce che perde protezione chi, per combattere l’ordinamento costituzionale liberale e democratico abusa, tra le altre, delle libertà di espressione, di insegnamento, di riunione, di associazione. Non c’è dubbio che tale principio pervada le altre Costituzioni e anche quella italiana. Nessuna tolleranza, cioè, va garantita agli intolleranti dei diritti e libertà altrui. L’espulsione di stranieri che tengano simili discorsi e attività, la repressione di ogni gruppo associato che a tali attività di dedichi o le prepari, sono non solo diritto, ma anche dovere da parte dello Stato. Certo può essere difficile per le autorità raccogliere prove inequivoche di incitamenti non solo retorici all’odio o alla violenza. Ma sono legittimi i controlli e la pretesa da parte dello Stato che i discorsi in luoghi come le moschee siano controllabili, comprensibili e quindi pronunciati in italiano. E i provvedimenti amministrativi come le espulsioni, le chiusure di luoghi di incontro o lo scioglimento di riunioni sono legittimi anche sulla sola base di seri sospetti. Sia chiaro che non si tratta di sospendere lo Stato di diritto, come se si fosse in guerra. Anche in un contesto del tutto normale – come però non è chiaramente il caso presente – sia la libertà di espressione, sia la libertà di professione religiosa, sia la libertà di riunione e associazione incontrano limiti per la sicurezza nazionale e la tutela dei diritti altrui. Anzi, l’enunciazione della libertà di espressione nella Convenzione europea è accompagnata dall’affermazione che essa comporta doveri e responsabilità. Cosicché non vi è necessità di ricorrere al rimedio estremo della sospensione della Convenzione europea per impedire l’indottrinamento, la propaganda e l’incitamento a commettere gli orrendi crimini che aggrediscono e insanguinano l’Europa. Non si rinuncia al carattere fondamentale delle nostre democrazie, non si fanno vincere le idee del nemico delle nostre libertà impedendo che esse siano usate per distruggerle. Si adempie anzi al dovere di difenderle. Su questo terreno non avrebbe ragione di esistere una separazione tra chi dà la massima importanza alle garanzie per tutti dei diritti e delle libertà fondamentali e chi invece le rifiuta o le sente con fastidio. Uniti, senza sensi di colpa, con la determinazione che meritano, i fondamenti delle democrazie liberali vanno difesi.