29 Gennaio 2020

Reazioni all’offesa antisemita contro la figlia di una ex partigiana

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Massimo Massenzio

La scritta antisemita resterà li «Testimonia i nostri tempi»

Torino, la figlia della staffetta partigiana Ines Ghiron chiede che non venga rimossa

Torino. Maria Bigliani compirà sessantacinque anni domani. E andata in pensione lo scorso ottobre e vive in una storica casa di ringhiera, sulla precollina di Torino. Sul muro del terzo piano, proprio accanto alla sua porta, qualcuno ha vergato con il pennarello nero una terribile minaccia: «Crepa sporca ebrea». Quella scritta è rimasta lì, anche se la sindaca Chiara Appendilo si è offerta di farla cancellare, perché Maria vuole che diventi una «testimonianza importante dei tempi che stiamo vivendo». Per questo, dopo qualche incertezza, ha deciso di rivolgersi agli investigatori della Digos e alla Procura, che adesso ha aperto un fascicolo per minacce aggravate dalla finalità di discriminazione religiosa. Maria è ebrea, e non ha mai fatto mistero delle sue origini. Spesso è andata incontro a prese in giro e sfottò da parte dei compagni di scuola, ma più avanti anche da parte dei colleghi che per anni hanno lavorato insieme con lei nell’ufficio Ambiente del Comune di Torino. Riconosce: «Ho sempre risposto a tutti per le rime, anche quando si trattava di insulti pesanti. Questa volta, però, è diverso. Mia mamma non avrebbe voluto che rimanessi in silenzio». Sua madre era Ines Ghiron Bigliani, coraggiosa staffetta partigiana, protagonista della Resistenza a Roma e a Milano. Era nata ad Alessandria nel 1917, ma la sua famiglia era originaria di Casale Monferrato. «I miei nonni si trasferirono presto a Parigi, dove mia madre ha vissuto fino al 1934», ricorda adesso Maria Bigliani, pescando appunti e fotografie in una scatola di cartone dove conserva tutti i suoi ricordi. «Erano anni difficili e mi raccontava che, appena tornata in Italia, non capiva per quale motivo si dovesse vergognare di essere ebrea», va avanti. «Poi arrivarono le leggi razziali e la nostra famiglia cercò rifugio a Ginevra, ma lei decise di non scappare. Così prima si nascose da alcuni parenti e poi riuscì a raggiungere Roma. E allora che si iscrisse al Partito d’Azione e che le assegnarono l’incarico di portare documenti riservati verso il Nord Italia. Ha corso tantissimi pericoli perché davvero credeva nella libertà e ha cresciuto i suoi tre figli con queste idee». A ottantasette anni Ines Ghiron ha raccolto le sue memorie nel libro Nonna raccontaci la tua vita, che ha dedicato ai suoi nipoti: «Ci ha trasmesso l’orgoglio di essere ebrei — ricorda Maria —. E un altro importante insegnamento è arrivato da Primo Levi, molto amico dei miei genitori, con la sua paura che l’Olocausto e tutte le sofferenze del popolo ebraico fossero dimenticati. Per questo spero che questo gesto orribile, compiuto da persone ignoranti e codarde, non venga scordato in fretta». Rileggendo quelle tre parole scritte proprio sopra il suo campanello, Maria non riesce a non provare una grande rabbia: «Non comprendo come si possano tirare fuori dal passato questi termini. Ho un po’ di paura, ma vorrei davvero che quello che è successo a me servisse d’esempio per i giovani. L’antisemitismo è sempre in agguato, si nasconde anche nelle frasi scherzose e non bisogna mai abbassare l’attenzione». Maria è vedova da cinque anni, ha due figli e dallo scorso ottobre è andata in pensione: «Ho sfruttato Quota 100 e adesso posso concedermi qualche viaggio e dedicarmi alla pittura, la mia grande passione», conclude con un sorriso. «Non sono mai stata in Israele, forse finalmente, dopo tanta attesa, riuscirò ad andarci»