Fonte:
www.mosaico-cem.it
Autore:
Nina Prenda
Rav Di Segni: “Noi presenti ai funerali del Papa per rispetto. Da parte sua, c’è stato un vuoto di empatia: nessune condoglianze dopo il 7/10”
Rav Riccardo Di Segni, il rabbino capo della comunità ebraica di Roma, è stato ospitato nella trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa. In studio, a Rav Riccardo Di Segni è stato chiesto come abbia vissuto l’altalenante dinamica che ha caratterizzato le inizialmente mancate condoglianze per la morte del Papa da parte del Primo Ministro di Israele, Benjamin Netanyahu. Rav Di Segni ha detto: “Non bisogna fare confusione tra due ruoli incomparabili. Lui è il Primo Ministro dello Stato di Israele mentre noi siamo la comunità ebraica, quella di Roma, presente in questa città da prima che venissero i cristiani. Non è un rapporto molto semplice quello con la Chiesa cattolica, è una storia di contrasti ed amicizia. Noi dal nostro punto di vista locale vediamo le cose vivendo in mezzo ai cristiani”.
Bruno Vespa fa notare che quando il Papa parlò di genocidio, questo suscitò il disappunto di Netanyahu e Noemi Disegni, la Presidente dell’UCEI – ricorda Vespa – disse che lei avrebbe avuto qualche difficoltà ad invitare il Papa al Tempio. “Lì c’è stato un momento di frattura con la Chiesa?” chiede Vespa a Rav Di Segni.
“Il rapporto che ha avuto questo Papa con la comunità ebraica è un rapporto molto complesso, perché all’inizio ha creato una grande amicizia e poi è stato capace di smontare questo rapporto con una serie di interventi – non soltanto con quell’espressione impropria usata – che ci hanno lasciato molto perplessi. Però un conto è il rapporto con un Papa per alcune sue posizioni in un momento della sua vita, un altro è il rapporto della comunità ebraica di Roma con la cristianità e con i cristiani in mezzo ai quali noi ebrei viviamo, conviviamo, discutiamo. C’è il momento della vita che è il momento della discussione, del dialogo, che non può essere qualcosa di finto, nel dialogo ci si scambiano opinioni, anche quelle molto differenti; e poi c’è il momento della morte nella quale si rispetta il dolore. Questo è quello che abbiamo voluto fare.
Parlando del diffondersi dell’antisemitismo, Rav Di Segni ha detto: “C’è stata una commistione, anche nei massimi vertici, del punto di vista religioso con il punto di vista politico. Poco prima dell’ultimo Natale il Papa si è recato in aula Nervi a pregare dinnanzi a un presepe. Un presepe palestinese nel quale c’era l’immagine di un bambinello, messa anche molto precocemente perché erano gli inizi di dicembre, avvolto in una kefiah. Questo è stato un chiaro segno di una scelta di parte. Da un punto di vista religioso e teologico, dire che Gesù fosse un arabo-palestinese è tremendo. Gesù era un bambino ebreo della Terra di Israele. Questa commistione di politica e religione con segnali equivoci è qualcosa di pericoloso”, ha detto.
Infine, Bruno Vespa chiede a Rav Di Segni se secondo lui a Gaza non si sia andati oltre il necessario. “Il problema da parte nostra è stato che c’è stata una mancanza di empatia” dice il rabbino capo. “Noi abbiamo apprezzato il fatto che il Papa chiamasse ogni giorno i parrocchiani della piccolissima comunità cristiana di Gaza, ma non ci risulta che abbia mai fatto una telefonata a un rabbino di Israele per esprimere condoglianze riguardo a quello che era successo”.
Cioè sul 7 ottobre lui è stato sempre silenzioso?
“Non c’è stato alcuna espressione diretta, alcuna comunicazione. In un rapporto di bella amicizia come quello che si era creata, si è sentito un vuoto”.