7 Luglio 2016

Profugo nigeriano interviene per difendere la moglie da insulti razzisti e viene picchiato a morte da un ultrà di calcio

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Nicola Catenaro

Difende la moglie, profugo ucciso dall’ultrà

Fermo, gli insulti per la strada alla donna e la lite con un tifoso della squadra di calcio locale La coppia di nigeriani scappati da Boko Haram era stata accolta in un seminario vescovile

FERMO Morto dopo un giorno di agonia per un insulto razzista. Il cuore di Emmanuel Chidi Namdi, 36 anni , nigeriano , in coma irreversibile dopo una colluttazione avuta lunedì pomeriggio, a Fermo, in pieno centro, con due ultrà della squadra locale con simpatie per l’estrema destra, ieri pomeriggio si è fermato per sempre nel reparto di rianimazione dell’ospedale Murri. Accanto a lui, distrutta dal dolore, la moglie Chimiary, 26 anni, che ieri ha raccontato agli inquirenti di essere stata lei a subire per prima l’aggressione e che Emmanuel, distante qual che metro, è intervenuto per difenderla. «African… scimmia, african… sei una scimmia». È un uomo di un metro e novanta, maglietta rossa, bermuda e sneaker, testa rasata e tatuaggi sulla gamba e su un braccio, a rivolgerle quegli insulti e, subito dopo, a strattonarla. Accanto c’è un tipo più basso, anche lui rasato e con abbigliamento simile. Sono noti in città per i loro comportamenti. Chimiary all’inizio non dice nulla, poi però comincia a gridare quando mani estranee le stringono il braccio e il collo. Emmanuel è già lì, interviene per fermare l’aggressione e grida anche lui : «Lascia mia moglie, lasciala». Da qui le versioni divergono completamente. La donna sostiene che il marito è stato colpito dall’uomo più alto prima con un palo della segnaletica stradale, divelto con forza dall’asfalto, e poi con un violento calcio. Il presunto aggressore sostiene invece di essersi dovuto difendere dalla rabbia del nigeriano e quindi di essere stato costretto a usare ogni mezzo per evitare conseguenze più gravi. La posizione dei due ultrà, soprattutto dopo la morte di Emmanuel, si aggrava sempre di più . Ci sono tre testimoni oculari della vicenda. Persone che erano nelle vicinanze e che hanno raccontato come sono andate esattamente le cose. Insieme a queste, anche le versioni degli agenti della polizia municipale aiuteranno a ricostruire come sono andati i fatti e come sia stato possibile che Emmanuel sia caduto a terra senza riprendere conoscenza. Tutto peraltro è avvenuto nel pomeriggio, intorno alle 17, quando la cittadina marchigiana non è mai vuota come appare di solito dopo pranzo. Le indagini della squadra mobile della questura di Ascoli Piceno, coordinate dal sostituto procuratore Francesca Perlini, stanno vagliando tutte le dichiarazioni e le testimonianze e i collegamenti con precedenti episodi di cui i due si siano eventualmente già resi protagonisti. C’è riserbo, naturalmente, sulle accuse che ieri, dalla comunità di Capodarco, sono piovute come un macigno dalla bocca di don Vinicio Albanesi, che ospitava da otto mesi la coppia nigeriana nel seminario arcivescovile di Fermo, all ’interno del progetto gestito dal la sua Fondazione Caritas in veritate. «Non abbiamo mai avuto problemi di convivenza e, solo nella giornata di ieri, avevo vissuto l’abbraccio della comunità islamica che si ritrovava per la fine del Ramadan», ha dichiarato il sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro. «Chimiary è stremata, distrutta, inconsolabile. Qui nel reparto di rianimazione dell’ospedale le stanno proponendo la donazione degli organi di Emmanuel, per dare la vita, magari, a quattro nostri connazionali», il post commovente di Massimo Rossi, ex presidente della provincia di Ascoli Piceno, ancora incredulo per l’accaduto. « Mi addolora ancora di più — ha dichiarato la presidente della Camera, Laura Boldrini — che questo fatto orribile sia avvenuto nella mia Regione, che è sempre stata terra di solidarietà e di accoglienza». In serata il premier Matteo Renzi, ha telefonato a don Vinicio Albanesi, che aveva conosciuto quando era un giovane scout, per esprimergli la sua vicinanza.