6 Giugno 2016

Nuova ricerca di “Vox-Osservatorio sui diritti” dedicata ai messaggi di odio diffusi attraverso Twitter

Fonte:

la Repubblica

Autore:

Cristina Nadotti

La mappa dell’intolleranza se la cronaca genera l’insulto

Una ricerca su due milioni di tweet italiani: donne e gay i più aggrediti Dal Bataclan alla lite Mancini-Sarri, ecco i picchi di offese e razzismo

Roma. Altro che sdegno e condanna. Quando un insulto omofobo, sessista o razzista sale agli onori della cronaca, la Rete invece di stigmatizzarlo lo cavalca. E se c’è chi si distingue come esempio positivo, Io si copre di improperi. Per il secondo anno consecutivo, la ong Vox-Osservatorio sui diritti, con le università di Roma La Sapienza, Milano e Bari ha stilato la mappa dell’intolleranza Da otto mesi di studio su quasi due milioni di tweet è nata la cartina geografica di un’Italia intollerante, pronta a seguire gli esempi peggiori e a rigettare coprendoli di scherno e infamia quelli migliori. I ricercatori hanno mappato messaggi con insulti razzisti, omofobi, antisemiti, contro le donne e contro i diversamente abili. Hanno poi realizzato mappe per evidenziare diffusione e concentrazione del fenomeno. L’intolleranza si concentra nelle zone con maggiore utenti di Twitter, su tutte vince in negativo la Lombardia, seguita dal Lazio e Roma. L’incitamento all’odio è meno presente al Centro Italia e c’è il caso dell’Abruzzo, che si caratterizza per commenti antisemiti. Prova del fatto che l’intolleranza si scatena in occasione di fatti di cronaca specifici, ci sono alcune date esemplari. II 20 gennaio 2016, durante la partita di calcio di Coppa Italia tra Inter e Napoli, l’allenatore dei partenopei Maurizio Sarri insulta Roberto Mancini con un termine omofobo. I media sono pervasi da sdegno per le parole di Sarri, ma la Rete non prova vergogna, anzi, rilancia l’insulto in un florilegio di abbinamenti che, come sottolinea Silvia Brena fondatrice insieme alla costituzionalista Marilisa D’Amico di Vox, «passa quasi sempre per la dimensione corporea e l’atto fisico, con un processo di disumanizzazione per tenere chi si sta insultando il più lontano possibile da sé». Anche rispetto ai temi dell’islamofobia e dell’immigrazione le mappe di Vox si rivelano una spia inquietante del sentimento nazionale. Un picco di insulti islamofobici si registra nella settimana successiva agli attentati di Parigi del 15 novembre 2015, mentre il 25 gennaio, durante il vertice Ue su Schengen, aumentano in modo esponenziale i tweet negativi contro i migranti. L’antisemitismo della Rete si scatena invece intorno al 27 gennaio, Giornata della memoria, e soprattutto quando nei media ha grande risalto il Papa che parla della Shoah come .vergogna dell’umanità». Se alcuni fatti di cronaca fomentano l’odio per gruppi specifici, c’è una tendenza costante a insultare donne e Rom. Nel secondo caso il termine “zingaro’ è unito a parole che indicano escrementi per insultare chiunque, dal giocatore avversario al politico. Non serve invece un pretesto, ogni momento è buono per la misoginia, che per il rapporto di Vox «appare in Italia il vero fenomeno esplosivo, con una distribuzione nazionale piuttosto uniforme con picchi in Lombardia, Campania, confine tra il Sud dell’Abruzzo e il Nord della Puglia». Uno degli autori della ricerca, lo psichiatra Vittorio Lingiardi, spiega così il nesso tra cronaca e picco di insulti: «Le nostre mappe mostrano una sfida al “politicamente corretto”. II risultato è una vera e propria subculture che, mentre perde consapevolezza della realtà fisica, si rinforza espandendosi sul web». E se i ricercatori convengono che agli insulti sul web non segue automaticamente l’attuazione di comportamenti violenti, Lingiardi avverte: «Siamo abituati a prenderci cura di quello che succede “dopo”. II lavoro con le mappe mi rende, invece, sempre più consapevole che non possiamo limitarci a curare, ma dobbiamo saper prevenire e offrire soluzioni. Nella pratica, vuol dire promuovere una cultura del dialogo e delle differenze individuali. Distribuiremo il nostro lavoro nelle scuole e alle istituzioni per spronarle a fare prevenzione».