15 Luglio 2020

Motivazioni della sentenza che ha condannato 29 imputati legati al sito neonazista Stormfront

Fonte:

La Repubblica edizione di Roma

Autore:

Federica Angeli

“Stormfront, da condannare becere esternazioni razziali”

Il 10 febbraio la sentenza contro 29 neofascisti. “Insulti rancore e odio per il popolo ebraico”

«Il sito “Stormfront” ha rappresentato sostanzialmente lo squallido palcoscenico su cui esibirsi per dare voce alle loro becere, farneticanti esternazioni ci discriminazione razziale ed incitamento all’odio ed alla violenza contro gli ebrei, i neri, i diversi, le minoranze, per 6 imputati. Il medesimo sito per tutti gli altri imputati ha rappresentato, oltre a tutto ciò, anche quel fondamentale punto di aggregazione ideologico e “culturale”, strumentale all’elaborazione, alla pianificazione, alla concertazione delle strategie d’intervento ritenute più efficaci per la realizzazione del programma criminoso di partenza». Le motivazioni della sentenza “Stormfront” con cui lo scorso 10 febbraio sono stati condannati 29 imputati suonano come uno schiaffo contro quell’ideologia fuorilegge a cui ancora oggi, in molti, si avvicinano. I motivi della condanna per associazione a delinquere (la prima associazione “virtuale” riconosciuta da un tribunale italiano) finalizzata alla diffusione d’idee fondate sull’odio razziale ed etnico e incitamento a commettere atti di violenza o di provocazione alla violenza, per motivi razziali etnici, nazionali o religiosi, sono racchiusi in 130 pagine depositate due giorni fa. I giudici sono lapidari nella spiegazione del perché hanno deciso di condannarli e sposano appieno la tesi del procuratore aggiunto Luca Tescaroli che ha sostenuto tutto il dibattimento. «Ogni scritto e immagine di questo video (ovvero un video postato contro il popolo ebraico, ndr) — si legge nelle carte — trasuda rancore, odio, avversione e disprezzo non, si badi bene, nei confronti di questo o un altro determinato personaggio, ovvero di questo o altro settore o categoria, bensì nei riguardi di tutti gli appartenenti al popolo ebraico, In ragione del puro e semplice fatto di tale appartenenza e dunque, in definitiva, della loro identità». Non solo violenza virtuale però. Notevole motivo d’allarme rispetto ai partecipanti al sito Stormfront «rappresentò per gli inquirenti la constatazione della vasta eco, che puntualmente trovavano sul sito, gravissimi fatti di cronaca a sfondo razziale, con pubblicazione di commenti che si traducevano in vera e propria apologia delle suddette imprese criminose». E chi, come Roberto Saviano o l’ex assessore capitolino Carla di Veroli, l’ex ministro Andrea Riccardi o il presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici, interveniva per prendere posizione su quei fatti di cronaca, era diffamato e preso di mira con insulti razziali «orribili, vergognosi e decisamente diffamatori». Motivo per cui gli imputati oltre alla condanna dovranno risarcire chi hanno diffamato.