31 Maggio 2017

Monika Schwarz-Friesel e Jehuda Reinharz, Inside the Antisemitic Mind:The Language of Jew-Hatred in Contemporary Germany, Brandeis University Press

Fonte:

Il Foglio

Autore:

Antonio Donno

Il grande ritorno in Germania degli odiosi stereotipi contro gli ebrei

La denuncia in un libro inchiesta. Non è solo xenofobia

“Io non sono antisemita, è soltanto Israele che aborrisco”, afferma l’antisemita di oggi per difendersi dall’accusa di antisemitismo. In realtà, come i fatti dimostrano, giudeofobia e anti israelismo sono ormai praticamente indistinguibili, cioè a dire che la “questione ebraica” e la “questione israeliana” sono perfettamente sovrapponibili. Ciò comporta uno sviluppo dell’antisemitismo in Europa come mai si era avuto nei decenni dopo la Shoah. Gli antisemiti odierni “hanno reindirizzato la Soluzione Finale’ dagli ebrei allo stato di Israele, che considerano l’incarnazione del male”. Questa orrenda constatazione ben esprime il senso della fondamentale opera di Monika Schwarz-Friesel e Jehuda Reinharz, Inside the Antisemitic Mind:The Language of Jew-Hatred in Contemporary Germany, pubblicato in Germania nel 2013 e quest’anno negli Stati Uniti dalla Brandeis University Press. Il libro non è uno studio teorico sull’antisemitismo; i due ricercatori tedeschi hanno vagliato, a partire dal 2002, migliaia di email, lettere, cartoline postali e fax inviati da tutte le regioni della Germania al Central Council of Jews tedesco e all’Ambasciata di Israele a Berlino. Si tratta, quindi, di un libro fondato su una massa imponente di documentazione, di dati empirici che rivelano il permanere, e anzi il rafforzarsi, di un odio irrazionale e ossessivo verso gli ebrei, coniugato con la ripresa di antichi stereotipi, erroneamente ritenuti ormai estinti dopo la Shoah. Invece, sta avvenendo il contrario. L’antisemitismo non è più tipico della destra; la sua modificazione nella critica verso Israele è oggi propria della sinistra, a livello popolare come dei circoli più elitari. All’interno di questo contesto, il conflitto tra Israele e il mondo arabo, che risale alla fondazione stessa dello stato ebraico, è oggi rinverdito dagli antisemiti nella forma più “accettabile” di un’opposizione alla politica del governo di Israele, ma si nutre quasi sempre degli stereotipi più odiosi della tradizionale giudeofobia. Cosi, scrivono gli autori, oggi si è di fronte a una “israelizzazione della moderna giudeofobia”, moderna all’apparenza, antica nella sostanza. Più ci si allontana dagli anni orribili della Shoah – pare di capire – più ritornano a galla gli stereotipi più odiosi nei confronti degli ebrei, non solo degli israeliani. Non si tratta di pura e semplice xenofobia, come alcuni affermano al fine di alleggerire il peso dell’accusa di antisemitismo, ma di un odio specifico contro gli ebrei, demonizzati come espressione assoluta del male. Ritorna in auge uno degli aspetti più radicati della civiltà occidentale, una sua componente sempre viva e vitale, che si diffonde non solo tra la gente comune, ma ora anche nelle componenti più elitarie del mondo politico internazionale. Il caso della Germania è assunto dagli autori come l’esempio probante di questo ritorno massiccio dell’antisemitismo. Secondo Schwarz-Friesel e Reinharz, per i quali la demonizzazione degli ebrei prescinde oggi dall’esperienza atroce della Shoah, si è andato definendo un codice linguistico antisemita, che si serve di termini che una volta erano utilizzati per condannare gli antisemiti e che oggi, invece, gli antisemiti usano per bollare gli ebrei e i loro sostenitori. Il web è la sede principale in cui gli argomenti e le stesse forme linguistiche si ripetono ossessivamente, creando un circuito imitativo che si riproduce continuamente. Così, in questo nuovo codice il termine “nazista” ha subito un rovesciamento d’attribuzione: sono gli antisemiti e i sostenitori del terrorismo anti israeliano a servirsene per condannare Israele e i suoi amici, definendoli nazisti. Nel caso tedesco, ciò può attenuare il senso di colpa legato al passato nazista: “L’argomentazione giudeofobica nella Germania odierna combina il rigetto della condanna per il passato con l’attribuzione della condanna agli ebrei per il presente (grazie al rovesciamento assassino/vittima)”. “Il linguaggio – concludono gli autori – deve perciò essere considerato uno strumento di manipolazione”. Considerazione ovvia, ma che assume connotati di estrema rilevanza per lo specifico caso dell’antisemitismo, una piaga che attraversa i secoli senza soluzione di continuità. Allo stesso modo, nei paesi che non hanno avuto un passato nazista i libri intrisi di antisemitismo sono spacciati per critica nei confronti di Israele e l’ostilità verso lo stato ebraico è giustificata in questi termini. In questo modo, l’odio verso Israele e verso gli ebrei si coniuga concettualmente e verbalmente; la conseguenza è che “oggi Israele è condannato come un ebreo collettivo” e perciò si tende “a escluderlo dalla comunità dei popoli o delle nazioni”.