10 Aprile 2021

Milena Santerini, La mente ostile, Raffaello Cortina, Milano, 2021

Fonte:

Repubblica Robinson

Autore:

Vittorio Lingiardi

Le sfumature dell’odio

Nel suo ultimo libro Milena Santerini analizza i diversi gradi di ostilità personali e sociali, dal razzismo all’omofobia all’antisemitismo Un racconto tra ragione e sentimento, con qualche motivo di ottimismo

La mente ostile è un libro che studia e descrive le voci, urlate o sibilate, di chi, sulla base di pregiudizi e stereotipi, traveste di violenza la propria fragilità e si unisce al coro del “noi contro loro”. È un bel titolo perché ci avvicina al tema del libro attraverso un concetto, l’ostilità, che, rispetto al sentimento dell’odio, è più sfumato e più facile da riconoscere anche in noi stessi. L’ostilità della mente comprende anche l’odio, ma lo inscrive in quell’ampia zona grigia fatta di malevolenza, diffidenza, rancore, avversione, disprezzo, svalutazione: posture mentali che contribuiscono a declinare l’avversione nelle relazioni personali e in quelle sociali, nelle piccole aggressioni, solo verbali, come nelle grandi, anche criminali. Dall’hate speech all’hate crime. Attento alla complessità del negativo e in equilibrio tra riflessione scientifica e denuncia preoccupata, il libro di Milena Santerini, docente di Pedagogia generale all’Università Cattolica di Milano e coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, non fa proclami, ma neppure sconti. Con determinazione fiuta l’odore dell’odio mentre si abbatte sui suoi bersagli: «stranieri, ebrei, rom, musulmani, donne, omosessuali, persone fragili… o anche singoli che rappresentano il capro espiatorio dell’altrui insoddisfazione». Santerini percorre i corridoi dell’ostilità fino alle stanze dell’odio, capace di tenere in dialogo, con competenza comunicativa, le letterature psicologica, sociale e giuridica. Senza trascurare il confronto con le neuroscienze: esperimenti che confermano la propensione dicotomica a leggere il contesto in termini di ingroup da difendere vs outgroup da offendere, ma che testimoniano anche gli sviluppi integrativi di cervelli empatici e capaci d’identificazione, dove la somiglianza interumana prevale sull’ossessione identitaria e, va da sé, suprematista. Dall’antisemitismo di ieri ai neorazzismi di oggi, dal sessismo all’omofobia (tralasciando purtroppo il tema della transfobia, pur essendo l’Italia al primo posto in Europa per numero di vittime), i sette capitoli che compongono La mente ostile mantengono un equilibrio, a favor di lettore, tra la speculazione e l’esemplificazione, con storie di cronaca che tutte e tutti dovremmo ricordare, ma purtroppo dimentichiamo in fretta, la nostra memoria vulnerabile quotidianamente incalzata dalle cronache del sopruso. Accanto a storie ignobili come la raffica di messaggi di odio contro l’infermiera romana la cui unica “colpa” fu quella di accettare per prima in Italia, il 27 dicembre 2020, di vaccinarsi contro il Covid-19, trova spazio anche qualche esempio virtuoso, per esempio quello di Trisha Prabhu, l’adolescente indiana che ha lanciato l’app “Rethink” come strumento contro il cyberbullismo. Si chiama “Ripensaci” proprio perché vuole invitare chi sta per lanciare nel web un messaggio di odio a fermarsi in tempo: il male virtuale fa un male reale, spesso irreparabile. Un modo insomma per arginare la tossicità di quelle menti non mentalizzanti la cui espressione è disinibita da fattori quali l’immaginazione dissociativa, l’asincronicità (cioè l’assenza della temporalità propria del confronto “reale”), l’imitazione, l’anonimato (anche se purtroppo sempre meno si tratta del sasso gettato da una mano che subito si nasconde, poiché oggi la mano fieramente si mostra, spesso con tutto il braccio teso). Ma soprattutto è correlata, ed è questo il dato più interessante, a bassi livelli di autostima. Come scriveva Pavese, forse «si odiano gli altri perché si odia se stessi». La mente ostile è un libro di ragione e sentimento scritto da chi crede nell’insegnamento come percorso evolutivo, un viaggio non solo alle radici dell’odio ma anche lungo i suoi rami contorti e sempre intrecciati con psicopatologie individuali e sociali. Anni di partecipazione alle attività dell’osservatorio italiano sui diritti Vox (con il quale rileviamo, a partire da milioni di tweet, le cosiddette “mappe dell’odio”), insieme alla lettura di testi come questo o come il classico Disgusto e umanità di Martha Nussbaum, mi hanno insegnato che la mente ostile agisce disumanizzando. Sceglie un oggetto sociale che ritiene “debole” o “inferiore” (in primo luogo le donne) e ne vilifica, sporca e attacca l’immagine corporea (si pensi al body shaming e al revenge porn), cioè la dimensione più intima, sacra e personale della nostra umanità. L’attualità e l’urgenza di un libro come questo sono evidenti. Per esempio è un aiuto a riflettere su quella “libertà d’espressione” invocata da chi tiene in stallo l’approvazione della legge contro l’omotransfobia. Con invidiabile calma (di fronte all’odio è una grande virtù perché disinnesca il meccanismo incendiario della contrapposizione), l’autrice afferma che se «la circolazione libera delle idee è un valore immenso da preservare e uno strumento imprescindibile della democrazia», importante è saper distinguere tra censura e «vigilanza sull’hate speech».