18 Settembre 2015

Lo storico Claudio Vercelli commenta il volantino antisionista-antisemita diffuso dal comitato “No Expo No Israele”

Fonte:

Mosaico-cem.it

La violenza cosciente del testo della manifestazione No Expo No Israele del 19 settembre

“Il volantino raccoglie un universo di significati dietro espressioni che potrebbero altrimenti sembrare logore e consunte, quando invece tali non sono”, commenta lo storico Claudio Vercelli

“Le parole sono pietre. Rocciose e acuminate. Sono come dei proiettili. Il volantino di convocazione per la manifestazione e il corteo previsto a Milano, il 19 settembre, voluto dai «No Expo», raccoglie un universo di significati dietro espressioni che potrebbero altrimenti sembrare logore e consunte, quando invece tali non sono. Non sono neanche deliranti, poiché si tratta di un appello alla mobilitazione, quindi alla partecipazione che, nelle intenzioni di chi lo ha redatto, dovrebbe cercare di raccogliere il maggiore assenso possibile”.

Così lo storico Claudio Vercelli commenta in esclusiva per Mosaico il volantino di convocazione alla manifestazione No Expo del 19 settembre contro l’Expo, Israele e il PD, in cui Emanuele Fiano, candidato sindaco a Milano per il partito, viene definito “garante del capitale sionista, come un direttore di banca sul caveau”. Una manifestazione – con partenza da piazza della Repubblica alle 15 – che si spera non raggiunga i picchi di violenza e vandalismo del 1 maggio scorso, quando il centro di Milano è stato letteralmente devastato dai manifestanti (molti dei quali si dichiarano pacifisti….).

Il testo del volantino che invita alla manifestazione

“E’ importante denunciare e contrastare le politiche del PD, partito che in Italia sta conducendo una politica al servizio di banche e poteri forti, al servizio dell’imperialismo e del sionismo – si legge nel testo -. Oltre a ridurre in frantumi ciò che rimane delle conquiste emerse dalla lotta di liberazione dal nazifascismo della quale in troppi, pateticamente, si sono riempiti la bocca durante le celebrazioni del 70°, proprio in questi giorni ha dato il colpo di grazia alla scuola pubblica, dopo aver affossato ogni tutela dei lavoratori con l’approvazione del Jobs Act. Il PD, indossati i panni dello squadrismo, il 25 aprile è sceso in piazza non per commemorare il 70° della Liberazione ma per scortare i sionisti. Infatti quel giorno a Milano a seguito dei sionisti sventolavano le bandiere del PD, anch’esse duramente contestate dalla folla, che da un lato e dall’altro della strada gridava ripetutamente slogan contro la politica guerrafondaia, di complicità con l’occupazione della Palestina e di attacco ai lavoratori portata avanti dal governo Renzi. Non ci ha sorpreso, quindi, che gli agenti dello stesso PD abbiano scortato i sionisti della Brigata Ebraica, alla stregua di guardie giurate di un’agenzia privata che scorta il portavalori. Un “gruzzolo”, il capitale sionista, che sta copiosamente innaffiando le campagne elettorali di tale massoneria, in cui la presenza di esponenti di spicco come Emanuele Fiano fa da garante sul tesoro, come un direttore di banca sul caveau”.

Banche, poteri forti, imperialismo, sionismo: le parole chiave

«Il tono è marcatamente aggressivo, volutamente enfatico ma la prosa è studiata – commenta Claudio Vercelli -. Non è un occasionale esercizio di stile ma una dichiarazione di secca contrapposizione. Con più di un elemento inquietante. Il principale obiettivo è un’organizzazione politica, il Partito democratico, definita come il soggetto che in Italia sta conducendo una politica al servizio di banche e poteri forti, “al servizio dell’imperialismo e del sionismo”. Ma la questione va ben al di là di questa premessa. Così dicendo, infatti, il primo viene qualificato come il servente dei secondi: banche, poteri forti, imperialismo, sionismo. Sono loro gli avversari da identificare e sconfiggere. Si tratta di quattro termini chiave, che appartengono al linguaggio di ritorno di un circuito di soggetti che gradiscono definirsi come “anti-sistema”, dove i motivi e le suggestioni che furono di una parte della sinistra estrema si incontrano, per poi ibridarsi, con alcuni elementi espressi dalla destra radicale.

L’antimperialismo nell’età della globalizzazione è in realtà una scatola vuota. Poiché non riconosce i mutamenti che gli stessi soggetti, ai quali dice di volersi, rivolgere hanno nei fatti conosciuto. Ma cerca degli spettri con i quali rivestire di significati i suoi appelli. Alcune associazioni di idee, richiamate da certe parole, e dalla loro ricorrenza, sono evidenti. Il sionismo diventa l’equivalente del fascismo, se non del nazismo (la citazione non c’è ma è sollecitata nell’immaginario del lettore, soprattutto quando si rinvia all’«occupazione della Palestina»), in una tanto disinvolta quanto devastante sovrapposizione di storie e di fatti, secondo uno schema mentale, prima ancora che politico, basato sulla transitività: le vittime di ieri sono i carnefici di oggi e per questo la “lotta contro l’occupazione della Palestina” deve diventare il nuovo orizzonte dell’”antifascismo”. Le banche si trasformano in soggetti mitologici, delle Idre dalle infinite teste, contro le quali solo dei novelli Ercole possono adoperarsi. Qui l’ammiccamento è al giovanilismo militante, dei “senza potere” che, unendosi, diventano massa critica contro le istituzioni.  I “poteri forti”, un’espressione che appartiene più al lessico qualunquista delle vecchie “maggioranze silenziose” che non a quello di mobilitazione dei nuovi “antagonismi”, vengono qui evocati al posto di qualcosa che non si osa pronunciare se non al momento in cui si afferma che si è in presenza di: «Un “gruzzolo”, il capitale sionista, che sta copiosamente innaffiando le campagne elettorali di tale massoneria, in cui la presenza di esponenti di spicco come Emanuele Fiano fa da garante sul “tesoro”, come un direttore di banca sul caveau».

Tre cose sono secondo Vercelli rivelatrici del retroterra culturale degli estensori del testo. «La prima è il rimando al “capitale sionista” (laddove alla ricchezza, intesa in senso astratto, come una condizione di privilegio totale, è dato un connotato ideologico, il sionismo, che si fa etnico, essendo il sionismo identificato, nel comune sentire, con l’ebraismo; ma anche l’inverso, per cui il sionismo non può che essere fondato sui capitali speculativi, prerogativa propria solo a certi “gruppi”, legati tra di loro da vincoli parentali e comunitari) – continua lo storico -. La seconda è il richiamo alla “massoneria“, intesa come un’alleanza segreta, o riservata, tra individui affini, volta ad estromettere la collettività (il “popolo”, la “nazione”, il proletariato”, a seconda degli accenti ideologici e delle varianti politiche che si adottano) dai processi decisionali e dal protagonismo pubblico, espropriandola inoltre dei suoi beni».

La polemica contro la presunta congiura massonica ha un’antichissima radice, prima e dopo la Rivoluzione francese, costituendo una delle basi del complottismo, l’atteggiamento culturale e mentale per il quale la storia è il prodotto dell’azione di forze occulte. «Il terzo elemento, trattandosi di un ulteriore salto di qualità, è l’identificazione in un uomo politico come dell’obiettivo della propria rabbia – continua Vercelli -. Un uomo molto attivo in città, e non solo, noto per il suo impegno. E qui le pessime e angoscianti suggestioni rinviano a tempi ancora prossimi a noi, quelli degli anni della lotta armata, quando l’identificazione del “nemico” con una figura in carne ed ossa, era una prassi piuttosto diffusa».

Non si può da ciò fare derivare facili nonché gratuite equazioni tra il passato e il presente, ma rimane in bocca l’amarissimo retrogusto che certe immagini e determinate parole alimentano, rimandando a trascorsi drammatici. «L’invettiva, in questo caso, serve senz’altro a creare angoscia tra i “nemici” per compattare, su un versante sempre più radicalizzato, gli “amici” e i sodali. Rimane comunque il fatto che diventa un precedente in una escalation verbale sempre più accesa. Poiché ad essere nel fuoco dell’attenzione non è una istituzione, rappresentata da chi ne occupa temporaneamente la funzione (dove la personalizzazione serve soprattutto a veicolare l’avversione più generale verso la politica in quanto tale), bensì un cittadino con incarichi politici, avversato non per quello che fa ma per quello che si dice sia, ovvero colui che, tra pochi altri, tirerebbe le file dell’inconfessabile calcolo d’interessi che animerebbe tale “massoneria”».

Esiste poi un ulteriore e fondamentale terreno di conflitto: l’eredità dell’antifascismo e della lotta di Liberazione. «Da tempo una parte del radicalismo politico ha aperto un confronto durissimo, contro le forze parlamentari così come nei confronti delle organizzazioni che, tradizionalmente, si sono incaricate di preservarne e coltivarne la memoria – continua Vercelli -. Dentro l’Anpi le diversità di accenti si sono trasformate, in alcuni casi, in una vera e proprio conflitto. Anche in questo caso quasi sempre il punto di collisione è dato dal giudizio sul conflitto israelo-palestinese, assurto a una sorta di banco di prova di identità, fedeltà e visioni del mondo. Al Partito democratico è imputata non solo la responsabilità di coltivare una visione cristallizzata e anestetizzata del passato ma di piegarne le ragioni ai propri inconfessabili interessi. Così, ancora, il testo del volantino: “Oltre a ridurre in frantumi ciò che rimane delle conquiste emerse dalla lotta di liberazione dal nazifascismo della quale in troppi, pateticamente, si sono riempiti la bocca durante le celebrazioni del Settantesimo, proprio in questi giorni ha dato il colpo di grazia alla scuola pubblica, dopo aver affossato ogni tutela dei lavoratori con l’approvazione del Jobs Act”. Il nesso che viene istituito è diretto: si usa la memoria della Resistenza per legittimare scelte politiche che sono in diretta opposizione al suo lascito».

Inoltre, nel testo, il termine “squadrismo” è affibbiato ad un partito antifascista, a volerne azzerare qualsiasi legittimità in tal senso; l’accostamento tra lotta di Liberazione e sionismo è dato solo per rimarcare i caratteri antitetici dei due fenomeni politici; si denuncia, infine, la natura di spregiudicato interesse privato («guardie giurate di un’agenzia privata che scorta il portavalori») di un’azione pubblica, la partecipazione ad una manifestazione collettiva. «Il tutto, assumendo il tono, a tratti quasi oracolare, di una rivelazione – spiega lo storico -. Come a volere dire: vi rendiamo coscienti della manipolazione che ci starebbe dietro a certe condotte, falsamente democratiche (laddove “noi”, lascia intendere il testo, “siamo i veri depositari dell’autentica democrazia”, quella che nasce dallo scontro militante); vi esortiamo a condividere le ragioni della nostra lotta, che è quella di un novello Davide contro l’abietto Golia poiché la sproporzione di forza tra la “noi” e “loro” (i “sionisti”) è ciò che la nobilita. Non a caso, oggi, il punto nodale di raccordo tra le diverse e variegate componenti del radicalismo è il rifiuto totale delle “grandi opere”, presentate come il suggello delle peggiori nequizie: la distruzione del territorio, la disintegrazione del lavoro e dei suoi diritti, il conferimento di indebite ricchezze a impresentabili comitati d’affari, l’espropriazione dei diritti dei lavoratori come dei residenti».

Il tutto fatto attraverso un linguaggio pesantissimo, che a malapena simula di volere un confronto diretto, quando in verità cerca solo lo scontro per opposizione frontale. «Rimane il fatto che l’intera struttura del testo del volantino, a conti fatti, risulti rivolta soprattutto a quanti sono già convinti di ciò che si va sostenendo – conclude Vercelli -. Si tratta, a tutti gli effetti, di un appello la cui funzione è di rafforzare, con l’aggressività delle sue affermazioni, la determinazione ad una contrapposizione di identità che è il grado zero dell’azione politica. Ricorrendo, sempre più spesso, a un arsenale di idee, di raffigurazioni e di immagini che rimanda, di parola in parola, a un passato delirante ma non per questo archiviato una volta per sempre».