23 Febbraio 2022

Lisa Palmieri-Billig riflette sul tema dell’unicità della Shoah

Fonte:

https://www.lastampa.it/vatican-insider

Autore:

Lisa Palmieri-Billig

“Perché la Shoah è unica”

Una riflessione di Lisa Palmieri-Billig, Rappresentante in Italia e di collegamento con la Santa Sede dell’AJC – American Jewish Committee

Solo due settimane separano le ricorrenze annuali del Giorno del Ricordo della Shoah, il 27 gennaio, dal Giorno del Ricordo delle Foibe. Durante la Shoah, o Olocausto, due terzi degli ebrei europei furono sterminati dal regime nazista di Hitler in nome della sua ideologia di “razza ariana superiore”. Le Foibe si riferiscono agli eccidi di migliaia di italiani che vivevano nell’Istria meridionale (Croazia), Dalmazia e nelle zone circostanti durante e dopo la seconda guerra mondiale, perpetrate dai partigiani jugoslavi come vendetta di guerra contro il regime fascista italiano.

Quest’anno, una lettera ufficiale è stata diffusa a tutto il sistema scolastico italiano dal Ministero dell’Educazione in cui le Foibe sono state paragonate alla Shoah. Solo poche settimane prima negli Usa, una conduttrice televisiva afroamericana molto popolare aveva dichiarato con disinvoltura che la Shoah non aveva alcun legame con il razzismo, che era solo un’altra dimostrazione della disumanità dell’uomo verso l’uomo. In entrambi i casi non è stata fatta alcuna menzione delle vere, uniche, cause storiche della Shoah. I punti ciechi e le carenze di conoscenza presenti nella comunicazione possono essere facilmente interpretati dai malinformati come fatti veri, e così i semi maligni di una riscrittura orwelliana della storia sono piantati e destinati a fiorire nelle generazioni future, soprattutto quando sono diffusi da persone o istituzioni in posizioni influenti, che hanno un impatto sull’opinione pubblica e circolano ulteriormente attraverso i social media.

La prova dell’infinita capacità del genere umano di commettere i più grandi delitti verso i suoi simili non richiede purtroppo altro che un elenco di alcuni della moltitudine di orrori passati e presenti chiamati Biafra, Ruanda, le Foibe, il genocidio armeno, il massacro di Srebrenica, ecc. Attualmente ne sta accadendo uno, quello degli uiguri nella regione cinese dello Xinjiang, che il mondo “libero” non ha ancora potuto o voluto fermare.

Ognuno di questi orrori e le sue vittime richiede e merita di essere ricordato accuratamente e singolarmente, mentre gli orrori in corso richiedono un intervento reale. Le nostre commemorazioni invocano tutte ripetutamente “Mai più”, mentre riconosciamo bene la nostra impotenza di fronte a una realtà dominata da una concorrenza spietata per il dominio economico e le lotte di potere nazionali.

Allora perché la Shoah è stata unica, e perché non può essere paragonata ad altri genocidi?

La risposta gela le nostre riflessioni sulla continuità del passato e del presente. La Shoah è stata pianificata a sangue freddo secondo precisi concetti di efficienza e tecnologia moderna. Fu eseguita da una civiltà altamente istruita, colta, avanzata, con l’uso di un diabolico, meticoloso piano di omicidio di massa mirato alla totale estinzione di tutti i membri di un certo popolo, una certa religione, una certa tradizione e cultura. Erano condannati per il loro DNA: uomini, donne, bambini, neonati, vecchi e infermi, tutti coloro che appartenevano a quella che era considerata una “razza inferiore” da un pazzo e dai suoi seguaci sottoposti ad un lavaggio ideologico del cervello. I nazisti tedeschi identificarono la loro preda negli alberi genealogici di tutti gli ebrei rintracciabili: i normali, pacifici, integrati, produttivi cittadini che avevano vissuto come parti integranti e integrate delle nazioni d’Europa per oltre due millenni, fin dall’epoca etrusca, pre-romana.

Come ha affermato il famoso sociologo Zygmunt Bauman, “…l’Olocausto non è stato semplicemente un problema ebraico e nemmeno un evento esclusivo alla storia ebraica. L’Olocausto è nato e si è realizzato nella nostra moderna società razionale, in una fase avanzata della nostra civiltà e all’apice della realizzazione culturale umana, e per questo è un problema di quella società, civiltà e cultura”.

Nella loro spietata e folle ricerca di instaurare una “pura, bianca, razza superiore ariana”, gli scagnozzi di Hitler introdussero altre “categorie” di esseri umani inadatti alla vita, come gli zingari, i menomati mentali o fisici, gli omosessuali, ecc. I nazisti volevano conquistare il mondo e creare più “Lebensraum” o spazio vitale per loro stessi in quanto “ariani puri.” Se avessero vinto la guerra, tutti gli ebrei e tutti quelli considerati “inadatti alla vita” dai conquistatori sarebbero stati totalmente “eliminati” in maniera efficiente.

Il popolo ebraico però era l’ossessione essenziale dei nazisti, il loro principale obiettivo di eliminazione. Nel 1933 circa 9,5 milioni di ebrei vivevano in Europa. Erano circa il 60% della popolazione ebraica mondiale. Nel 1945 circa 6 milioni, cioè due terzi degli ebrei europei erano stati eliminati “scientificamente” nelle camere a gas dei campi di concentramento, per eliminazione diretta, o per le condizioni sadiche e disumane della loro prigionia. I diabolici cervelli dei nazisti avevano organizzato meticolosamente un genocidio scientifico.

Questi esseri umani indifesi furono braccati in tutto il continente, colpevoli solo di essere nati. Nonostante avessero fatto parte per secoli di alcune delle società e delle nazioni più civilizzate del XX secolo, furono lasciati senza un posto dove nascondersi e dove cercare rifugio. Una piccola minoranza di cittadini coraggiosi e di buon cuore ha rischiato la vita per salvare i perseguitati, e sarà ricordata per sempre dagli alberi piantati in onore e ricordo dei loro nomi nel Giardino dei Giusti fra le nazioni, nel Centro Mondiale del Ricordo dell’Olocausto di Yad Vashem a Gerusalemme. Quelle persone e famiglie ebree che furono in grado e sufficientemente fortunate, riuscirono a fuggire con le navi verso altri continenti prima che la “soluzione finale” raggiungesse il suo ultimo stadio.

Nel ricordare questo orrore, per onestà dovremmo prestare maggiore attenzione a un contesto storico oggi ancora largamente ignorato. Gli ebrei in Europa erano un popolo che aveva contribuito alla costruzione della cultura europea, della democrazia, dei diritti umani – una cultura basata sulle loro radici religiose e spirituali, e un sistema giuridico i cui valori morali erano tratti dai concetti della Bibbia ebraica (Torah) di uguaglianza (l’uomo è stato creato a “immagine e somiglianza” del suo Creatore) e un ideale di giustizia (“Din”) fuso con la compassione e l’empatia (“Rachamim”). Stabilire tribunali di diritto ovunque una comunità vivesse era uno dei Dieci Comandamenti che Mosè portò giù al suo popolo dal Monte Sinai.

Un rifiuto religiosamente motivato dell’idolatria si trasformò in un’avversione radicata all’obbedienza incondizionata all’autorità di re e dittatori ingiusti. Il precetto religioso dello studio della Torah fece dell’educazione un valore fondamentale nelle case ebraiche, dove la lettura, la scrittura, lo studio e i dibattiti a diverse voci portarono ad un’alta percentuale di alfabetizzazione tra le minoranze ebraiche che vivevano in Europa. Questo portò all’alta percentuale di ebrei attivi in tutte le professioni e mestieri e al loro contributo al progresso delle arti e delle scienze e al benessere generale della società.

Tuttavia tutta questa attività fece anche di loro una minoranza sproporzionatamente visibile, spesso considerata come “pietre d’inciampo” estranee e fastidiose per tutti coloro che esercitavano il potere terreno. Erano comodi capri espiatori per i governanti ogni volta che crisi naturali o politiche avverse creavano disordini che minacciavano le classi dominanti. Venivano diffuse assurde teorie del complotto antisemita che accusavano gli ebrei di essere “assassini di Cristo” (colpevoli di “deicidio”), di commettere “omicidi rituali” di bambini cristiani, di “avvelenare i pozzi”, di diffondere la peste, di tramare per diventare padroni del mondo (da “I protocolli dei saggi di Sion”) e una serie infinita di stereotipi antisemiti su ebrei sporchi, brutti, avidi, disprezzati da Dio, condannati all’eterna perdizione. L’odio fu così alimentato ripetutamente e portò a frequenti pogrom, espulsioni, massacri.

I miti diabolici caddero sulle orecchie e sugli occhi dei fedeli cristiani che erano già stati avelenati e condizionati da secoli di “insegnamento del disprezzo”, basato su un antigiudaismo nato negli anni in cui i seguaci di Gesù cercavano di far prevalere il loro credo su quello dei loro “fratelli maggiori”, in modo da favorire conversioni sempre maggiori alla nuova religione del cristianesimo.

La controversia all’inizio prese la forma delle accuse di Gesù ai leader religiosi ebrei del suo periodo, chiamandoli corrotti, ipocriti, superficiali – accuse simili a quelle usate oggi da Papa Francesco contro i cattolici che sono solo nominalmente fedeli ma non vivono all’altezza degli ideali spirituali del cristianesimo, accusandoli di affondare nel “clericalismo”, nella “vuota mondanità” e mancanza di spiritualità. Nel corso dei secoli queste accuse sono state spogliate del loro contesto originale e rivestite di un lessico che giustificava l’odio contro gli ebrei tramandato di generazione in generazione e perpetuato dagli insegnamenti di predicatori che avevano totalmente dimenticato che Gesù era nato, vissuto e morto come un ebreo che non voleva cambiare “un briciolo” della Torah.

Il Concilio Vaticano II ha posto un notevole e coraggioso freno a questo processo diabolico, e ha determinato un cambiamento nella leadership cristiana che ha ufficialmente riconosciuto che una falsa lettura e interpretazione dei Vangeli (sviluppata ulteriormente dai padri della Chiesa) aveva creato una base subliminale per un enorme disprezzo verso il popolo ebraico e una indifferenza di massa della maggioranza per il loro destino. Questo, hanno ammesso, aveva facilitato la marcia verso la Shoah. È importante ricordare che la Shoah era stata preceduta da secoli di ripetute persecuzioni, pogrom ed espulsioni in tutta Europa. La preghiera inserita nel Muro Occidentale di Gerusalemme (il Kotel) da San Giovanni Paolo II e da lui letta ad alta voce durante le celebrazioni del Giubileo a Roma, era un riconoscimento di questi fatali errori umani che avevano portato a tragedia dopo tragedia, culminando nella Shoah.

Il documento “Nostra Aetate”, con la sua eliminazione dell’accusa di deicidio e di tutti i simili luoghi comuni, il suo riconoscimento delle radici comuni dell’ebraismo e del cristianesimo, ha inaugurato la nuova era di sincera amicizia e di fiducia reciproca in cui stiamo vivendo attualmente. Per fortuna, questa nuova consapevolezza e sensibilità si sta diffondendo nei programmi educativi delle istituzioni cattoliche e nei sempre più numerosi circoli di amicizia cristiano-ebraica.

Tuttavia, i vecchi troppi antisemiti e le teorie del complotto sono di nuovo “vivi e vegeti”. Sono migrati nei problematici contesti politici e sociali internazionali contemporanei dei nostri tempi in gran parte attraverso i social media, da tutto lo spettro politico, da gruppi estremisti che vanno dagli islamisti ai suprematisti bianchi, e in generale, i creduloni disinformati e non istruiti. Ironicamente, ci sono diversi gruppi minoritari oggi che, guidati da nuove teorie come “intersezionalità” “teoria critica della razza” e “politica dell’identità”, ora vedono gli ebrei come destinatari del “privilegio bianco” piuttosto che come vittime e sopravvissuti di un genocidio razzista. Nel contesto delle controversie sulla politica mediorientale, troviamo vignette con Cristi palestinesi che muoiono sulla croce per mano di bruttissimi israeliani identificati dalla stella di David, e le teorie del complotto abbondano in relazione al Covid. Gli atti di violenza antisemita contro gli ebrei negli Stati Uniti, in Francia, in Germania e in altre parti d’Europa si moltiplicano. La sfida di interrompere un circolo storico vizioso e di rimanere fedeli al nostro impegno di “Mai più” è più importante che mai.