18 Luglio 2018

Lettera con minacce inviata ad Adachiara Zevi

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Paolo Conti

«Peccato non averti sterminata» Le minacce per Adachiara Zevi

Roma, insulti e foto di Hitler. «Colpita perché coltivo l’arte della memoria»

Le parole sono in stampatello ed è bene riportarle, nella loro ignobile formulazione, per documentare di cosa si tratta. In alto, un’immagine di Adolf Hitler in divisa, la fascia con la svastica nazista al braccio sinistro. E sotto: «Pregiatissima signora, mi duole molto il fatto di non averla conosciuta nei miei campi di concentramento! Peccato sarebbe stata per me un’esperienza selezionatrice e di alta scrematura…». Seguono insulti personali e razziali, poi arriva la delirante conclusione. Che suona così: «Ma non è detto! Ci sono tanti miei seguaci e… non è detta l’ultima!». Una minaccia formulata secondo gli stereotipi più odiosi dell’antisemitismo. La lettera è stata ricevuta giorni fa da Adachiara Zevi — figlia del grande architetto Bruno e di Tullia Zevi, per anni presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane — che ha sporto denuncia. Adachiara Zevi presiede l’associazione culturale «Arte in Memoria», animatrice di due straordinarie iniziative a Roma. Cioè le Pietre d’inciampo, i sampietrini in ottone dorato ideati dall’artista tedesco Gunter Demnig per segnalare il luogo dove abitò o da dove venne deportata una delle vittime della Shoah. Zevi coordina il ne, organizzata nonostante l’assenza di contributi pubblici. Commenta Adachiara Zevi: «Hanno voluto colpire, attraverso di me, l’arte come strumento della Memoria. Oggi appare indispensabile, mentre tante armi sembrano spuntate: le commemorazioni, le ricorrenze hanno conosciuto un momento di inevitabile inflazione e di stanchezza. L’arte ha invece la capacità di raggiungere tutti, e dunque ha anche la possibilità di declinare il tema della Memoria in modo vivo ed efficace. Ecco perché ci hanno colpito». Per Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, «preoccupa che quella lettera contenga minacce personali e quegli stereotipi che speravamo fossero anche culturalmente abbattuti. Allarma l’inneggiare ai campi di sterminio. Ma occorre anche non prestare eccessiva attenzione a certi episodi. Viviamo in una società mediatica in cui la semplice ripetizione di alcune parole rischia di favorire l’emulazione. Quindi fermissima condanna, solidarietà piena ad Adachiara Zevi ma equilibrio e responsabilità nell’uso delle parole, e nei toni».