8 Dicembre 2022

L’esperto Lorenzo Vidino commenta la crescita dell’estrema destra

Fonte:

La Repubblica

Autore:

Lorenzo Vidino

La nuova ultradestra

L’Italia e il golpe tedesco

Se ancora non abbiamo visto fenomeni come quelli riscontrati in Germania con gli arresti di ieri, anche in Italia la minaccia dell’estremismo di destra è in forte crescita. Seguendo dinamiche comuni in altri paesi occidentali, si sta infatti sviluppando anche da noi una scena militante eterogenea che combina caratteristiche classiche dell’eversione nera ad elementi ideologici ed operativi assolutamente nuovi e che la rendono capace di attrarre una vasta gamma di adepti e di essere più difficilmente penetrabile dall’antiterrorismo. Tre recenti operazioni antiterrorismo hanno chiaramente rivelato molte di queste dinamiche. A fine ottobre è stato arrestato a Bari il sedicente referente italiano di The Base, organizzazione suprematista americana il cui obiettivo dichiarato è quello di istigare una guerra razziale nel Paese per poi costituire un nuovo stato per soli bianchi. Ricalcando dinamiche viste in questi anni col jihadismo, Luigi Pennelli è stato definito dagli inquirenti come un militante da tastiera impegnato nella traduzione in italiano di testi estremisti e nel reclutamento sul web, ma anche pronto ad azioni violente come “lupo solitario.” Pochi giorni dopo è stata smantellata in Campania una rete di matrice neonazista che diffondeva propaganda e discuteva possibili attentati (obiettivi: una caserma dei carabinieri e un centro commerciale). Il gruppo aveva legami con l’estrema destra ucraina, fatto non insolito considerato il flusso di militanti italiani che dal 2014 — e ancora di più negli ultimi mesi — si sono recati a combattere con varie milizie neonaziste ucraine (esattamente come altri si sono uniti a gruppi analoghi sulla sponda russa). E pochi giorni fa la Digos di Genova ha arrestato un piccolo gruppo di giovanissimi che postava materiale neo-nazista, razzista e omofobo su Telegram e altre piattaforme online. I ragazzi, inclusi alcuni minorenni, si esercitavano con armi soft aire intrattenevano preoccupanti fantasie stragiste. Operazioni che sono la punta dell’iceberg di una sempre più intensa attività investigativa sul fenomeno e che sono sintomatiche della nuova deriva dell’estremismo di destra nostrano. In alcuni casi troviamo ancora dinamiche “classiche” dell’estremismo di destra: soggetti legati ad aggregazioni quali Forza Nuova e Casa Pound, una scena semi-organizzata legata a concerti, manifestazioni e ambienti di stadio. Ma con sempre maggior frequenza si riscontrano percorsi di radicalizzazione individuale sul web avulsi da ogni dinamica di gruppo, soggetti che vivono un disagio personale (ma spesso non sociale, la maggior parte dei neo-estremisti di destra vengono da buone famiglie e hanno dei percorsi scolastici e lavorativi normalissimi), si rifugiano in angoli oscuri del web con intensità maniacale e stringono una rete di contatti. In alcuni casi questi contatti diventano, almeno nelle intenzioni, operativi ma spesso sfociano dinamiche di auto-attivazione solitaria (vedasi ad esempio il caso di Luca Traini, che nel 2018 si mise a fare il tiro al bersaglio contro gli immigrati attorno alla stazione di Macerata). Diversa è anche l’ideologia che anima la nuova generazione di estremisti di destra nostrani. Sempre più forte è la contaminazione di idee di origine statunitense, dal suprematismo razziale all’accelerazionismo, cioè la volontà di precipitare la società in un conflitto razziale ritenuto alla lunga inevitabile. Idee spesso assorbite ed espresse in maniera molto superficiale, non attraverso complessi trattati politici ma video di TikTok e meme. E non è raro osservare trasversalità tra le varie forme di estremismo, con estremisti di destra che esprimono ammirazione per il mondo jihadista. I collanti che uniscono questi mondi sono nemici comuni (ebrei, omosessuali, donne, le élite…) e una fascinazione patologica per l’ultraviolenza. A livello investigativo il nostro sistema pare in grado di gestire il fenomeno, anche se è inevitabile che in uno scenario così fluido schegge impazzite possano sfuggire. Ma più il fenomeno si allarga più sarebbero necessarie quelle misure preventive (tavoli di lavoro a livello locale, raccordi con mondo della scuola e servizi sociali) che fungono ad arginare derive di radicalizzazione prima che si manifestino in maniera violenta. Uno sforzo che in Italia non si è voluto fare in *** maniera sistematica quando l’emergenza era quella jihadista — minaccia che, si badi bene, non è evaporata — ma che sarebbe ancor più necessario ora che la fenomenologia estremista è divenuta ancora più complessa.

L’autore è il direttore del Programma sull’Estremismo presso la George Washington University.