17 Dicembre 2021

Le istituzioni dell’ebraismo francese criticano il candidato alla presidenza Eric Zemmour

“Zemmour? Un razziste e un antisemita”

Le istituzioni dell’ebraismo francese non hanno dubbi: il polemista Eric Zemmour, espressione dell’estrema destra transalpina, è un impresentabile e nessuno dovrebbe votarlo. Soprattutto non gli ebrei. “Non un solo voto ebraico deve andare al candidato Zemmour”, ha dichiarato a Le Monde Francis Kalifat, presidente del Consiglio delle istituzioni ebraiche di Francia. Ancor più duro il Gran rabbino di Francia rav Haim Korsia. Intervistato da France 2, alla domanda “Zemmour è un razzista?”, il rav ha replicato senza mezzi termini. “Antisemita certamente, ed evidentemente razzista. Quando si afferma che è troppo di questo o troppo quello, io penso a un testo che si chiama Costituzione, fondata sui diritti dell’uomo e anche a un testo che si chiama Bibbia che dice: ‘Amerai lo straniero come te stesso, perché sei stato straniero in terra d’Egitto’ (Levitico, XIX, 34’, e non posso trovarmi d’accordo col suo discorso”. Nella stessa intervista – tradotta da Onda Carofiglio studentessa del Corso CIA (Comunicazione interlinguistica applicata) della SSLMIT e tirocinante presso la redazione di Pagine Ebraiche – il giornalista ha ricordato le parole sul candidato all’Eliseo della presidente uscente degli studenti ebrei di Francia, Noemie Madar: “è terrificante che un razzista al giorno d’oggi si dichiari ebreo. Si presenta con la sua parte ebraica e ci scherza su”. Un atteggiamento, aggiunge il rav, che “libera dai complessi coloro che si fanno portatori di un antisemitismo che offende la memoria degli ebrei durante la guerra. Credo che, e non mi importa se qualcuno dice altrimenti, sia da condannare”.

Seguendo la linea della destra sovranista, Zemmour si dice contrario a qualsiasi tipo di immigrazione dall’Africa o dal Medio Oriente, arrivando a promuovere la teoria complottista della cosiddetta “sostituzione etnica”. Questo è peraltro il punto chiave della sua campagna politica all’Eliseo e del suo partito Reconquete (Riconquista).

Parla con scetticismo dell’efficacia delle democrazie europee, non nasconde una certa nostalgia per il colonialismo e si esprime contro i diritti civili per gli omosessuali e la parità di genere per le donne. Nonostante questo, o forse per questo, ha seguito significativo: secondo i sondaggi, il 17 per cento dei francesi potrebbe votare per lui alle presidenziali.

In questi anni l’ex firma di Le Figaro è riuscito a mettere nero su bianco vere e proprie offese alla storia: dal negare clamorosamente l’innocenza di Dreyfus, cancellando la matrice antisemita del celebre processo (all’Affare Dreyfus proprio in questi mesi peraltro è stato dedicato un museo a Médan inaugurato dal presidente Macron), a giustificare il collaborazionista Petain fino ad offendere le vittime degli attentati di Tolosa del 2012 perché sepolte in Israele. Nel suo repertorio non manca nessuno degli attacchi più beceri e violenti proposti dalla destra più estrema. Il suo tentativo, scrive lo storico francese Marc Knobel in un documentato articolo sulla rivista La Règle du Ju (che si apre raccontando come Zemmour rispetti lo shabbat e allo stesso tempo dichiari di non credere in Dio), è quello di presentarsi come il più francese dei francesi. E per farlo, rispetto all’identità ebraica, è pronto a cancellarne la complessità e rilanciare anche i più violenti pregiudizi.

Si pensi ad esempio al seguente intervento del 2016, nel corso di un dibattito con l’allora Gran rabbino rav Gilles Bernheim. Parlando dell’immigrazione ashkenazita nella Francia degli anni ’30, il leader di “Reconquete” disse: “All’epoca, si sentiva che gli ebrei avevano assunto troppo potere, che avevano troppo potere, che dominavano eccessivamente l’economia, i media, la cultura francese, come in Germania e in Europa. E questo è in parte vero […] C’erano francesi che pensavano che gli ebrei si comportassero con l’arroganza di un colonizzatore. E poi è arrivata l’immigrazione di ebrei dall’Europa orientale e dalla Germania. La Francia è stato il paese che ha ricevuto più rifugiati. Ed è stata la Francia a subire le maggiori conseguenze. I medici francesi si lamentavano che i medici ebrei rubavano la loro attività. C’era una concorrenza terribile. […]. Tutto questo non è stato inventato dagli antisemiti. E gli ebrei francesi sono stati i primi a lamentarsi dei problemi causati dagli ebrei ashkenaziti”.

Non meno feroce il suo attacco contro l’odierno attaccamento degli ebrei francesi verso Israele, che in alcune sue uscite – come ad esempio il caso della sepoltura a Gerusalemme delle vittime dell’attentato di Tolosa – accusa di fatto di doppia fedeltà. “Éric Zemmour – scrive Knobel – dimentica che si può essere un cittadino modello, amare appassionatamente la Francia e sentirsi legato a Israele, senza che questo comporti alcuna contraddizione, senza che questo comporti alcun danno. Gli ebrei francesi sono visceralmente legati alla Francia e ai suoi valori”.

Nonostante tutto questo, però, all’interno della Comunità ebraica francese c’è una minoranza che sostiene Zemmour e soprattutto le sue posizioni contro l’islamismo. Un problema reale per chi in alcune zone di Parigi e non solo non può mettersi la kippah per paura. Tra chi lo difende, la caporedattrice di I24news a Parigi Noémie Halioua. “Per molti ebrei sefarditi della classe operaia, quelli che vivono in periferia e per i quali l’antisemitismo arabo-musulmano non è un’astrazione, Zemmour incarna ‘l’ultima possibilità’ prima dell’esilio. – scriveva Halioua – Un baluardo contro la scomparsa, la prospettiva di una nuova vita possibile per cui vale la pena di chiudere un occhio su alcuni eccessi”.

“La Francia è malata ed Éric Zemmour è il medico che la curerà proponendo una prescrizione basata sulla nostalgia di ieri e la paura del domani”, l’opinione invece da Israele di Boaz Bismuth, direttore del quotidiano di destra Israel Hayom. Secondo lui, il candidato di estrema destra non esita ad “andare controcorrente, confondendo tutto, compresa la sua identità ebraica e il regime di Vichy”. Proprio Israel Hayom ha pubblicato un ampio reportage da Marsiglia in cui si racconta delle posizioni politiche interne al mondo ebraico e delle sue preoccupazioni. E ancora una volta emerge il tema della paura per il radicalismo islamico. “Zemmour attacca l’Islam e chiede di fermare l’immigrazione di massa e l’espulsione degli immigrati coinvolti nella criminalità. Sullo sfondo delle crescenti paure e frustrazioni della comunità ebraica nel paese e dell’impotenza del sistema politico, questi attacchi sono ricevuti con un sostegno abbastanza diffuso dagli ebrei. – scrive Israel Hayom – Molti di loro non lo ammetteranno apertamente, per paura di essere ostracizzati dai loro circoli sociali, ma nonostante le ‘deviazioni’ di Zemmour nel contesto della storia antisemita della Francia e la sua dichiarata opposizione alla Comunità, lo vedono ancora come il loro rappresentante nella lotta per i loro problemi esistenziali. D’altra parte, altri ebrei lo vedono come il grande problema della Francia attuale”. Una divisione che nasconde problematiche più ampie, che non saranno sanate nemmeno da una sconfitta alle urne di Zemmour (già in calo nei sondaggi).