24 Febbraio 2019

La Comunità Ebraica di Firenze conduce un’indagine interna per capire se vi siano stati casi di antisemitismo non denunciati

Fonte:

La Repubblica edizione di Firenze

Autore:

Maria Cristina Carratù

II rabbino lancia l’appello “ Non subite mai in silenzio”

Un’indagine interna della comunità ebraica dopo gli ultimi episodi di intolleranza in Italia e all’estero

Un’ondata xenofoba e razzista percorre l’Italia, che si dimostra cosa niente affatto immune alle tentazioni di altri Paesi europei. E un allarme arriva da Firenze, dove il rabbino capo della Comunità ebraica, Amedeo Spagnoletto, avverte: «Bisogna restare vigili, ovunque». Anche in Toscana, dove pure non ci sono stati, al momento, «casi che facciano pensare a una aperta intolleranza, per lo meno di tipo antisemita». Guai però «ad adagiarsi sul senso di sicurezza del nostro territorio». La Storia insegna che «ai grandi drammi hanno portato tanti piccoli sintomi sottovalutati, e che se non si tengono alte le antenne quello che è già avvenuto può ancora ripetersi». Non è escluso, insomma, «che anche all’interno della nostra comunità, come di altre minoranze religiose presenti a Firenze, qualcuno abbia subito qualcosa e non lo abbia detto per timore di esporsi, o perché schiacciato da senso di umiliazione. Un atteggiamento comprensibile, ma che impedisce di agire per tempo». Perciò, la Comunità ebraica fiorentina «promuoverà una indagine interna per capire se qualcuno ha subito qualcosa e magari se l’è tenuta per sé, senza condividerla». Far emergere questi sintomi, infatti, «dire chiaro e forte che certi gesti che non fanno parte della società civile, serve per fermarli sul nascere». A questo fine, però, avverte Spagnoletto, occorre anche che tutte le istituzioni presenti sul territorio «siano più reattive, anche per quanto riguarda episodi di intolleranza, discriminazione o aperto razzismo che avvengono in luoghi geograficamente lontani, come la sinagoga di Pittsburgh il cimitero ebraico francese profanato di recente». Il clima di intolleranza infatti «non conosce confini, può irradiarsi ovunque da dovunque». La solidarietà, a Firenze e in Toscana, è sempre stata calorosa, «ma anche qui ha dovuto essere sollecitata da noi, con prese di posizioni o iniziative». La richiesta è quindi che «non debba essere ogni volta la Comunità ebraica ad alzare per prima la voce, ma che siano le istituzioni pubbliche a farlo, in automatico, lanciando subito, e a nome di tutti, l’allarme su fatti che colpiscono la società nel suo insieme, non solo chine è vittima materiale». Non solo. La solidarietà «in automatico» deve ovviamente scattare da parte di tutte le comunità religiose, per fatti che colpiscano ciascuna di esse – vedi l’attacco che portò alla morte di un senegalese e al ferimento di altri due in piazza Dalmazia, «al cui ricordo», sottolinea Spagnoletto, «ho sempre partecipato mettendo da parte tutti gli altri impegni». A Firenze, ricorda il rabbino, fra i responsabili delle tre principali, la Diocesi, la Comunità ebraica, e la Comunità islamica, c’è un accordo esplicito: «Quando ognuno di noi parla, non parla soltanto a proprio nome, ma a nome di tutti». E quando «qualcuno subisce qualcosa, può stame certo: gli altri interverranno per lui».