28 Marzo 2021

Johan Ickx, Pio XII e gli ebrei, Rizzoli, Milano, 2021

Fonte:

Il Sole24Ore

Autore:

David Bidussa

Pio XII e gli ebrei tra documenti e interpretazioni

Carte dall’Archivio storico vaticano

Il libro di Johan Ickx; direttore dell’Archivio storico della sezione per rapporti con gli Stati della Segreteria della Santa Sede, ricostruisce l’atteggiamento e i comportamenti della Chiesa dl Roma e delle chiese nazionali in Europa negli anni della Seconda guerra mondiale nei confronti della persecuzione contro gli ebrei. Ickx propone risposte interessanti, ma che a mio parere necessitano di altre ricerche o di nuove incursioni. Preliminarmente: Ickx utilizza per la sua ricostruzione una serie (la “Serie Ebrei”), che, scrive, è «una serie archivistica e un compendio di quasi tutti gli ebrei battezzati e non che hanno ricevuto aiuti» [p. 15]. Come si è formata questa serie? Che cosa vi confluisce e che cosa no? Saperlo aiuterebbe a capire sia come agiva la Segreteria vaticana, sia come ragionava (per esempio: perché quel caso? Quando prenderlo in carica?).” L’autore non lo racconta. Questo è un problema, come è noto a qualsiasi dirigente di archivio. Riguarda non tanto la veridicità dei singoli documenti, ma la capacità probatoria del complesso archivistico proposto [come ha dimostrato 50 anni fa Claudio Pavone nel breve e denso saggio Ma è poi tanto pacifico che l’archivio rispecchi l’istituto? in «Rassegna degli Archivi di Stato»,1970, n.1, pp.145-149]. In ogni caso, nella ricostruzione che propone Ickx sono i documenti a dover parlare. Come? L’autore li fa parlare seguendo le note manoscritte a margine di quei documenti. Questo perché secondo Johan Ickx, e a mio avviso ha ragione, non è sufficiente pubblicare il testo del documento. Per giudicare occorre avere davanti il profilo di come prende corpo la decisione (per questo sarebbe importante sapere: perché quel caso? quando?) e poi l’azione ad essa conseguente. Questa procedura consente di illustrare il funzionamento della Segreteria vaticana e del suo staff, le sensibilità, le preoccupazioni, le tecniche di intervento. Una volta che si segua questa lettura, quei documenti raccontano e testimoniano delle difficoltà di un’azione di contrasto alle persecuzioni, pur nella consapevolezza dei propri limiti o della “via molto stretta” all’interno della quale si agiva. Questo vale per molti degli episodi che Ickx ricostruisce. Ne considero tre. Il primo riguarda la Romania [pagg. 98-133] dove la parte da difendere è prima di tutto quella fascia di popolazione ebraica convertita al cattolicesimo, anch’essa a rischio deportazione e nei confronti della quale si mobilita il nunzio Andrea Cassulo, ma che poco dopo diventa azione concreta e capillare dl salvataggio anche della minoranza ebraica in accordo con Angelo Roncalli (in quel periodo nunzio a Istanbul). Un’iniziativa complessivamente coronata da successo. Il secondo caso riguarda l’opera di contrasto in Slovacchia tra 1940 e1943 [pagg. 19-55] da parte della Segreteria di Stato che sostiene l’intervento del nunzio Giuseppe Burzio (il primo rapporto è del 7 agosto 1940), preoccupato del coinvolgimento di membri dell’episcopato nel governo filonazista e del loro appoggio alle politiche discriminatorie del regime. Vicenda che Ickx segue fino all’aprile, 1943, quando, rispetto ai 7omila iniziali, 2omila sono gli ebrei ancora presenti anche per l’intervento della Chiesa. Risultato che lckx valuta un successo. Quando la Slovacchia viene liberata, nel settembre 1944, di quei 2omila ne rimanevano 5mila scarsi, perché la deportazione continuò dopo l’aprile 1943. Perché allora fermarsi a quella data? Forse mancano i documenti. Non sarebbe interessante sapere perché? Il terzo riguarda come agire in Polonia e quali pressioni esercitare sul mondo politico del Terzo Reich, a partire da ciò che accade in Polonia tra 1940 e 1944 [pagg. 196-293]. In particolare fa riferimento al comportamento del Cardinal Cesare Orsenigo, nunzio a Berlino dal 1930 al 1945 e sul cul operato molto si è discusso; ai rapporti alterni che la Segreteria di Stato ha con le chiese protestanti che si muovono contro il nazismo; alle diffidenze del Segretario agli Affari ecclesiastici straordinari, Cardinal Domenico Tardini, nei confronti degli Stati Uniti, ancora fino a tutto il 1944. Tutti temi su cui Ida entra con troppa cautela in questo suo libro. Un ultimo punto. Nelle pagine conclusive l’autore propone l’ipotesi di una continuità tra Pio XII e Giovanni XXIII: il corpo della Nostra Aetate e più in generale le linee culturali del Concilio Vaticano II, soprattutto in relazione al tema del confronto con il mondo ebraico, non rappresenterebbero un rovesciamento delle linee del papato di Pio XII, ma la loro realizzazione. Non lo considero improbabile e dunque non lo escludo a priori. Tuttavia, un atteggiamento di ostilità e di diffidenza nel confronti dell’ebraismo da parte della Chiesa è ancora forte, per esempio nelle valutazioni nel secondo semestre 1946 a proposito del pogrom antiebraico di Kielce in Polonia (4 luglio 1946) o di fronte alla nascita dello Stato di Israele nel 1948. Per cui mi chiedo: il laboratorio che porta alla Nostra Agitate, con il cambio radicale di registro – non più segnato dalla carità verso gli ebrei perseguitati, bensì da un rapporto culturale con l’ebraismo – quando inizia a prendere forma? Rispetto a quale evento o processo di confronto interno è possibile marcare un “prima” e un “dopo”?

Pio XII e gli ebrei

Johan Ickx

Traduzione di Rosa Prencipe, Caterina Chiappa

e Monica Pezzella

Rizzoli, pagg. 416, € 22