4 Novembre 2021

Intervista a Triantafillos Loukarelis direttore dell’Unar

L’intervista al direttore dell’Unar “Odio negli stadi, la Serie A cambi passo

“Per ora tanti proclami, ma purtroppo fatti assai meno. Se nelle prossime settimane non ci saranno cambiamenti significativi sarà necessario intervenire in modo ancora più stringente. Per fare in modo che le cose cambino sul serio”. Triantafillos Loukarelis dirige dal 2019 l’Unar, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio. Tra gli osservati speciali spicca il mondo del calcio, spesso al centro delle cronache per episodi che ben poco hanno a che fare con la pratica agonistica e le buone pratiche del tifo. Questo primo scorcio di stagione ha confermato un trend allarmante. Loukarelis si dice preoccupato, ma anche intenzionato a dare battaglia.

Ululati, insulti razzisti, esaltazione del fascismo: un male antico che il calcio italiano non sembra riuscire a scrollarsi di dosso…

Duole dirlo, ma davanti a queste manifestazioni non nuove la reazione delle squadre di Serie A non si sta rivelando all’altezza. Urgono correttivi urgenti. Prima di tutto serve che le società facciano rete, anche esprimendosi attraverso comunicati congiunti a prescindere da dove il singolo episodio accade e da quale tifoseria è coinvolta. È un tema sul quale stiamo cercando di stimolare la massima attenzione.

Quello del pallone è un fronte sul quale l’Unar è da tempo in prima linea.

Sì, cerchiamo di farlo consapevolmente e responsabilmente. Una delle nostre battaglie è quella per la generalizzazione del daspo, di modo che chi lo riceve si veda precluso l’accesso a ogni stadio italiano. Se dovessero verificarsi altri episodi gravi stiamo valutando di rivolgere un appello ai calciatori: chiedendo loro, ad esempio, di farsi promotori dell’interruzione delle partite. So bene di entrare in un territorio difficile, con tanti interessi in gioco. È una sorta di extrema ratio, ma la sensazione è che si stia tirando un po’ troppo la corda.

Cosa pensa del caso del falconiere fascista della Lazio? E della reazione del club?

La reazione è stata insufficiente. Sospendere non è una risposta adeguata ai fatti, di quel contratto andava fatta carta straccia. Il rischio altrimenti è di mandare messaggi ambigui. E di ambiguità qui ne abbiamo molta: le simpatie politiche del falconiere non saranno certo emerse nel momento in cui il video è diventato virale. Troppo facile e scontato condannare quando si apre un caso mediatico. D’altro canto registro con favore la mobilitazione di una parte non irrilevante della tifoseria organizzata che ha chiesto l’inasprimento delle misure. Il segno che la misura è colma e che a contrasto servono atti concreti.

Non è un problema che riguarda solo la Lazio.

Certamente no. Parliamo di un problema diffuso che sporca l’immagine del calcio italiano e di riflesso quella di tutto il Paese. Mi vengono in mente alcune dichiarazioni di Osimhen, l’attaccante nigeriano del Napoli, sulle sue iniziali titubanze all’idea di trasferirsi in Italia. Proprio per una questione di razzismo. L’Italia, nell’immaginario comune, è una realtà razzista. Se non si capisce di per sé quanto ciò sia grave, poniamo la questione in altri termini. Gran parte della positiva influenza della forza lavoro straniera, e non sto parlando solo di pallone, guarderà per forza di cose altrove. E l’Italia sarà sempre più povera e arretrata.

Quale è, parlando di razzismo in Italia, la valutazione dell’Unar?

Rispetto ad un tempo non così lontano il linguaggio d’odio istituzionale sui migranti appare più sfumato. Ma purtroppo nulla o comunque ben poco si sta facendo per far progredire la società verso livelli di coesistenza e reciproca comprensione accettabili. In questo clima non propizio si innesta un’estrema destra cui è stato dato troppo spazio e che oggi si è presa la scena con effetti devastanti che sono sotto gli occhi di tutti. Contro queste frange è necessario che si prendano misure decise e determinate.

Cosa pensa dell’ipotesi di scioglimento di Forza Nuova?

Tutti i gruppi che hanno il fascismo come ragione di vita vanno sciolti: su questo non ritengo possibili compromessi. Ancora più urgente sarebbe togliere a questi movimenti le sedi, i luoghi fisici dove si incontrano. Ad esempio sfrattando CasaPound dall’edificio che occupa in spregio alla legge, ormai da molti anni, a pochi passi dalla stazione Termini. È un segnale che serve: lo Stato si riprenda i suoi spazi, ponendo fine ad abusi intollerabili.

Su quali campagne si sta concentrando l’Unar?

Stiamo lavorando sulle grandi strategie che ci chiede l’Unione Europea e che ci aspettiamo siano adottate dal governo: l’integrazione di rom, sinti e caminanti; la promozione dei diritti e la tutela delle persone LGBT; l’impegno contro razzismo, xenofobia e intolleranza. In questo senso, centrale sarà l’impegno contro l’antisemitismo e per una formale adozione della definizione dell’Ihra.

La lotta all’antisemitismo è il tema di una specifica strategia europea di recente presentazione. Una svolta?

Mi pare di sì. Finalmente si è superata una certa timidezza, per guardare in faccia il problema con serietà e pragmatismo. Importante anche che si sia dato un segnale di attenzione al futuro della vita ebraica in Europa, con specifici investimenti volti a sostenerla. È stato già detto tante volte, ma meglio ripetersi: senza ebrei, l’Europa non sarebbe più la stessa.