25 Aprile 2018

Intervista a Liliana Segre sul Giorno della Liberazione

Fonte:

La Repubblica

Autore:

Zita Dazzi

Liliana Segre “Bisogna esserci ottanta anni dopo le leggi razziali”

Il riemergere dei neofascisti oggi è un oltraggio. I fischi alla Brigata? Ignoranza, non c’entra con Israele

Liliana Segre, nominata a gennaio senatrice a vita, all’età di 87 anni, ha appena finito di registrare un messaggio video che oggi sarà trasmesso dal palco, durante la manifestazione per l’anniversario della Liberazione. Ma alla vigilia della festa le sue parole sono preoccupate.

Perché?

«Penso che si stiano rivoltando nella tomba tutti coloro che durante il fascismo fecero la scelta di combattere i totalitarismi. Loro diedero la vita per la democrazia e combatterono perla libertà, ma quel che sta avvenendo in Italia, col revisionismo e con il riemergere di movimenti neofascisti, è molto grave e doloroso. Per questo oggi ancora di più è necessario scendere in piazza».

Lei sarà in corteo?

«Ho 87 anni, ho paura di queste folle che travolgono. Non ci sarò fisicamente ma col pensiero, in video».

Ha ancora un senso e una necessità oggi manifestare?

«Io trovo che sia importante avere tanta gente che manifesta in strada per ricordare questa data e quello che ha voluto dire per l’Italia e in Europa».

Lei come vive questo appuntamento con la Storia?

«Io ho tre date che festeggio. Una, certo, è il 25 Aprile, che dovrebbe secondo me essere la festa di tutti. Io personalmente ero ancora piccola quel giorno, ero ancora prigioniera, non sapevo niente di quello che stava accadendo e che l’Italia fosse stata liberata».

La seconda data che festeggia?

«Una settimana dopo, il giorno in cui sono stata liberata veramente dal campo di sterminio».

E la terza?

«II 17 aprile, il giorno in cui venne liberato mio marito, che era uno di quei 600mi1a militari italiani che avevano detto no alla Repubblica sociale e che erano rimasti nei campi per scelta, non obbligati come era successo a noi».

C’è chi dice che oggi ormai la manifestazione del 25 Aprile è un rito.

«Ci sono tanti riti che vengono comunque rispettati e celebrati. Le date sono molto importanti e sta agli insegnanti e ai genitori trasmettere valori. E se questi a volte non sono in grado, sta a chi sa raccontare quel che avvenne perché era f ed era vittima».

Lei che gira tanto le scuole, ritiene che i ragazzi siano abbastanza informati?

«I giovani non sono molto coscienti e informati, perché le famiglie e pochi insegnanti hanno avuto buona volontà e il desiderio di insegnare la storia. Non è colpa dei giovani questa situazione, ma di chi non ha insegnato. Sono tutt’altro che indifferenti, i ragazzi. Per questo mi fa anche piacere quando vedo le immagini della manifestazione con tanti giovani. È un segno di speranza».

C’è però chi boicotta le celebrazioni. Anche sindaci dell’hinterland milanese.

«Sono anni che vivo con grande tristezza quel che fanno i sindaci che non patrocinano le iniziative, soprattutto pensando a chi ha sacrificato la vita per la democrazia, che ora si starà rivoltando nella tomba».

Ogni anno il corteo è anche occasione di contestazioni, soprattutto verso la Brigata ebraica. Perché succede?

«Le contestazioni. alla Brigata ebraica sono un questione di ignoranza. La Brigata sfila avendo partecipato alla Liberazione. Fischiarla è assurdo perché non ha niente a che fare con Israele e con il suo governo attuale».

Negli ultimi mesi sempre di più i movimenti di estrema destra hanno rialzato la testa. È preoccupata di questo fatto?

«È molto triste quel che succede. Anche perché cade proprio nell’anniversario degli 80 anni delle leggi razziali in seguito alle quali persone come me vennero espulse dalla vita civile. Penso ancora una volta all’oltraggio che si sta facendo alla memoria di chi fece la scelta allora di combattere totalitarismi, dando la vita per la democrazia e combattendo per la libertà. Di fronte a quel che sta avvenendo in Italia oggi, è ancora di più necessario scendere in piazza».