6 Giugno 2018

Intervista a Liliana Segre: «Mi rifiuto di pensare che la nostra civiltà democratica possa essere sporcata da leggi speciali contro i popoli nomadi. Se dovesse accadere mi opporrò con tutte le energie che mi restano».

Fonte:

La Repubblica

Autore:

Paolo G. Brera

Liliana Segre “Ricordo quei rom morti nel mio lager dirò no finchè vivo alle leggi speciali”

Quanti applausi, senatrice Liliana Segre. Tutti in piedi, in aula, ad ascoltare il suo auspicio di dare parola a chi non è tornato dai campi di sterminio, a «salvarli dall’oblio per aiutare gli italiani a reagire contro l’indifferenza» e «a non anestetizzare le coscienze». A 87 anni, motivando la sua decisione di astenersi nel voto di fiducia al nuovo governo, ha preso la parola ringraziando il presidente Mattarella per «la scelta sorprendente di nominare senatrice a vita una vecchia signora, una delle pochissime ancora viventi in Italia che porta sul braccio il numero di Auschwitz». Poi ha strigliato i cattivi propositi contenuti nel contratto di governo, rispondendo all’appello di Alberto Melloni inorridito per il punto che prevede, per i bimbi rom e Sinti, «obbligo di frequenza scolastica dei minori pena l’allontanamento dalla famiglia o perdita della responsabilità potestà genitoriale». E, chiudendo il suo intervento ha detto: «Accolgo con grande convinzione l’appello che mi ha rivolto oggi su Repubblica il professor Melloni. Mi rifiuto di pensare che la nostra civiltà democratica sia sporcata da leggi speciali, e se accadrà mi opporrò con tutte le forze».

Era una bimba, quando entrò ad Auschwitz. Ma l’arrivo di rom e sinti, nel campo, lo ricorda bene: “Inizialmente suscitarono la nostra invidia di prigioniere”, ha detto in Aula. Ce lo racconta?

«Avevo 13 anni, ad Auschwitz. Con la mia famiglia ebraica cercavamo di andare in Svizzera ma fummo respinti. Io mi salvai, unica della famiglia, e mi trovai a Birkenau (il campo di sterminio vicino ad Auschwitz, ndr). Una parte del campo confinava con un altro, ce n’erano tanti allora… Era chiamato Zigeunerlager, il campo degli zingari. Noi prigioniere rapate, vestite a righe, isolate dalle nostre famiglie, tante delle quali erano già morte, vediamo arrivare un bel giorno questi zingari a cui non tagliano i capelli, non impongono i vestiti a righe, e li lasciano accanto alle loro famiglie senza dividerle. Li vedevamo insieme ai loro bambini mentre accendevano fuochi, stendevano i panni. Avevano una vita, mentre noi eravamo scheletri che vagavano. Li guardavamo e ci dicevamo: che fortunati, questi, ma chi. sono? C’era spesso il vento, ad Auschwitz, che spazzava il campo. Una mattina vediamo rotolare polvere, stracci e brandelli di vestiti. E dove sono andati a finire, gli zingari? Quelle che sapevano tutto hanno risposto: li hanno gasati tutti stanotte. Non lo posso dimenticare. Io sono la memoria di quello che è successo. Da 30 anni vado nelle scuole e racconto la mia memoria».

Perché ha deciso di rispondere all’appello di Melloni?

«Il professor Melloni l’ho incontrato al ricevimento del presidente della Repubblica, il primo giugno. Mi aveva detto: ma lei sa che se una persona non manda il figlio a scuola deve pagare 30 euro di multa, ma se lo fa un rom gli tolgono il figlio? Mi ha proprio colpito. E allora gli ho raccontato che io meli ricordo, gli zingari nei campi di sterminio, ma siccome non hanno una tradizione scritta come gli ebrei, queste cose non le sa nessuno. Forse neppure gli zingari stessi di oggi, rom o sinti che siano. Non potevo non rispondere al suo appello».

Oggi tentiamo di bloccare popoli in fuga come fecero gli svizzeri con la sua famiglia? Anche lei fuggiva.

«Certo, c’erano le leggi razziali, eravamo perseguitati da anni, cos’altro si poteva fare che cercare di fuggire? Io ero una richiedente asilo: negato. Avevo documenti falsi, cercavo di passare in Svizzera perché è chiaro che saremmo stati in salvo, ma gli svizzeri mi hanno respinto con mio papà e due vecchi cugini. Più tardi hanno deportato anche i miei nonni. Nessuno di noi aveva fatto nulla Ci sono analogie ma non sono situazioni uguali, a distanza di. 80 anni. E io non sono indifferente: la combatto, l’indifferenza, e continuerò a farlo finché vivo».

Importiamo galeotti e farabutti, dalla Tunisia?

«Questa emigrazione è completamente diversa. Noi fuggivamo perché sapevamo che saremmo stati deportati e uccisi. Questa emigrazione è un fenomeno enorme, una quantità di casi diversi, non si può generalizzare. Arrivano persone di tutti i tipi: chi scappa, chi vuole migliorare il proprio tenore di vita, bambini abbandonati da madri che sperano in un destino migliore… La mia mente torna a cose viste».

Da senatrice combatterà?

«Ho pronta una proposta di legge contro questo parlar d’odio gli uni contro gli altri, e peri diritti umani».

Salvini le ha risposto: non ci saranno leggi speciali. Si fida? Si sente rassicurata?

«Senta, hanno iniziato oggi. È chiaro che non mi sento rassicurata ma voglio anche dire: aspettiamo un attimo, vediamo cosa fanno. Mi sono astenuta perché non ho mai fatto politica, ma sono qui e guardo. La Lega sappiamo com’è. Sul M5s non so: dicono tante cose… non avendo dato la fiducia non posso dire di essere fiduciosa. Ma stiamo a vedere, prima di giudicare».

II presidente del Consiglio l’ha ringraziata. Si impegna a trasferire la memoria.

«Mi ha fatto molto piacere. E’ il riconoscimento di un discorso recepito».