27 Agosto 2016

Il sociologo francese Gérald Bronner analizza il significato politico del cospirativismo

Fonte:

Le Nouvel Observateur - http://tempsreel.nouvelobs.com/

Autore:

Gérald Bronner , Sylvain Courage

“Il complottismo fornisce una spiegazione alle frustrazioni sociali”

Professore di Sociologia presso l’Università di Parigi-Diderot, Gerald Bronner lavora sulle credenze collettive, i vizi di ragionamento e le loro conseguenze sociali. Ultimo libro: “la Planète des hommes. Réenchanter le risque”, PUF, 2014. Entretien.

La teoria del complotto è ancora una leggenda?

No, non bisogna eliminare dalla storia l’esistenza dei complotti. Per spiegare la politica, sarebbe assurdo escludere, in linea di principio, l’ipotesi di una macchinazione. I complottisti rivendicano il diritto di mettere in discussione una verità ricevuta. In questo danno prova dello spirito critico che caratterizza ogni azione cognitiva. Ma ne fanno un uso disonesto quando rifiutano tutti i fatti noti e affermati a titolo definitivo. Con la retorica – l’accentuazione di un dettaglio, la polemica stratificata, il delirio interpretativo, la falsificazione … – i complottisti non fanno che affermare una sfida a priori e sostenere una “causalità diabolica” all’origine di tutti i mali. La loro mitologia, concepita per sottrarsi all’esame dei fatti, rientra allora nella cecità pura e in nessun caso nella conoscenza.

A cosa serve la teoria del complotto?

Giustifica sempre le ideologie più estreme. Il politologo Jérôme Jamin ha dimostrato all’estrema destra che il nazionalismo, la xenofobia, il razzismo e l’antisemitismo, la denuncia delle élite , i discorsi anti-immigrati, ma anche l’autoritarismo, l’antiparlamentarismo e l’anticomunismo  intrattengono tutti in misura diversa un rapporto fondamentale con un “immaginario del complotto mondiale” che dovrebbe spiegare la storia e la politica.

Ma esiste anche una teoria della cospirazione di estrema sinistra che si prefigge lo stesso obiettivo: attirare degli individui nelle lotte demagogiche e socialmente distruttive.

Chiaramente, il fondamentalismo religioso, qualunque sia il suo culto d’origine, si basa sulla denuncia di un complotto.

Ma l’ambientalismo radicale della “deep ecology” può anche scivolare nel cospirativismo.

In sintesi, la teoria del complotto è l’argomento migliore per combattere la democrazia.

Quali sono le categorie sociali più inclini a farvi riferimento?

Chiunque può cadere preda della teoria del complotto. Intellettuali, registi, attrici mettono in dubbio gli attacchi dell’11 settembre …

Ma si osserva che le minoranze e tutti coloro che soffrono – o che si considerano vittime della società – sono più a rischio. Il cospirativismo fornisce una spiegazione alle frustrazioni sociali e al senso di relegazione.

In certi casi, un basso livello di istruzione predispone alla credenza. Ma gli adepti del complotto non sono né pazzi né idioti. I giovani che si informano su internet e credono a ciò che leggono sono i più ricettivi. Diffidano dell’autorità – la scuola, la famiglia, i media, lo stato… – e si fidano del legame diretto con i social network.

Internet gioca un ruolo chiave nella diffusione della teoria del complotto …

E’ evidente. Viviamo in un mercato dell’informazione deregolamentato. L’enorme crescita dei social media ha come conseguenza perversa la diffusione del cospirativismo. Nella nostra società apparentemente partecipativa, le distanze sociali non sono state abolite tuttavia. Certi, iperattivi sui social network, si dedicano un’infinità di volte ad orientare sulle scelte collettive mentre su altre assai meno. Da qui l’attrattiva del radicalismo per coloro che non si sentono ascoltati e rappresentati. Per evitare che non cadano nell’ebbrezza del “complotto”, è necessaria una rifondazione democratica in cui tutti dovrebbero prendere il proprio posto.

Come combattere la temibile retorica del complotto?

E’ diventato un dovere civico opporre instancabilmente i fatti alla manipolazione, smontando le finzioni. Gli argomenti delle autorità e le condanne morali non sono percepiti. Anzi, questi discorsi condiscendenti rafforzano i cospirazionisti, certi che si vuol far loro accettare una versione ufficiale alla quale pretendono di resistere.

La teoria del complotto li rinforza nella loro differenza: essi sono degli affrancati. E gli altri, che ingoiano ciò che viene detto, sono solo schiavi. Questa è la difficoltà del lavoro degli insegnanti che non devono cedere alla provocazione ma stimolare la metodicità, unica vera espressione del pensiero critico.