17 Gennaio 2016

Nel corso del 2015, 7.900 ebrei francesi hanno fatto l’ «Alyah»

Fonte:

Il Mattino - www.parismatch.com

Autore:

Mauro Zanon

II caso Ebrei in fuga da Parigi «È la paura dell’Islam»

Nel 2015 ne sono partiti 7.900 per fare ritorno in Israele

In seguito agli attentati dello scorso anno e al clima di insicurezza percepito nella quotidianità, sempre più francesi di confessione ebraica sono tentati dall’«Alyah», dal ritorno in Israele. Ad abbandonare la Francia, nel corso del 2015, sono stati 7.900 ebrei, secondo le cifre appena diramate dall’Agence Juive, organo incaricato di preparare le partenze verso Israele. L’assassinio di quattro persone di religione ebraica, tra cui tre bambini, commesso nel 2012 a Tolosa dal terrorista islamico Mohammed Merah, aveva già fatto lievitare il numero di partenze in direzione Gerusalemme. E la strage jihadista perpetrata da Amedy Coulibaly, che nel gennaio 2015 ha provocato quattro morti al supermercato kosher HyperCacher a Parigi, ha contribuito a peggiorare la situazione. «Dal 2013, le cifre dell’Alyah in Francia non sono solo in costante aumento, ma si iscrivono in una tendenza», ha dichiarato Daniel Benhaim, direttore dell’Agence Juive, a pochi giorni di distanza dall’attacco antisemita a un professore di confessione ebraica alle porte di una sinagoga a Marsiglia. «Si ha l’impressione che questa tendenza non sia pronta ad arrestarsi» ha aggiunto Benhaim. Le cifre più sconcertanti riguardano le partenze delle giovani famiglie di confessione ebraica, che preferiscono abbandonare l’Esagono, dove non si sentono più al sicuro, per costruirsi un futuro in Israele. Queste rappresentano il 50% dei 7.900 ebrei francesi partiti nel 2015. È questo il “grande boom”, sottolinea l’Agence Juive, che rilancia tristemente la Francia al primo posto nella classifica mondiale della nuova diaspora ebraica. «La Francia è per il secondo anno consecutivo il primo paese al mondo per numero di cittadini ebrei partiti. Non era mai successo dal 1948 e dalla creazione dello Stato d’Israele», ha affermato il direttore dell’Agence Juive, prima di aggiungere: «Oggi, per essere ebreo in Francia, bisogna vivere protetto o vivere nascosto. Non c’è forse l’impressione che ci possano essere altri attacchi antisemiti, o persino nuovi attentati terroristici a carattere antisemita? Sarebbe un’utopia pensare il contrario». Le conseguenze di questa emigrazione di massa degli ebrei di Francia sono anche economiche. Secondo quanto riportato dal quotidiano Le Parisien, i proprietari degli esercizi kosher hanno registrato in media un calo di clienti pari al 30% nell’ultimo anno. «Partono quelli che hanno le possibilità economiche per permettersi la vita costosa di Israele. Sono i medici, gli avvocati e i liberi professionisti che stanno voltando le spalle alla Francia», spiega al Parisien uno dei commercianti. La situazione è in egual misura drammatica per quanto riguarda il numero di iscritti alle scuole ebraiche, in costante calo. Secondo le cifre del Fond social juif unifié, che raggruppa 31.000 studenti francesi di confessione ebraica, a non essersi presentati al rientro scolastico 2015 sono in 1.500. L’inquietudine della comunità ebraica francese è tornata ad alti livelli dopo che la scorsa settimana si è verificata l’ennesima aggressione antisemita, a Marsiglia, con protagonista un quindicenne turco che in «nome di Allah e dello Stato islamico» ha attaccato a colpi di machete un insegnante che stava entrando in una sinagoga della città francese. Episodio che ha fatto dire al presidente del concistoro israelitico di Marsiglia, Zvi Ammar, che gli ebrei di Francia farebbero bene, d’ora in avanti, a «non indossare la kippah» negli spazi pubblici, «in attesa di giorni migliori». La dichiarazione di Ammar, che ha invitato i suoi correligionari a nascondere la propria appartenenza religiosa, a fare un passo indietro per il quieto vivere, ha fatto tuttavia sobbalzare i principali rappresentanti del culto ebraico francese. Che hanno individuato nelle sue parole “un gesto di resa”. Roger Cukiermann, presidente del Crif (Conseil représentatif des institutions juives de France) ha respinto l’«atteggiamento disfattista» di Ammar, prima di aggiungere: «Non dobbiamo cedere a niente, continueremo a portare la kippah». Posizione condivisa dal Grande Rabbino di Francia, Haim Korsia, che ha invitato gli ebrei di Francia a «non cedere a niente»: «Continueremo a indossare la kippah», perché rinunciarvi sarebbe un’«abdicazione». Korsia, intervistato dal Parisien, si è poi spinto più in là, lanciando un appello per una «mobilitazione generale dei cittadini contro l’antisemitismo»”. Dai piani alti della politica, le reazioni all’attacco antisemita di Marsiglia e alle cifre nefaste sulle partenze verso Israele, non sono certo mancate. Il presidente della Repubblica, François Hollande, ha riaffermato martedì il diritto degli ebrei di vivere la loro religione apertamente in Francia: «È insopportabile che dei cittadini si sentano inquieti, aggrediti e colpiti per via delle loro scelte religiose e che possano arrivare alla conclusione di doversi nascondere». II premier Valls, il ministro dell’Interno Cazeneuve e la Guardasigilli Taubira si sono anch’essi detti «sconvolti» per l’«aggressione antisemita», promettendo le misure necessarie affinché gli ebrei possano tornare a sentirsi protetti in Francia e continuare a esporre liberamente la loro appartenenza religiosa. Non sarà un lavoro semplice quello dell’esecutivo socialista, perché il senso di insicurezza tra gli ebrei di Francia è molto profondo. Proprio in questi giorni la Fondation Jean-Jaurès ha pubblicato un libro curato da due brillanti giornalisti e esperti di sondaggi come Jérôme Fourquet e Sylvain Manternach. Il titolo è «L’an prochain à Jérusalem? Les Juifs de France face àl’antisemitisme» ed è una raccolta di testimonianze inedite (frutto di una serie di interviste realizzate la scorsa estate) che mostrano come molti ebrei non abbiano aspettato l’invito del presidente del concistoro israelitico di Marsiglia per nascondere la kippah. «Mio marito porta la kippah a Sarcelles (sobborgo a nord di Parigi), ma non la porta dappertutto in Francia», racconta una giovane donna. «Alcune settimane lavora a Lunel, lì dove molti giovani sono partiti per fare il jihad, e non la porta. Nemmeno quando va a Lilla la indossa». In sempre più zone di Francia mostrare la propria appartenenza alla religione ebraica è diventato un problema.