Fonte:
Moked
“Mai più a un mondo dominato dalla violenza, dalla sopraffazione, dal razzismo, dal culto della personalità, dalle aggressioni, dalla guerra. Mai più a uno Stato che calpesta libertà e diritti. Mai più a una società che discrimina, divide, isola e perseguita. Mai più a una cultura o una ideologia che inneggia alla superiorità razziale, all’intolleranza, al fanatismo”.
Dal Palazzo del Quirinale, il Capo dello Stato Sergio Mattarella esprime chiare e ferme parole sul dovere di fare Memoria. Un’azione rivolta al futuro che nasce da un confronto consapevole con il passato, i suoi errori e i suoi orrori. Il sistema di Auschwitz e dei campi a esso collegati, ha evidenziato durante la solenne cerimonia per il 27 gennaio, tornata quest’anno nel palazzo presidenziale, fu infatti “l’estrema, ma diretta e ineluttabile conseguenza di pulsioni antistoriche e antiscientifiche, istinti brutali, pregiudizi, dottrine perniciose e gretti interessi, e persino conformismi di moda”. Il culmine di un processo innescato in Italia dalle leggi razziste dal ’38, l’atto infame di un regime che “agì crudelmente contro una parte del nostro popolo”. Numerosi i richiami ai crimini del fascismo e a quanti permisero l’orrore nel suo progressivo dipanarsi, dalla persecuzione dei diritti a quella delle vite. “Agli italiani di origine ebraica fu sottratta, da un giorno all’altro, la cittadinanza, ossia l’appartenenza allo Stato”, ha ricordato Mattarella. “Tra questi innocenti – ha poi aggiunto – vi erano numerosi volontari e decorati della prima guerra mondiale, protagonisti della vita sociale, culturale, economica dell’Italia. Vennero espulsi dall’esercito, dalla pubblica amministrazione, dalle scuole e dalle università. Fu loro vietato l’esercizio della libera professione. I loro libri, le loro opere d’arte, vennero bandite e bruciate. I beni confiscati. Il loro censimento in quanto ebrei favorì la successiva concentrazione nei ghetti o nei campi di detenzione e consentì ai carnefici nazisti di portare a termine l’infame opera di deportazione, su vagoni bestiame, verso le fabbriche della morte”. Nel nord e nel centro Italia, il suo ulteriore riferimento, “dopo i drammatici fatti seguiti all’otto settembre del 1943 le milizie fasciste parteciparono alla caccia e alla cattura degli ebrei, che furono consegnati alle SS tedesche”. Un meccanismo di distruzione che “non si sarebbe messo in moto se non avesse goduto di un consenso, a volte tacito ma comunque diffuso, nella popolazione”. Un consenso con gradi e motivazioni diversi: “L’adesione incondizionata, la paura, ma anche, e spesso, il conformismo e quell’orribile apatia morale costituita dall’indifferenza”. Poche e isolate, è stato sottolineato, “furono le figure illuminate che, in Germania e in Italia, levarono la propria voce per condannare il razzismo e la sua letale deriva”. Un presidio da difendere, nell’Italia democratica, affinché tutto ciò non accada mai più: “I principi della nostra Costituzione repubblicana e la Carta dei Diritti Universali dell’Uomo” come “radicale negazione dell’universo che ha portato ad Auschwitz”.


La cerimonia – condotta dall’attore Andrea Pennacchi, che ha letto brani di Primo Levi, Vassilij Grossman e Yankel Yakov Wiernik – ha visto tra gli artisti intervenuti il Maestro Francesco Lotoro, il violinista Fabrizio Signorile e la soprano Anna Maria Stella Pansini, che hanno eseguito “Kol Nidrei”, “Mazurek” e “Traum” – con a seguire l’esibizione del rapper Davide Milano. Protagonisti inoltre gli studenti che hanno preso parte al concorso annuale “I giovani ricordano la Shoah”, le cui scuole vincitrici sono state poi premiate dalle istituzioni. A due di loro è stata affidata l’intervista a Foà, la cui testimonianza è stata salutata da Mattarella come “dolorosa” e “preziosa”.
“Andiamo avanti, perché i giovani crescono e sapranno affrontare le situazioni. E forse – ha detto – faranno anche meglio di noi”.
