30 Novembre 2017

Gruppo di neonazisti appartenenti all’organizzazione Veneto Fronte Skinheads fanno un blitz durante una riunione di alcuni volontari pro-migranti

Fonte:

La Repubblica, Corriere del Veneto Venezia e Mestre

Autore:

Paolo Berizzi, Giovanni Viafora

Allarme naziskin al Nord torna lo spettro squadrista

COMO Il Chiostrino di Santa Eufemia nel 1600 era un convento: adesso è un centro culturale pieno di colori, stoffe, libri, costumi teatrali. L’esatto opposto del nero lugubre dei bomber della squadraccia naziskin che martedì sera, quindici minuti dopo le nove, ha fatto irruzione qui, nella sala sartoria, al primo piano, intorno a questo tavolone bianco dove erano riuniti i rappresentanti delle associazioni e dei partiti che aderiscono a Como Senza Frontiere. È la rete nata nell’estate del 2016 per accogliere le centinaia di migranti in transito o in arrivo a Como. Amici dei “nemici”. E dunque, nemici delle teste rasate del Veneto Fronte Skinheads. È una delle più antiche formazioni dell’ultradestra italiana (1986). Razzisti e antisemiti. Base a Lonigo, in provincia di Vicenza. Ma raggio d’azione che si sta allargando in Lombardia. Il piano del blitz neofascista — Repubblica.it ne ha pubblicato il video — è studiato in ogni dettaglio. Anche scenico. I 13 militanti sapevano che le varie anime di Csf si erano date appuntamento qui per fare il punto sull’attività dei gruppi e sulle prossime iniziative, sempre sul tema migranti. «Ho sentito dei rumori — racconta ancora spaventata Anna Maria Francescato, la giovane portavoce di Csf — Sono andata a vedere. Mi sono trovata davanti questo gruppo di fascisti. All’inizio mi sembrava uno scherzo, una messa in scena». L’effetto che i naziskin volevano ottenere era quello: un’intimidazione plateale. Per la serie: entro in casa tua quando voglio e faccio quello che voglio. Modalità da fascismo anni ’20. Il manipolo si dispone a cerchio intorno al tavolo, in piedi, circondando le persone che rimangono lì sedute. Impietrite. Capaci però di una forza pacifica disarmante che, guardando le immagini, appare ammirevole. Gli invasori hanno un copione da eseguire e il capo procede: con tono stentoreo legge a mo’ di proclama un volantino che si conclude così: «Per tutti voi, figli di una patria che non amate più, siamo qui a ricordarvi che il proprio popolo si ama e non si distrugge! Basta invasione!». Il riferimento è alle centinaia di migranti assistiti da Csf (definiti «ipocriti di mestiere») da giugno 2016 a oggi. Sono 250 — per di più richiedenti asilo, ma fuori dal circuito dell’accoglienza tradizionale — quelli che vivono oggi in città. Nel volantino letto, e prima distribuito a ciascuno dei presenti intorno al tavolo, si parla di «sostituzione» del popolo europeo con dei «non popoli», si dà contro ai «soloni dell’immigrazionismo a ogni costo». Uno dei militanti filma la scena col cellulare. «A quel punto mi sono messo a filmare anch’io — dice Giampaolo Rosso, vicepresidente dell’Arci di Como — uno dei pochi uomini presenti all’incontro — Pensavo che avrebbero cercato di impedirmelo: e invece no. Lì ho capito che volevano che l’azione fosse veicolata il più possibile». Terminata la lettura i 13 naziskin lasciano la sala: «Adesso potete riprendere la vostra riunione…», concede il capo. «Noi vi abbiamo rispettato, adesso lasciateci continuare», dice Veronica Bestetti, presidente di “Luminanda”, l’associazione che gestisce il centro culturale del Chiostrino (di proprietà del Comune). «Per voi nessun rispetto», le risponde uno. Dopo avere rivendicato l’azione il Vfs se la prende con “Repubblica” e gli “antifascisti”. Scrive in un post il presidente Giordano Caracino: «Siete in grado di trasformare in violenza la lettura di un comunicato… antifascisti. Passi lo scontro che sappiamo rifiutate sempre, ma se proprio non reggete neanche più il confronto democratico basato sull’avere delle idee discordanti… smettetela di fare politica, fate altro, origami o ricamo per esempio!». Il blitz neofascista di Como è diventato un caso: coro di indignazione e interrogazioni parlamentari dal centrosinistra. Intanto la Digos di Como è al lavoro per identificare i 13 del gruppo: di quattro le generalità sono già note, e sono della provincia di Como. Saranno tutti denunciati per violenza privata. Trentun’anni di storia, un passato fatto di arresti e inchieste, il Vfs dal 2015 è uscito dai confini veneti. L’ultima azione a ottobre: uno striscione appeso sulla sede milanese di Save the Children (“Save the business”). Pochi giorni dopo, a Como hanno affisso manifesti con la scritta «È ora di svegliarsi da questa indifferenza. Stanno uccidendo il tuo popolo».