19 Novembre 2023

Giuseppe Crimaldi de Il Mattino intervista il prefetto Giuseppe Pecoraro, coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo

Fonte:

Il Mattino

Autore:

Giuseppe Crimaldi

«L’antisemitismo avanza che errore il silenzio dei prof dell’Orientale»

«In Italia stiamo registrando un inquietante aumento di casi di antisemitismo. Per arginare questa deriva penso che serva un cambio di passo, a cominciare dalla modifica dell’articolo 604 del codice penale, non più sufficiente per punire i comportamenti illeciti». Giuseppe Pecoraro – prefetto di lungo corso che dal 26 gennaio è stato nominato coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo – ha le idee chiare: la tragedia scatenata dagli attacchi terroristici del 7 ottobre contro la popolazione civile israeliana da parte di Hamas, con tutto quello che ne è conseguito e che sta accadendo in Medio Oriente, impone una riflessione e contromisure adeguate, capaci di garantire una effettiva tutela degli ebrei residenti nel nostro Paese.

Che idea si è fatto?

«La situazione è complessa, ci sono diversi aspetti da tenere in considerazione. Uno di questi riguarda la tutela di chi oggi è minacciato da questi rigurgiti razzisti: e per questo le misure adottate su indicazione del presidente del Consiglio e del ministro dell’Interno sono più che adeguate. Manca però ancora una idonea tutela giuridica, e per questo intendo proporre al governo di valutare una modifica dell’articolo del codice penale (che prevede e punisce il reato di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, ndr). A cominciare dall’integrazione e adozione, nella norma in questione, della definizione di antisemitismo data dall’International Holocaust Remembrance Alliance».

Come intende muoversi?

«Ho già informalmente preso contatti con il ministero della Giustizia. È un percorso che non può certo realizzarsi in questo momento particolare, mentre è in corso una guerra, ma una volta terminata questa fase di crisi credo che i tempi siano maturi perché si arrivi a inserire nel codice il seguente principio: “L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto”. II nostro obiettivo è insomma quello di rendere chiarezza alla norma di carattere penale in ambito di antisemitismo anche per rendere più agevole il suo approccio a chi investiga e a chi è chiamato poi a giudicare».

Prefetto, dal suo osservatorio privilegiato lei ha un quadro completo della situazione odierna. Che cosa la preoccupa di più?

«La mancanza di basi culturali t storiche da parte di chi diffama e colpisce gli ebrei. Bisognerebbe conoscerla, la storia, anche prima di fare affermazioni affrettate o schierarsi contro Israele. Tutti i tentativi fatti dai primi ministri israeliani con relative offerte di pace alla controparte palestinese sono abortiti non per colpa del governo di Gerusalemme. E al netto di Camp David e Oslo, la situazione non si è mai più sbloccata verso una seria e reale prospettiva di pace per i due popoli».

Naturalmente oggi è ancora tutto maledettamente più difficile, dopo quello che è successo con gli orrori scatenati da Hamas contro i civili israeliani.

«Vero. Ma tutti oggi auspichiamo che si arrivi anche alla nascita di uno stato palestinese capace di viverre in pace con Israele. Naturalmente le atrocità commesse con le stragi di civili e il rapimento degli ostaggi hanno determinato un ulteriore passo indietro sul percorso della pace. Ma tornando alla sua domanda, a cosa mi preoccupa, c’è anche dell’altro».

Che cosa?

«I cattivi maestri».

A chi si riferisce, prefetto?

«Certi episodi che abbiamo registrato nelle università, seguiti poi anche da un appello di oltre tremila docenti a boicottare le istituzioni di ricerca israeliane ricordano da vicino a ciò che accadeva durante il periodo del terrorismo negli annidi piombo in Italia, quando su certe cattedre salivano, appunto, quei cattivi maestri».

Lei è napoletano. C’è qualcosa in particolare che l’ha colpita di più in questi giorni sul fronte dell’antisemitismo dichiarato a Napoli?

«Ho trovato decisamente negativa l’occupazione dell’Università Orientale, con un atteggiamento deprecabile di studenti e docenti. O meglio, per essere ancora più chiari: al netto della chiara presa di distanza del rettore Tottoli, che ha stigmatizzato il fatto, alla occupazione da parte degli studenti e seguito il silenzio del corpo docente. A quell’episodio, poi, se ne sono aggiunti altri, a cominciare dall’occupazione del Liceo Vico».

E che cosa l’ha amareggiata di più?

«In generale, la disattenzione e direi quasi totale estraneità dell’opinione pubblica: non c’è stato, a quel che ho visto, nessuno che si sia ricordato delle sofferenze e dell’altissimo prezzo pagato già nel passato in città come Napoli e Roma dalle Comunità ebraiche. Comunità che sono state costrette a sopportare nell’indifferenza tante sofferenze. Mi lasci fare a questo proposito anche un’altra riflessione su Napoli».

Prego.

«Nessuno ha ricordato in tutti questi anni un grande ebreo napoletano: Giorgio Ascarelli, che oltre ad essere l’imprenditore che fondò il Calcio Napoli, fu anche un grande e generoso filantropo capace di fare tanto per la città e peri napoletani. Ora so che, finalmente, c’è un’associazione che si sta occupando di recuperare e onorare la sua memoria, anche con iniziative di restauro del cimitero israelita dove è sepolto. Ma Ascarelli avrebbe meritato il supporto di tutta la città e delle sue istituzioni. E ancora oggi aspettiamo che gli venga intestata una strada o una piazza».

Restando sul piano sportivo: che cosa pensa del fatto che dopo i massacri del 7 ottobre nessuna istituzione calcistica abbia avuto la sensibilità di onorare la memoria di quei morti innocenti con un minuto di silenzio negli stadi?

«Mi sarei aspettato quel minuto di raccoglimento, per le vittime innocenti e per i civili presi in ostaggio. Non c’è stato, e dunque si è persa una buona occasione. Io sono stato procuratore federale della Figc, e ricordo che una volta esaminammo il caso di una partita di calcio anticipata da un minuto di silenzio per onorare la morte di un noto capotifoso pregiudicato. Se penso all’occasione mancata per gli israeliani caduti per mano dei terroristi, resto senza parole».

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