5 Novembre 2021

Gadi Luzzatto Voghera, Direttore della Fondazione CDEC, riflette sulla presenza del libello antisemita Protocolli dei savi di Sion nell’editoria italiana

Fonte:

Moked.it

Autore:

Gadi Luzzatto Voghera

Il mercatone del pregiudizio

Il portale de LaFeltrinelli.it alla fine ha cancellato la descrizione (opera della casa editrice Segno) della riedizione dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion in vendita libera a un prezzo ragionevole. Lo ha fatto, immagino, per tentare di mediare dopo il polverone mediatico suscitato da qualche articolo giornalistico di condanna e una pioggia di messaggi social piuttosto ostili. Attenzione, non è che non venda il libro. Semplicemente non lo correda di una descrizione. Tanto basta. Uno dei problemi (ce n’è più di uno in verità), è che ci sono altre edizioni dello stesso testo delirante e falso in vendita sullo stesso sito. C’è l’edizione di un ebook che descrive il testo come una sorta di libro tabù nella Russia comunista, e poi ce n’è una che in effetti è la semplice ristampa dell’edizione voluta da Giovanni Preziosi durante il fascismo, con una scheda di presentazione tanto sgrammaticata quanto delirante. Il povero Julius Evola (ideologo della destra neo fascista e in precedenza paladino del razzismo spiritualista) ne scriveva all’epoca una dotta introduzione e sarebbe impallidito a leggere come oggi viene smerciata la sua parola. Se non altro per l’italiano sgrammaticato e per la confusione mentale dell’editore contemporaneo.

Al netto dell’amara ironia, la questione è grave. In primo luogo per l’imbarazzante livello dell’editoria italiana e delle librerie reali e virtuali. Si registra un’assenza totale di etica professionale. Il ragionamento più o meno è questo: “Noi offriamo lo spazio di vendita e poi sono gli editori a descrivere il contenuto. Quindi non ne siamo responsabili”. Ottimo, un ragionamento impeccabile. Quindi se entro in un ipermercato e il macellaio che ha in appalto il reparto carne mi vende merce scaduta io non sono responsabile. Se organizzo una manifestazione di piazza ma lascio che un gruppo di neofascisti scalmanati assalti la sede della CGIL io non sono responsabile. Potrei fare altri esempi ma mi fermo qui e torno ai libri. Perché bisogna sapere che la distribuzione di questi libri non è una novità. Oggi se ne sono accorti in molti per un’operazione giornalistica, ma da molto tempo l’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione CDEC segnala nel suo rapporto annuale la pubblicazione e distribuzione sul web di testi antisemiti. Parliamo di decine di titoli all’anno, non del vecchio e noto testo fasullo dei Protocolli. Lo sanno le comunità ebraiche (a cui il rapporto viene distribuito), lo sanno i vertici delle forze dell’ordine, lo sa la magistratura, e lo sanno naturalmente i responsabili della distribuzione. Quindi non solo la Feltrinelli, ma anche Amazon, IBS, il Libraccio, Mondadori e via discorrendo. La risposta alle segnalazioni è varia: noi siamo solo distributori; siamo per la totale libertà di parola; non si tratta di nostre edizioni. Il che equivale a dire che non c’è differenza fra fare il libraio e fare il droghiere (con tutto il rispetto per entrambe le categorie).

Allora vale la pena di ribadire alcuni concetti con determinazione: 1. Produrre e distribuire libri equivale da sempre a fare cultura in senso lato. E la cultura è innanzitutto responsabilità. Accompagnata a professionalità. 2. L’antisemitismo è un fenomeno in pericolosa crescita, che ha avuto nel recente passato esiti catastrofici per il nostro continente. Favorire la “libera” circolazione di quelle idee su carta stampata e in rete non è un atto di cultura, ma una fomentazione più o meno cosciente del pregiudizio. 3. La censura è stata sempre un atto voluto dal potere per colpire e intimidire la libera circolazione delle idee. Ma qui la censura non è un argomento valido e non c’è nessun “potere” che chiede di evitare la vendita di certi obbrobri. L’unico potere che sembra dominare, in questo caso, è quello del mercato e del denaro. Business is Business, senza distinzione di simpatie politiche. Che tristezza.