8 Aprile 2022

Gadi Luzzatto Voghera, Direttore della Fondazione CDEC, commenta l’istituzione della giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli alpini

Fonte:

Moked.it

Autore:

Gadi Luzzatto Voghera

Alpini

Personalmente sono cresciuto con il mito degli alpini, un po’ come tutti i veneti. I loro canti, i racconti della grande guerra, e poi lo spirito di corpo dimostrato in molte occasioni, ben prima della nascita della protezione civile. Ricordo il terremoto in Friuli del 1976 e la grande efficienza e generosità dei volontari alpini che misero in sicurezza la popolazione civile. Naturalmente fa parte del mito degli alpini anche la tragica spedizione di Russia del 1942-43 (decine di migliaia di morti), e ancor prima il disastro militare sui monti di Grecia e Albania, episodi raccontati con grande passione umana da straordinari scrittori che furono protagonisti di quelle vicende. Penso naturalmente a Nuto Revelli, o a Mario Rigoni Stern e al suo Sergente nella neve. Penso alla sua scelta di non servire la Repubblica Sociale Italiana e di diventare un internato militare (IMI) subendo la dura prigionia in diversi lager nazisti fra il 1943 e il 1945. Nel 2016 è stata presentata una proposta di legge per istituire una giornata nazionale per ricordare i seicentomila soldati italiani che fecero la stessa scelta. Furono decine di migliaia coloro che non tornarono dai lager. Ai pochi superstiti viene conferita una medaglia in occasione del 27 gennaio, Giorno della memoria in cui si ricordano appunto anche i deportati militari e civili. Ma gli IMI non hanno avuto l’onore di una giornata a loro espressamente dedicata.

Al contrario, due giorni fa il Senato della repubblica ha approvato il Ddl che istituisce la giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli alpini, già approvato dalla Camera il 25 giugno 2019 e che ora diventerà legge. Un astenuto, 189 favorevoli, nessun contrario. Tutto bene? Non direi. La giornata scelta è il 26 gennaio, ultimo giorno della battaglia di Nikolaewka, quando nel 1943 la 2a Divisione Tridentina degli alpini venne massacrata dall’Armata Rossa. Un episodio penoso per la memoria storica di questo Paese, non c’è dubbio. Ma pur sempre un episodio di guerra, in un conflitto dove gli alpini erano dalla parte sbagliata.

Ho una domanda semplice ma ineludibile (naturalmente retorica) per i nostri onorevoli deputati e senatori: quella data, il 26 gennaio, era proprio la più opportuna per celebrare il ruolo del corpo degli alpini nella storia d’Italia? Ma veramente si pensa sia intelligente e politicamente appropriato – nell’Europa che predica la pace e la convivenza fra i popoli, in un momento di tragica guerra che per coincidenza è esplosa a non molta distanza dalle rive del Don, dopo anni che i nostri alpini si impegnano in missioni di peace keeping un po’ ovunque – indicare come data per celebrare gli alpini proprio quella in cui vennero sconfitti mentre combattevano una ignobile guerra di invasione al fianco delle truppe della Wehrmacht?

Dopo la domanda, ho una preghiera: siete ancora in tempo, cambiate quella data. Non conosco la storia del corpo degli alpini nella sua lunga cronologia, ma sono certo che non sarà difficile identificare un giorno lontano dall’esperienza dell’ARMIR e della campagna di Russia, lontano dal 27 gennaio (che da vent’anni indica ben altri valori alle giovani generazioni), lontano dalle pagine equivoche delle guerre imposte dal regime fascista al nostro Paese. Sceglietene un’altra, onorevoli deputati e senatori, per rispetto e per decenza.