3 Giugno 2022

Gadi Luzzatto Voghera, Direttore della Fondazione CDEC, commenta alcune iniziative contro l’antisemitismo promosse dalla UE

Fonte:

Moked.it

Autore:

Gadi Luzzatto Voghera

Nuove generazioni alla prova

Il mese di giugno 2022 apre una nuova fase nelle politiche europee connesse all’antisemitismo, alla storia delle persecuzioni e alla memoria della Shoah. Dopo più di due anni di blocco delle attività in presenza e in piena guerra russo-ucraina, gli organismi internazionali hanno in programma una serie di incontri programmatici che danno tutta l’impressione di rappresentare una svolta, più che una scontata ripresa di dinamiche congressuali risapute. Si è appena concluso a Bruxelles il secondo incontro del gruppo di lavoro per lo sviluppo della strategia europea di lotta all’antisemitismo e il rafforzamento della vita ebraica. Un momento non formale, al contrario delle aspettative dei più pessimisti, da cui sono emersi impegni concreti di investimento (da parte degli organismi UE), di attivazione di reti istituzionali (da parte del Parlamento UE), e di sviluppo di nuovi strumenti di valutazione delle dinamiche antisemite in atto nel vecchio Continente. Quel che colpisce è da un lato il concreto impegno istituzionale degli stati membri, connesso in maniera forte con le diverse rappresentanze delle comunità ebraiche. Ma ancora di più colpisce la presenza maggioritaria di giovani funzionari e funzionarie molto preparati e motivati. Una nuova generazione che smentisce la retorica di un’Europa schiava di meccanismi amministrativi statici e vecchie burocrazie che lavorano solo per autosostenersi. A Bruxelles è andato in scena un turbine di idee e di proposte, accompagnate da seri impegni di investimento su problemi reali e riconosciuti. I Paesi che provano a “fare i furbi” (non farò nomi) provando a presentare le vecchie retoriche del tipo “da noi non c’è antisemitismo”, “i rapporti fra Stato e Comunità ebraiche sono idilliaci” ecc. fanno poca strada e vengono riportati alla cruda realtà con cortesia ma con fermezza. L’imperativo è: lavorare! E in fretta, perché l’antisemitismo non è una barzelletta e – come si è visto negli scontri propagandistici riguardanti l’attuale conflitto in Ucraina – è un linguaggio politico diffuso e assai utilizzato.

Il mese di incontri continuerà ad Amsterdam, dove fra l’8 e il 9 giugno si svolgerà finalmente in presenza il General Partners Meeting di EHRI (European Holocaust Research Infrastructure), la più importante costellazione di istituti di ricerca esistente che si mettono in rete per condividere i propri patrimoni archivistici e documentari sulla persecuzione degli ebrei in Europa.

E infine a Stoccolma fra il 20 e il 23 del mese si svolgerà in presenza dopo due anni la conferenza plenaria dell’IHRA. L’International Holocaust Remembrance Alliance è impegnata – dopo il gravissimo bombardamento al sito memoriale di Babin Yar – a individuare nuove forme di contrasto all’ondata di manipolazione della Memoria che caratterizza i nostri giorni.

In definitiva, l’impressione è che l’Europa c’è, non si limita ad assistere e ascoltare, ma è decisa a intervenire su temi cruciali per la sopravvivenza stessa dell’ebraismo continentale. E in questo contesto, l’Italia con le sue istituzioni, le Comunità ebraiche e i suoi istituti di ricerca è presente e riconosciuta.

Tutto bene, quindi? Non proprio. Le criticità sono molte, prima fra tutte la diffusa presenza di derive sovraniste, cui si aggiungono ambiguità e meccanismi tecnocratici a volte difficili da scalfire. Ma qualcosa si muove veramente. Penso quindi che sia importante innanzitutto garantire ad ogni livello una presenza del nostro Paese, invitando anche i nostri giovani a lavorare in questa direzione.