15 Luglio 2014

Francia, manifestazioni filo palestinesi sfociano in attacchi alle sinagoghe

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Stefano Montefiori

Hollande: «Non importeremo il conflitto»

L’allarme del presidente francese dopo l’assalto a due sinagoghe

Parigi – Davanti alla sinagoga di rue de la Roquette, ieri mattina, c’erano ancora vetri rotti, pezzi di sedie, e un’auto della polizia. La sera prima centinaia di persone si sono staccate dal corteo filopalestinese che aveva finito la sua marcia esibendo missili di cartapesta e inneggiando a Hamas in piazza della Bastiglia e hanno dato l’assalto al tempio ebraico Don Isaac Abravanel, dove era in corso una preghiera per la pace e una riunione di sostegno a Israele alla presenza del gran tabbino di Parigi Michel Gugenheim. «Allah è grande», «Morte agli ebrei», «Israele assassino», «Botte ai sionisti», gridavano i manifestanti.

I pezzi di legno sul marciapiede sono ciò che resta adesso delle sedie rubate ai tavolini dei caffè vicini, e scagliate contro il cancello della sinagoga, contro i furgoni della polizia antisommossa e prima ancora contro i militanti della Ligue de Défense Juive, che per circa mezz’ora hanno resistito proteggendo l’ingresso del tempio in attesa delle forze dell’ordine. Mentre fuori i teppisti lanciavano bottiglie, bidoni dell’immondizia e vasi di fiori, dentro la sinagoga gli ebrei stavano al riparo sperando che i manifestanti inferociti, molti a volto coperto, non riuscissero a entrare. Quando gli agenti hanno preso in mano la situazione hanno chiesto ai fedeli di rimanere al sicuro e solo dopo un’ora hanno cominciato a farli uscire, a piccoli gruppi. Poco prima la calma era tornata a fatica in un’altra sinagoga poco lontana, in rue de Tournelles.

ruedetournelles

Ebrei attaccati in quanto ebrei, a 3.300 chilometri da Gaza Sabato era toccato alla sinagoga di Aulnay, colpita da una bottiglia molotov. In quell’occasione, l’esponente ecologista Pierre Minnaert aveva commentato che «quando le sinagoghe si comportano da ambasciate non è sorprendente che subiscano gli stessi attacchi delle ambasciate», evocando il perenne mito antisemita dell’ebreo come quinta colonna dello straniero, in questo caso dello Stato di Israele.

«Non permetteremo che il conflitto israelo-palestinese venga importato in Francia» ha dichiarato il premier Manuel Valls, ma le sue parole sono già una conferma che questo sta in parte avvenendo, e non da adesso. Quando il 19 marzo 2012 Mohammed Merah è entrato nella scuola ebraica di Tolosa e ha preso per i capelli Myriam Monsonégo, 8 anni, per spararle alla testa, dopo avere ucciso un professore trentenne e i suoi due figli di tre e sei anni, lo ha fatto perché «gli ebrei uccidono i nostri fratelli e le nostre sorelle in Palestina». In quei giorni sui muri delle periferie francesi comparvero scritte in onore del «martire Merah». E prima che lo scorso gennaio Valls mettesse fuorilegge i suoi spettacoli, il comico antisemita Dieudonné faceva il tutto esaurito al Théâtre de la Main d’Or a Parigi ma anche nei palazzetti dello sport di provincia con battute come «Pétain mi piaceva, almeno vedeva dove sta il problema». (Pétain ha collaborato con i nazisti nella deportazione e lo sterminio degli ebrei francesi, ndr).

Dei circa cinque milioni di musulmani francesi (è una stima, un censimento di religioni o etnie resta vietato dalla legge) solo una infima minoranza pensa di importare la jihad, ma il problema esiste e ne ha parlato ieri anche il presidente François Hollande, nell’intervista del 14 luglio festa nazionale.«Il conflitto israelo-palestinese non può essere importato. Non possono avvenire intrusioni nei luoghi di culto, non avremo alcuna indulgenza». Il ministro dell’interno Bernard Cazeneuve ha chiesto ai prefetti di raddoppiare la vigilanza, un corteo filo-palestinese è stato proibito a Nizza. «Abbiamo superato un altro limite» dice Joel Mergui, presidente del Concistoro di Francia, che domenica sera era nel tempio di rue de la Roquette. «In che Paese viviamo, quando si è costretti a tenere 200 persone chiuse in una sinagoga per paura di rappresaglie?».

Un Paese che molti ebrei sentono come poco sicuro e che infatti abbandonano. Nel 2013 sono stati 3.288 a emigrare in Israele, un aumento del 7o per cento rispetto al 2012. Per la prima volta dal 1948 il numero di chi proviene dalla Francia ha superato quello di chi giunge dagli Stati Uniti e l’Agenzia ebraica ha detto al New York Times che per il 2014 si aspetta l’arrivo di 5.000 ebrei francesi. L’emigrazione verso Israele è stabile in tutto il mondo, cresce solo in Francia.