22 Febbraio 2015

Fioritura delle teorie complottiste

Fonte:

Corriere della Sera La Lettura

Autore:

Beppe Severgnini

La passione per i complotti

Dai romanzi alla rete i dietrologi vivono una nuova fioritura. Si è capovolto l’onere della prova, non più a carico di chi sostiene la cospirazione, ma di chi deve smentirla. In Italia poi la mancanza di trasparenza esaspera la frustrazione

«I sospetti non sono mai esagerati. Sospettare, sospettare sempre. Solo così trovi la verità». Nel nuovo romanzo di Umberto Eco, Numero zero, l’affermazione riassume la deriva paranoica di un’improbabile redazione, nei primi anni Novanta. Oggi descrive un atteggiamento che guadagna popolarità e raccoglie adepti, non solo in Italia: la passione per il complotto.

Il complottista unisce ansia e diffidenza, dedizione e incompetenza, facilità nella raccolta di informazioni e spregiudicatezza nell’utilizzarle. Non va deriso, anche se talvolta la tentazione è forte. Va spiegato.

Il complottista è, spesso, un incompetente ingenuo e deluso. Ha la sensazione che gli/le venga nascosto qualcosa, e reagisce sposando teorie palesemente assurde.

Prendiamo le scie lasciate in cielo dagli aerei di linea. Per gli amanti della cospirazione sono diventate «le scie chimiche». Non condensazione di vapore acqueo, bensì «agenti chimici o biologici spruzzati in volo per mezzo di apparecchiature montate sui velivoli, per avvelenare l’aria, controllare il clima e le menti». Una sciocchezza? Qualcuno la prende sul serio. In Italia sono state presentate una quindicina di interrogazioni parlamentari in materia. Oggi il tema affascina il Movimento 5 Stelle. L’eurodeputato Marco Zullo ha dichiarato di voler portare la questione a Bruxelles. La senatrice Paola Taverna ha dichiarato: «Chi può escludere che esistano le scie chimiche?».

Quest’inversione dell’onere della prova è il marchio di fabbrica del complottista. Non tocca a lui/a lei dimostrare una tesi bislacca; sono gli altri che devono smentirla! I social sono la palestra ideale per questi spericolati esercizi logici. @ptpaola scrive su Twitter: «Molte compagnie aeree applicano tariffe basse, perché dietro alti compensi spruzzano veleni. #sciechimiche». @angelopaz5 urla in stampatello: «TUTTE LE SCIE CHE VEDETE IN CIELO SONO CHIMICHE! CONTINUATE A FOTOGRAFARE! FORZA! LA GENTE DORME NON VEDE NULLA!!!».

Follia? Se così fosse, si tratterebbe di una follia affollata. Le «scie chimiche» presero il volo nel 1997 grazie a Richard Fincke, che non era uno scienziato; oggi vengono discusse (quasi) seriamente. Altri esempi in campo aerospaziale? Lo sbarco sulla Luna nel 1969 non sarebbe mai avvenuto. Le immagini, secondo i cospirazionisti, sarebbero opera del regista Stanley Kubrick, già autore di 2001 Odissea nello spazio, ricattato dalla Nasa. Oppure: in Nevada esisterebbe una base militare segreta (Area 51) dove vengono tenuti gli alieni catturati sulla Terra, allo scopo di studiarli (al momento, due specie). L’elenco potrebbe continuare.

Il cospirazionismo non è un fenomeno nuovo. La letteratura trabocca di trame e complotti. Senza complotti, il troiano Ettore avrebbe continuato a fare il padre di famiglia in Asia Minore e il greco Ulisse sarebbe rimasto a coltivare la terra a Itaca. Sul «Sole 24 Ore» Arnaldo Greco ha spiegato perché gli attuali complottisti sono figli (illegittimi) di Dante Alighieri: «La prima lettura di questo tipo risale a Gabriele Rossetti. Scrittore mediocre, infarcito della più deteriore Arcadia, si invaghì di Dante e pubblicò studi secondo i quali nella Divina Commedia esistono dei segreti nascosti. Prova principe, questa terzina: «O voi che avete gl’intelletti sani,/ mirate la dottrina che s’asconde/ sotto il velame degli versi strani» (Inferno, Canto IX).

Il complottismo contemporaneo nasce negli anni Novanta, con l’avvento di internet e di telefilm come X-Files. Gli attentati dell’11 settembre 2001 l’hanno fatto crescere. Se l’amministrazione di George W. Bush ha strumentalizzato quelle tragedie per invadere l’Iraq nel 2003, c’è chi si spinge molto più in là. E sostiene che gli attentati di New York e Washington siano stati organizzati dallo stesso governo Usa. La prova? Il crollo delle Torri Gemelle, per esempio: «Troppo simile a una demolizione controllata!», sostengono i complottisti (ignorando le spiegazioni degli ingegneri strutturali). Così Aids ed Ebola sono stati creati in laboratorio a scopo bellico! Lo tsunami (2004) e l’uragano Katrina (2005) sono parte di una guerra ambientale! Osama Bin Laden non è stato ucciso! Il presidente Obama è lo stesso Osama! Eccetera.

Quest’anno l’attenzione dei complottisti è concentrata sugli attentati al settimanale «Charlie Hebdo» e al negozio kosher di Parigi. Aldo Giannuli, docente di Storia, si dice dubbioso sulla matrice islamica degli attacchi. «I conti non tornano», scrive sul blog di Beppe Grillo. Perché quei documenti dimenticati in auto? Perché i terroristi si allontanano lentamente? Dove si sono procurati le armi? Le hanno portate dalla Siria? E i francesi se le sono fatte passare sotto il naso? L’onorevole Carlo Sibilia (Movimento 5 Stelle) ha scritto su Twitter: «Incredibile che a “Charlie Hebdo” sia rimasto ucciso l’economista Maris che denuncia irregolarità su emissione moneta (euro, ndr)». Un passaggio logico spericolato, quanto la tesi che l’eccidio sia stato organizzato dai servizi segreti occidentali per screditare i musulmani. Il poliziotto Ahmed Merabet sarebbe un attore, la sua esecuzione una sceneggiata. «Nessun sangue, nessun rinculo, nessun movimento del corpo = falso» scrive Salvo “NoTav” Mandarà, videoreporter dei comizi di Beppe Grillo.

Perché tutto questo? Alla voce «teoria del complotto» Wikipedia elenca diligentemente alcune «dinamiche di formazione concettuale». Sostituzione di informazioni carenti o equivoche con informazioni inventate. Ingrandimento temporale o spaziale di attività di organizzazioni segrete. Interpretazione arbitraria di nomi, abbreviazioni e simboli. Presentazione sensazionale d’informazioni. Attribuzione di significato eccessivo a coincidenze e somiglianze. Attribuzione di grande importanza a eredità o legami di sangue. Citazione di fonti senza valutazione della loro validità. Presentazione di versioni possibili come sicuramente valide.

Quest’ultimo meccanismo è alla base di ogni teoria cospirazionista. A causa dell’ambiguità o della carenza di dati, l’interpretazione complottista diventa difficile da confutare. È il motivo per cui molti personaggi morti tragicamente, in circostanze poco chiare, hanno generato credenze superstiziose. Marilyn Monroe nel 1962 è stata uccisa dalla mafia di Chicago con una supposta velenosa per vendicarsi di Bob Kennedy! Il presidente John F. Kennedy nel 1963 è stato assassinato dall’Fbi, da Fidel Castro, dagli anticastristi, dal Kgb, dai petrolieri e dalla lobby delle armi (a scelta)! Elvis Presley, scomparso nel 1977, è vivo! Brian Jones, Kurt Cobain, Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Amy Winehouse sono vittime della sindrome che colpisce i musicisti di 27 anni! E così via.

Tra i personaggi più citati dai complottisti c’è Diana Spencer, deceduta in seguito a un incidente automobilistico a Parigi il 31 agosto 1997. Articoli, libri e servizi televisivi hanno sostenuto che l’inquieta principessa di Galles sia stata uccisa, per evitare imbarazzi alla famiglia reale britannica. Obiezione: un’operazione del genere avrebbe richiesto un’organizzazione estremamente complessa e il coinvolgimento di dozzine di pubblici funzionari in Francia e nel Regno Unito. Tutti complici omertosi dell’omicidio della donna più celebre del pianeta? Suvvia.

C’è un complottismo sofisticato che va dal francese René Guénon all’americano Dan Brown, passando per il britannico David Icke, autore del bestseller E la verità vi renderà liberi, secondo cui il pianeta è controllato da una razza di «umanoidi rettiliani» (tra cui la famiglia reale britannica, George W. Bush e Barack Obama). Ma esiste anche un complottismo più ruspante, che non ha bisogno di elaborate costruzioni teoriche. Non templari, ma buontemponi.

Questo complottista unisce entusiasmo e diffidenza, dedizione e supponenza. È convinto di conoscere la verità, e si irrita se qualcuno mette in dubbio la sua opinione. Un esempio di tragica attualità: l’Isis sarebbe una creazione degli Stati Uniti d’America. I video diffusi dallo Stato Islamico? Girati in uno studio televisivo. Le decapitazioni? Finzione. Perché tutto ciò? Ma per spingere l’opinione pubblica ad accettare una nuova guerra in Medio Oriente! Opinione di qualche eccentrico isolato? Andate su Facebook e capirete che non è così.

Il complottista non sa distinguere tra dubbio e sospetto. Noi dobbiamo farlo. Il dubbio è sempre sano; il sospetto dev’essere motivato. È lecito, per esempio, chiedersi quali siano le intenzioni delle associazioni segrete; è ridicolo accanirsi contro il Club Bilderberg. Secondo «Wired», «l’eccessiva riservatezza ha spinto molti a credere che, dietro la facciata di circolo di discussione tra élite occidentali, si nasconda un manipolo di cospiratori interessati a rovesciare l’ordine costituito». Se la curiosità è comprensibile, l’ossessione è ridicola.

Il complottista nostrano ha un’attenuante, tuttavia. In Italia non disponiamo, infatti, dell’equivalente del Freedom of Information Act. Ottenere informazioni dalle autorità — qualsiasi informazione, ogni autorità — è lento, faticoso, talvolta impossibile. Il sospetto nasce lì. È la reazione all’arroganza e la ribellione alla frustrazione. Comprensibile. Ma si tratta di una reazione eccessiva. E di una ribellione sbagliata.

(ha collaborato Stefania Chiale)