30 Aprile 2012

Demonizzazione dello stato di Israele e del sionismo

Fonte:

Roma Ebraica - www.romaebraica.it

Autore:

Stefano Gatti

Boicottaggi, disinvestimenti, sanzioni. Questi gli strumenti di chi demonizza Israele

La demonizzazione dello stato di Israele e del sionismo ad opera della propaganda estremista anti-Israele, la delegittimazione del diritto all’esistenza di Israele in quanto stato ebraico, il suo venir etichettato come un’ ‘entità razzista’, ed i tentativi di boicottare istituzioni ed organizzazioni israeliane, vengono ritenute manifestazioni di antisemitismo dai principali centri studi di settore, ed anche la definizione operativa dell’antisemitismo adottata dall’ EUMC nel 2005 le ritiene tali.

Lo strumento più efficace per l’attuazione di questa operazione è il cosiddetto BDS, acronimo di Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni, ovvero campagne dirette contro associazioni, aziende e marchi associati in qualche modo ai ‘sionisti’. Il BDS si configura come un tentativo di legittimare la delegittimazione di Israele all’interno del discorso politico, e di etichettare i sostenitori dello stato ebraico come i complici di un’entità maligna.

Nelle campagne di BDS sono spesso presenti discorsi antisemitici, il più frequente è quello cospirativo che si alimenta al famigerato falso antisemita Protocolli dei savi anziani di Sion.

In Italia un esempio di boicottaggio con valenze antisemite ha avuto luogo a Roma nel 2009, quando il sindacato FLAICA Uniti-CUB ha lanciato un appello a boicottare i negozi degli ebrei.

Una delle più eclatanti manifestazioni internazionali di questo tipo di boicottaggio ispirato da miti antisemiti è la campagna contro ‘Starbucks sionista’.

La società Starbucks, che ha sede a Seattle negli Stai Uniti, è una grande catena internazionale di caffetterie che offre ai propri clienti caffè, dessert e prodotti di pasticceria. E’ leader mondiale in questo campo, con più di 20mila negozi in più di 50 paesi.

Starbucks, le cui azioni sono quotate allo borsa di New York, non è una società israeliana e non ha alcun legame con Israele, a parte un tentativo di aprire la sua attività anche nello stato ebraico nel 2003.

Malgrado ciò, Starbucks è uno dei principali obiettivi delle campagne di BDS.

Starbucks viene accusata da varie organizzazioni arabo-palestinesi di avere legami finanziari con lo stato ebraico, o meglio di ‘finanziare l’esercito israeliano’.

Ma come fa Starbucks a finanziare l’esercito israeliano? I boicottatori sostengono che, nel 2006 Howard Schultz, presidente della multinazionale, ha scritto una lettera, ampiamente diffusa in Internet dai siti BDS, in cui ringrazia i clienti di Starbucks di contribuire allo sviluppo della sua società. “Ogni tazza che voi bevete”, scrive Schultz, “contribuisce allo sforzo di guerra israeliano” e “centinaia di milioni di dollari vanno direttamente a sostenere Israele”.

Il problema è che questa lettera è un falso. Il suo vero autore, Andrew Winkler, non ha mai tentato di spacciarla come vera, e quando s’è accorto della crescente popolarità, ne ha rivendicato la paternità di quella che è, secondo lui, un’ espressione del suo “sense of humour tedesco”.  Andrew Winkler è un neonazista di origine tedesca che vive in Australia, e che gestisce un gruppo di siti antisemiti e negazionisti. Winkler considera inoltre lo stato di Israele come “ un’entità politica illegale, controllata e protetta da una rete criminale di tipo mafioso”, che deve essere “sostituita da una Palestina libera”.

Copiata e ricopiata, diffusa e impostasi grazie alla potenza del Web la falsa “Lettera di Howard Schultz” è diventata la prova fondamentale per la condanna di Starbucks da parte dei boicottatori.

Tanto più che un dettaglio è venuto a portare l’autentificazione definitiva al documento:

Howard Schultz, l’uomo che dirige la multinazionale, è ebreo e non nasconde il suo legame con Israele.

All’interno di una propaganda dove la demonizzazione del nemico è elemento fondamentale, ed in cui non si coglie bene la differenza tra una società quotata in borsa ed i suoi dirigenti passati o presenti, Starbucks s’è aggiunta alla lunga lista delle società “ebraico-sioniste”.

Anche lo sceicco egiziano Youssouf al-Qaradawi, uno dei più importanti ed influenti religiosi sunniti (e che a febbraio del 2011 per un suo sermone ha richiamato una folla di circa due milioni di fedeli in piazza Tahrir a Il Cairo) a gennaio del 2009 dalla sua tribuna sulla influentissima televisione Al-Jazira ha sostenuto che: “Marks & Spencer (sorta di Esselunga inglese) dona i suoi incassi del sabato ad Israele, e all’entrata dei negozi Starbucks c’è un cartello che recita: Noi lavoriamo per il nostro più importante socio che è Israele, noi contribuiamo all’educazione degli studenti in Israele, noi contribuiamo a costruire l’arsenale militare di Israele…Starbucks è sionista”.

Un’altra star delle televisioni egiziane, l’imam Saoufat Hijazi ha sostenuto che: “la donna nel logo di Starbucks è la regina Ester…la regina degli ebrei”.

Secondo un blogger inglese sostenitore del BDS, Starbucks significa“Il denaro per gli ebrei, o, più esattamente, per Israele”, e questo perchè Star (stella in inglese) è evidentemente il Maghen David o stella di Davide mentre bucks in inglese gergale indica i soldi…

Il logo della multinazionale del caffè è però la riproduzione di una stampa nordica del XVI° secolo che rappresenta una sirena a due code stilizzata, ed il nome si ispira ad uno dei principali personaggi Starbuck (senza la esse) del romanzo americano Moby Dick di Herman Melville…

Ma se nel mondo arabo islamico dove si trovano circa 300 punti vendita di Starbucks, le numerose proteste contro la multinazionale sono state ‘solo’ verbali(i clienti sono stati ripetutamente accusati di essere “complici del nemico sionista”), è in Occidente, specie in Europa, che il boicottaggio ha assunto caratteri violenti. A Londra nel 2009 un gruppo di militanti ‘antisionisti’ non s’è limitato a lanciare slogan, ma ha assalito e distrutto una caffetteria Starbucks, ulteriore dimostrazione del fatto che le parole non sono innocenti e che i deliri complottisti – spesso- portano a sbocchi violenti.