20 Luglio 2018

Critiche alle dichiarazioni del Ceo di Facebook sul negazionismo

Fonte:

Il Foglio, La Stampa

Autore:

Paolo Mastrolilli

Zuckerberg e la negazione dell’Olocausto

II ceo di Facebook si è andato a cacciare in un guaio, tra fake news e storia

Immaginate di essere Mark Zuckerberg, ceo di Facebook. La vostra azienda è sotto attacco da ormai due anni per il suo ruolo nella diffusione di notizie false, vi trovate su un terreno difficilissimo mentre cercate di bilanciare difesa della democrazia, libertà d’espressione e conto in banca. Il vostro social network è pieno di notizie un po’ false e un po’ pericolose, nel sud-est asiatico ci si ammazza a vicenda per le bufale d’odio diffuse su Facebook, siete indecisi su cosa fare con complottisti, cospirazionisti, violenti che usano il social network come palco. Avete in programma un’intervista con una giornalista che è un mastino, Kara Swisher di Recode, e quando lei vi chiede di tutti questi problemi voi anziché cercare di svicolare vi mettete a difendere la libertà d’espressione dei negazionisti dell’Olocausto. E’ successo davvero, due giorni fa, durante un’intervista in cui il capo di Facebook ha detto che, per quanto lo riguarda, le pagine Facebook che negano la Shoah hanno tutto il diritto di rimanere online fintantoché non producono incitamento alla violenza, in base a una politica delineata di recente in cui le informazioni false hanno diritto di rimanere su Facebook a meno che non incitino alla violenza o all’odio razziale odi genere – male che vada, se le fake news sono riconosciute da professionisti, l’algoritmo degraderà la bufala, senza cancellarla. Questo tipo di approccio può andare bene per chi crede ai cerchi nel grano, poveri diavoli. Ma l’Olocausto, caro Zuckerberg, non può essere trattato alla stessa stregua delle bufale internettiane: la negazione dell’Olocausto non è una semplice “fake news”. Eccolo il peccato originale del social network: vivere in un mondo privo di profondità, in cui la storia e i suoi orrori possono essere calcolati per via algoritmica.

Il Foglio

Zuckerberg choc “Non cancellerò post che negano l’Olocausto”

Mark Zuckeberg di nuovo nella bufera, stavolta per l’Olocausto. Il fondatore di Facebook ha detto che non intende cancellare dal suo social network i negatori della strage degli ebrei, perché anche se non comprendono bene cosa sia successo, non lo fanno intenzionalmente. Con questo, oltre a provocare critiche per il tema scelto allo scopo di spiegare la sua posizione, ha dimostrato anche la leggerezza con cui Facebook considera il problema delle fake news e delle informazioni false, diffuse allo scopo di dividere e provocare reazioni sbagliate. L’incidente è nato da un’intervista col sito Recode, durante la quale Kara Swisher gli ha chiesto perché il suo social network non bandisce utenti come InfoWars, che ha sempre negato la strage dei bambini avvenuta nella scuola di Sandy Hook, perché la considerava un trucco usato per spingere la gente a chiedere di limitare la vendita di armi. «Io – è stata la risposta di Zuckerberg – sono ebreo, e ci sono persone che negano che l’Olocausto sia avvenuto. Trovo queste posizioni profondamente offensive. Ma alla fine dei conti, non credo che la nostra piattaforma dovrebbe cancellarle, perché ritengo ci siano cose che persone differenti posso prendere in maniera sbagliata. Io non penso che sbaglino in maniera intenzionale. Tutti sbagliano qualcosa, e se eliminassimo gli account quando qualcuno capisce male alcune cose, diventerebbe un mondo difficile dove dare una voce alla gente e sostenere che ci tieni». La polemica è scoppiata immediatamente, ed è diventata così intensa che il giorno dopo Zuckerberg è stato costretto a pubblicare una rettifica: «Io personalmente trovo le negazioni dell’Olocausto profondamente offensive, e assolutamente non intendevo difendere le intenzioni delle persone che lo negano». Il punto però non è questo. È ovvio che Mark ha sbagliato, perché in genere chi nega l’Olocausto non lo fa commettendo un errore in buona fede, ma con la precisa volontà di cancellare quella tragedia per ragioni politiche o razziali. Il problema più generale è che Zuckerberg non riesce ad accettare la responsabilità di Facebook per le opinioni a cui offre una piattaforma, come dovrebbe fare ad esempio un giornale. Non riconosce di essere un editore, ma si considera solo uno strumento. E fino a quando non cambierà questa opinione, con le relative iniziative da prendere per garantire l’appropriatezza dei contenuti pubblicati, i suoi guai continueranno.

La Stampa

Paolo Mastrolilli