13 Agosto 2016

Continua a far discutere la decisione del Comune di Napoli di attribuire la cittadinanza onoraria al terrorista palestinese Bilal Kayed

Fonte:

Corriere del Mezzogiorno

Autore:

Antonio Polito

Il sindaco dei due mondi

Non voglio entrare nel merito della disputa israelopalestinese accesa dall’ ennesima iniziativa di politica estera del sindaco di Napoli de Magistris, che per il suo interventismo internazionale meriterebbe ormai di essere chiamato «il sindaco dei due mondi», come Garibaldi che dei due mondi fu «l’eroe». Anche se in realtà vorrei entrarci, eccome se vorrei. Quando leggo l’appello che gli ha rivolto Noemi Di Segni, presidente della Unione di tutte le comunità ebraiche d’Italia, che lo scongiura di non premiare con la cittadinanza onoraria di Napoli il militante palestinese Bilal Kayed, perché si tratta di un «pericoloso terrorista che ha trascorso quattordici anni nelle carceri israeliane per le sue azioni violente e gode del sostegno di un’organizzazione terroristica come Hamas», vorrei proprio sapere che cosa mai nella storia di Napoli, del suo popolo, della sua cultura, le ha meritato di essere iscritta a questa iniziativa di cieco odio anti-israeliano. E vorrei ricordare che il Comune di Napoli ha anche concesso in passato una sala per la proiezione di un film che si intitola «Israele il Cancro», che contribuisce alla campagna per contestare l’esistenza stessa dello stato di Israele. E vorrei dire agli ebrei italiani ed europei, e a tutti i cittadini di Israele, «not in my name»; assicurare cioè loro che il sindaco usa il suo potere per parlare a nome di una cittadinanza che invece è per la pace e contro il terrorismo, che vede sì gli errori politici del governo di Israele ma non vuole cancellare Israele dalla faccia della terra, e dunque non solidarizza con chi invece vuole farlo e anzi prova concretamente a farlo, uccidendo e ammazzando ebrei dovunque sia possibile. Ma, come ho detto, non voglio entrare nella disputa. Voglio invece chiedere al sindaco e al Consiglio comunale se con tutto quello che hanno da fare è proprio necessario utilizzare il proprio tempo per costruire la scimmiottatura di una politica estera del Comune di Napoli, che fa il paio con l’aspirazione a fondare «uno zapatismo in salsa napoletana, un Podemos partenopeo», e che si affianca ai proclami megalomani e maccheronici per lanciarsi in una carriera da impresario dello showbiz sulle orme del fratello (indimenticabile il messaggio del «ciao Al» per invitare Al Pacino), e all’ipotesi secessionista della fondazione di una Repubblica Partenopea «derenzizzata». Insomma, un giorno sì e l’altro pure Napoli vive le scene drammatiche di una sua quasi «guerra civile», assiste alle «stese», eufemismo per definire l’assalto di bande armate che sparano a raffica tra la folla incuranti di vittime «civili», cioè non militarizzate nei ranghi della camorra, e il sindaco e il Comune di Napoli si preoccupano di intervenire nella guerra civile in Palestina tra arabi e israeliani? Tutto ciò è ridicolo. Se non fosse tragico.