28 Luglio 2016

Commento del professor Sergio Della Pergola su Islam e jihadismo

Fonte:

Moked.it

Autore:

Sergio Della Pergola

…matrici

Nella contingenza della grave crisi migratoria e politica delle società europee contemporanee, la straordinaria convergenza di idee e di sensibilità che si è creata fra papa Francesco e il sociologo ex-marxista figlio di genitori ebrei Zygmunt Bauman racchiude un elemento certamente condivisibile assieme a una grave carenza. L’elemento condivisibile riguarda il richiamo a una maggiore accoglienza e tolleranza delle diversità, a uno sforzo di solidarietà e di giustizia distributiva, e in definitiva a un superamento dei nazionalismi a favore di una società più umana e cosmopolita. Ha fatto eco Angela Merkel con la sua definizione della Germania come società compassionevole. Ma proprio il richiamo alla natura ecumenica della persona umana costituisce un limite alla rilevanza e all’efficacia di questo nobile messaggio. Portato all’estremo, questo limite emerge nel discorso ripetitivo fino all’ossessione di tanti politici europei circa l’inesistenza di un fenomeno diffuso di terrorismo islamico laddove i singoli episodi di violenza assassina vengono attribuiti a turbe psichiche individuali, a situazioni di disagio personale, a difetti del processo di integrazione, dunque in modo esplicito o latente a una colpa della società che accoglie i profughi in cerca di rifugio più che a una parte degli immigranti stessi. Per dimostrare la vanità di queste teorie basta una semplicissima considerazione comparativa. Grandissima parte della recente drammatica ondata di immigrazione proviene da paesi dell’Africa a sud del Sahara e dalla regione del Corno d’Africa, e coinvolge persone di fede musulmana, cristiana e animista. Eppure i casi di violenza assassina nei confronti della società civile europea da parte di africani non musulmani sono rarissimi o quasi inesistenti. Tutta la drammatica sequela di stragi, eccidi, sparatorie e accoltellamenti degli ultimi anni è invece attribuibile quasi senza eccezione a membri espliciti o nominali della fede islamica, nati in Nord Africa e Medio Oriente, o nati in Europa da famiglie di tali provenienze. Il confronto Africa-Islam è illuminante perché dimostra che vi sono centinaia di migliaia di persone che soffrono il dramma della propria dislocazione senza peraltro portare attentato all’ordine delle società di accoglimento. E sono proprio quelle che per la demente logica della visibilità sarebbero le più esposte a trattamenti discriminatori. Ma più importante ancora è la considerazione delle differenti matrici identitarie che stanno alla base dell’attuale ondata di terrorismo. La sua logica trascendente, cui segue l’applicazione operativa, è ben radicata e esplicitamente predicata nell’Islam medio-orientale e nord-africano ma non nel Cristianesimo o nei culti animisti di tanti altri immigranti dall’Africa. Dunque a parità di condizioni di sofferenza, disagio, discriminazione e povertà, la scintilla dell’odio e della distruzione si accende in una certa matrice identitaria ma non in un’altra. Dal filo di questa osservazione dovrebbero emergere le conseguenze logiche sia per chi voglia trasmettere un messaggio di alto profilo ideale, sia per chi voglia contrastare e contenere quella che sembra una vera a propria lotta di liberazione contro l’Occidente.